Le donne sono malmesse. Di nuovo violenza, a Milano, un mesetto fa: la vittima si è limitata a chiudersi nella tomba del silenzio degli innocenti. Ora, fuori dal suo corpo, potrà urlare tutto il suo ribrezzo e bussare alle porte del Paradiso o della Giustizia.
Giovanni Federico
Le donne d’oggi sono malmesse. I cattivi fatti che le riguardano oscillano tra l’angolo del chiacchiericcio da strada e quello del rapido dimenticatoio, perché il dato è noto ed è inutile ricamarci su oltre tanto. Tanto, prima o poi, si ripeterà. È notizia corrente come nelle scuole di Cividale del Friuli sia stato appena diffuso un vademecum su come evitare occasioni di stupro. Una serie di accorgimenti che, al solito, hanno dato vita a polemica, mettendo a nudo l’animo guerresco e battagliero dell’italiota imperante. “Scusi lei è favorevole o contrario” è il titolo di un film che denuncia l’indole a discutere con buona veemenza su tutto.
Ognuno ha il suo pensiero e il suo ricettario, ognuno ha la formula antica e magica per risolvere il problema. Fatto sta che nessun suggerimento avrebbe potuto evitare una violenza consumata un mesetto fa, in pieno silenzio, lontano dagli schiamazzi di questi giorni sul tema che opprime.
Ogni volta che si parla di silenzio si precipita spesso in un ambiente tetro, dove il chiarore non ha accoglienza. Solo la preghiera va contro verso a questo anatema. Ci dice la scienza che si ha silenzio quando la pressione acustica è sotto i 20 decibel. Altra cosa è la pressione del cuore. Quella che si alzata oltre misura nelle arterie di una ragazza con fragilità psichiche, violentata da un uomo che di notte le aveva, in quel di Milano, dato un passaggio per accompagnarla verso casa. Il PM ha chiesto l’archiviazione del fatto mentre il GIP ha ordinato l’imputazione coatta dell’uomo. Il PM ha, per come si comprende, accertato che la ragazza non ha sferrato calci e pugni per resistere alla violenza. Non ha strepitato. Parcamente non ha proferito parola, mentre il maschio si è indaffarato su di lei. In quei minuti non c’è stata, però, musica romantica ad accompagnare i fatti, non il suono de “Il silenzio” suggestivo squillato dalla celebre tromba di Ninì Rosso.
Dice Pavese che “tacere è la nostra virtù” ma non sempre una regola vale per tutte le stagioni. Il GIP è andato al sodo, stabilendo che per certe cose occorre un consenso espresso, altrimenti si cade nel male. Non sarà la prima volta che si è consumata una violenza mentre la vittima si è limitata a chiudersi nella tomba del silenzio degli innocenti. Per qualche verso la vicenda ricorda due personaggi del film “Le grida del silenzio”. Sono Desirèe e Sophie, una coppia gay: la prima pratica e concreta, la seconda svanita e psichicamente debole. Si troveranno in un bosco, con altri, a fare i conti con le loro identità.
Anche la nostra ragazza di Milano è stata omosessuale e fragile. Ora tutto questo non conta più perché si è suicidata, togliendosi d’impaccio per i due schiaffi che ha subito. Abusata e, peggio, per mano di un uomo. Si legge in un commento al film “Sussurri e grida” che quando una donna muore, la sua anima si ribella e dal suo cadavere si levano lamenti strazianti. Ora, fuori dal suo corpo, potrà urlare tutto il suo ribrezzo e bussare alle porte del Paradiso o della Giustizia per dire che non in eterno le parole le si erano incastrate in gola. Sarebbe per noi, forse, la sola volta per cui restare ammutoliti avrebbe senso.