[…] Sturzo, per parte sua, ricavava dall’intreccio fra natura e soprannaturale la reciproca influenza tra vissuto spirituale, opzioni etiche, strategie politiche e vita sociale. L’approdo di questa riflessione era che la secolarizzazione è, anche, una questione politica. Ed era questa constatazione che ispirava, di converso, l’apparentemente troppo devota conclusione secondo cui, quando si lascia orientare dall’umanesimo evangelico e si traduce in «servizio» alla comunità, in «cooperazione al bene», in «atto di giustizia», in «dovere di solidarietà» e quindi in «amore del prossimo», «la politica è un atto di carità», definizione quest’ultima che Sturzo mutuava da Pio XI.
In questa prospettiva molti potrebbero essere i «problemi spirituali» segnalati da Sturzo. Qui mi limito a ricordarne tre. Il primo è la necessità di (ri) educare il popolo alla democrazia. Soprattutto a disincantarsi dalla menzogna orpellata di verità, artificio demagogico tramite cui si dà «alla menzogna e all’inganno il lasciapassare dell’opinione pubblica»: «l’uso delle mezze verità, l’alterazione dei fatti, la confusione dei dati, l’abuso delle statistiche, la ripetizione artificiosa per far credere un fatto nuovo, mentre è lo stesso ripetuto sotto diversi aspetti; la propaganda amplificatrice, la denigrazione dell’avversario, tutti mezzi deplorevoli e usati comunemente senza alcuna attenuazione e differenza di gruppi e partiti». Per educare efficacemente occorre, pertanto, recuperare l’autorevolezza di chi dice e fa la verita. Autorialità, potremmo anche dire: cioè capacità di vivere personalmente ciò che si sta esigendo dagli altri, per rintuzzare a giusto titolo la contestazione dell’autorità senza ricorrere all’autoritarismo.
Dalla secolarizzazione consegue pure lo statalismo: per Sturzo è il peggiore dei mali del secondo dopoguerra ita-liano, dato che prolunga e persino incancrenisce i risvolti liberticidi dei totalitarismi primo-novecenteschi. Anch’esso è lesivo della sfera spirituale e personale, non solo collettiva e politica. Lo statalismo, difatti, deflagra allorché lo Stato si costituisce come «un fuori di noi», perciò – giocoforza – come «diverso da noi, o altro da noi», usurpando il ruolo di Dio e prevaricando la libertà degli esseri umani, nella cui «personalità spirituale» non è più ravvisato «il segno divino». Così lo Stato, con la sua pretesa etica e normativa, si erge a «unica fonte di diritto» e non riconosce alcun «diritto naturale» che gli sia «precedente e superiore», presunzione «panteistica» che «lo assimila a quel Dio che lo Stato moderno non sa riconoscere come fuori di sé e sopra di sé».
Il terzo «problema spirituale» da rievocare infine – per la sua permanente attualità — è quello della pace. Sturzo, ne aveva tante volte discusso: il bombardamento di Guernica, nell’aprile 1937, gli aveva fatto presagire un nuovo conflitto in Europa, ma già nel 1928 – riflettendo sui disastri causati dalla Grande Guerra – aveva pubblicato il saggio La comunità internazionale e il diritto di guerra sull’abolizione delle guerre. Una generosa speranza, destinata a risultare utopica per via della minaccia atomica, cui ho già accennato.
Mi limito pertanto – per concludere – a citare quel che Sturzo scrisse nel 1943, usando parole ancora urgenti non solo negli anni immediatamente successivi a Hiroshima e Nagasaki, ma anche ai nostri giorni: «Alcuni immaginano che la pace futura possa essere, come la passata, imposta dal vincitore, senza preoccuparsi se sia o no accettata dal vinto. Errore colossale, che è stato alla radice di questa guerra e che, se si ripete, potrà essere alla radice di una terza guerra mondiale. La pace è essenzialmente fatto morale e solo subordinatamente fatto politico; la pace è anzitutto un atto di riconciliazione».
[Il testo integrale è stato pubblicato dall’Osservatore Romano nell’edizione del 23 ottobre 2024]
Il video dell’intervento di don Massimo Naro