Il nostro sogno, scrive nelle conclusioni l’autore, è quello di realizzare l’insegnamento di Gianni Rodari quando ai suoi studenti diceva: «Imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi».

La sapienza contadina insegna che i tempi della natura non sono quelli a cui siamo abituati dalla Rete, prima di vedere i frutti occorre arare, seminare, irrigare e aspettare con pazienza la nascita dello stelo. Questo vale anche per i cambiamenti d’epoca della politica.

La cultura politica sta abdicando alla speranza sia del tempo dell’attesa sia dei sacrifici per realizzare processi da cui nascono nuovi frutti. La speranza, il bene immateriale per eccellenza che il mercato non può né produrre né vendere, manca persino ai credenti che, invece, dovrebbero esserne portatori. Eppure, senza speranza il futuro si converte in passato, la giovinezza in vecchiaia, la fecondità in sterilità. Ne è un esempio la vita dei partiti, bloccati dalla loro sterile vita interna che ostacola la nuova stagione di impegno di nuovi volti e competenze. Per l’Europa e per un Paese come l’Italia rimane sull’orizzonte l’insegnamento di Ungaretti, secondo il quale «la meta è partire». La vita politica è sempre sbilanciata in avanti perché la sfida è quella nota a tutti: “aggiornare” la tradizione (buona) fatta di valori, senso di appartenenza, conquiste e lotte sociali, riforme storiche, fiducia nell’inclusione, problemi urgenti e complessi a cui rispondere democraticamente.

Per riflettere e ripartire occorre salvaguardare politici e luoghi che invece scelgono di guardare la speranza come orientamento dell’azione e orizzonte per la società. Forse lo diciamo con ingenuità, ma crediamo che, nella società dell’“uno vale uno”, nella quale si rischia la frammentazione di ciascuno e la perdita di un insieme in grado di unirci nel rispetto dei ruoli e delle competenze, si debba tornare a fissare l’attenzione sulla speranza e sulle realtà che la rendono possibile. Gli analisti politici lo ribadiscono da anni: il Paese ha bisogno di una nuova stagione costituente, di una classe dirigente nuova, che ripensi regole, riforme, parole e orizzonti nuovi verso cui portare il Paese. Tutti ne parlano, ma in pochi si impegnano per realizzarla.

Per contribuire a questo processo e raccogliere la domanda delle generazioni che crescono, come una goccia nel mare, Comunità di Connessioni ha scelto di celebrare il suo primo congresso, nel Santuario di Soviore, dal 17 al 19 settembre. Esistono molte esperienze di buona amministrazione pubblica, di associazioni del terzo settore virtuose, di community in rete capaci e di associazioni meritevoli. Quasi sempre, però, sono esperienze virtuose, positive, generose, ma solitarie e non connesse tra loro, e quindi, in ultima analisi, incapaci di nutrire un processo politico nuovo con l’ambizione di essere alternativo alle esperienze presenti.

Così Comunità di Connessioni cerca di unire questi punti vitali, presenti nel Paese, per capire quale disegno emerge e quale processo politico sia oggi in corso. Lo specifico di questa esperienza è quello di cucire con ago e filo, esperienza e parola, le realtà politiche virtuose, i territori e le buone pratiche politiche presenti, collegando volti e idee, valori e prassi. Con il passare del tempo l’esperienza si è conformata intorno a tre obiettivi: preparare una classe dirigente connettendo i giovani a partire dalle loro competenze, esportare al mondo associativo e alle diocesi un modello formativo olistico e, infine, continuare a essere “palestra di discernimento politico” per arricchire la comunità di nuovi protagonisti e scelte.

Negli anni Comunità di Connessioni ha affinato un modello e un metodo. «Formarsi per formare» è uno dei motti della Comunità che, attraverso il ritorno alla vita spirituale, ha visto crescere il fuoco degli ideali, scegliendo “per chi” donare la vita anche nel campo della politica. Lo raccomandava nel volume Ritrovare sé stessi, dedicato a credenti e a non credenti, il card. C.M. Martini: “La vita, la morte, l’amicizia, il dolore, l’amore, la famiglia, il lavoro, le varie situazioni personali, la solitudine, i segreti movimenti del cuore, i grandi fenomeni sociali ed epocali, tutta questa vita umana ci viene consegnata dalla parola di Dio scritta nella Bibbia in una luce nuova e vera”. Grazie al lavoro nascosto e silenzioso di molti, Comunità di Connessioni è diventata una “casa del pensiero politico”, composta da molte stanze e finestre che vedono l’orizzonte: il modello infatti è composto da cinque grandi sezioni che formano un unico sistema. 

Anzitutto il gruppo “Dialoghi spirituali nel mondo” è composto da professionisti che condividono il proprio sapere e accolgono la sfida di una formazione continua e multidisciplinare, in una sorta di pensatoio permanente. C’è poi il gruppo della comunicazione che è presente in modo costruttivo e propositivo nei principali social media per divulgare i contenuti che si producono e tessere relazioni con parole nuove e immagini che creano comunità e futuro. Le commissioni invece coordinano amministratori locali, associazioni, fondazioni e così via che si ispirano al modello formativo rodato ormai da anni. È il modo di ridonare ciò che ha funzionato come esperienza senza inglobarla, ma valorizzando lo specifico delle realtà che si connettono. 

Il Magazine online – nato nel periodo della pandemia – è una vera e propria testata giornalistica, che in poco tempo si è posizionata come fonte autorevole e credibile, ripresa regolarmente anche dalle agenzie di stampa nazionali. La testata è un chiostro sul mondo, dal quale è possibile ascoltare parole che nascono dal silenzio e dallo studio. È formata da rubriche pensate per capovolgere la bulimia di notizie, senza sovrapporre altre voci a quelle che già ci informano ogni giorno. Queste rubriche offrono criteri di analisi e di discernimento per aiutare a prendere decisioni sui diversi temi dell’agenda politica e favorire ciò che i monaci chiamavano ruminatio, cioè il dialogo interiore positivo con la parola letta. Grazie a Cesare Paladini ci è stata donata una nuova riorganizzazione della testata, a breve online, che si presenta con una veste grafica nuova che ridoniamo come servizio alla società e alla cultura[1].

Infine, troviamo l’area della formazione, quella per cui Comunità di Connessioni è nota. Il metodo formativo si compone di cinque momenti, ciascuno dei quali è fondamentale nel percorso di conoscenza reciproca e di coinvolgimento attivo che la proposta offre. Sono quattro i punti che la contraddistinguono: la cura della dimensione spirituale; l’approfondimento dei temi dell’agenda politica; la rielaborazione di proposte all’interno della comunità che ha posizioni plurali e non partitiche; la cura delle relazioni tra noi per mettere in comune le caratteristiche che si hanno.

Tutto questo è il tentativo di raccogliere l’invito del Papa quando chiede di uscire dalla presunzione del “già saputo”, per mettersi in movimento e “andare a vedere”, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà e offrire soluzione ai problemi[2]. La scelta di non scivolare nelle polemiche premia le soluzioni alternative, ragionevoli e condivise.

Anche la struttura associativa serve a custodire un’esperienza articolata: l’autofinanziamento dimostra come le poche risorse non limitano la creatività e la comunione, come afferma Ciro Cafiero, presidente di Comunità di Connessioni: “Si cambia il Paese attraverso le competenze condivise in una comunità e nell’alleanza con i mondi generativi”.

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https://comunitadiconnessioni.org/editoriale/il-tempo-della-formazione/