Tenda della solidarietà: 50 anni fa, a Roma, la battaglia del sindacato per il diritto al lavoro. I pensieri di un protagonista.

Ricordare un episodio cruciale per le lotti sindacali a Roma, quando il 22 dicembre 1971 l’opinione pubblica prese bruscamente coscienza dei problemi di occupazione in alcune fabbriche della città, serve a fissare lo sguardo su analoghe esigenze e preoccupazioni nell’attuale fase di crisi innescata dalla pandemia.

Quante sono le storie dimenticate o ignorate, che hanno segnato la vita di centinaia e centinaia di persone, in modo particolare di lavoratori e lavoratrici, che nella Capitale d’Italia hanno assunto un valore simbolico nella lotta per la difesa del lavoro e dell’occupazione? Una, tra le tante che se ne possono raccontare, è accaduta a Roma e dopo 50 anni è giusto ricordare, proprio perché in questo periodo il “problema lavoro” è centrale e urgente nella vita dl nostro paese: “Senza lavoro non esiste dignità umana e i giovani, in particolare, sembrano essere senza speranza ed espropriati del loro futuro”.

Nel 1971, a Roma, si viveva in continuità con la stagione dell’autunno caldo, ovvero con la fase delle lotte sindacali operaie che prese il via nel 1969, in concomitanza con il drammatico preludio degli anni di piombo. La grande mobilitazione sindacale matura alla scadenza dei contratti di lavoro – scadenza fissata a tre anni dalla firma – in particolar modo di quello dei metalmeccanici. In quel periodo le rivendicazioni salariali spontanee nelle grandi fabbriche si congiungono alle agitazioni studentesche che reclamano un generalizzato “diritto allo studio” per tutti gli strati sociali (accordo sulle 150 ore). L’azione combinata del movimento degli studenti e degli operai costrinse il sindacato a recuperare la testa e la guida del movimento spontaneo.

I rapporti di forza, le tecniche di sciopero, l’astensione dal lavoro e dallo studio, le occupazioni di fabbriche e scuole,  coordinate da una nuova coscienza sindacale politica e partecipativa, portarono a formalizzare negli anni successivi alcune conquiste sociali di rilievo, prima fra tutte lo Statuto dei lavoratori. A Roma la situazione occupazionale era molto complessa e difficile, perché accanto ai processi di ristrutturazione aziendale, che spesso significavano espulsione di forza lavoro, ossia licenziamenti (poiché gli ammortizzatori sociali non garantivano coperture salariali), esistevano realtà produttive in crisi o occupate. La Coca Cola, le Camicerie Cagli, le Cartiere Tiburtine, la Pantanella, l’Aereostatica, il Lanificio Luciani, oltre Fatme, Voxson, Autovox, Lanificio Gatti, e altre ancora, erano le aziende ove il conflitto sociale determinava insicurezza e tensioni sociali, e si rifletteva anche nei quartieri e nei territori.

Le strutture sindacali di Roma e Provincia di CGIL,  CISL, e UIL quasi quotidianamente, fin dal settembre 1971, organizzavano delegazioni, picchetti, contatti con i rappresentanti dei lavoratori delle “aziende in crisi” per sollecitare interventi, trattative, individuare soluzioni, trovare nuovi interlocutori per le fabbriche sotto tutela di amministratori giudiziari come Giudici, Curatori e Custodi), con le Istituzioni (dal Comune alla Provincia, dal Governo al Parlamento) e con le Organizzazioni degli Imprenditori (Confindustria, Federlazio, ecc.) al fine di concludere le vertenze in essere.

Nel mese di dicembre, poiché esistevano problemi reali come le mancate soluzioni delle vertenze in atto e lo stato di disagio delle famiglie di lavoratori ( delle aziende in crisi), senza alcuna forma di tutela economica (v. cassa integrazione o indennità di disoccupazione), si decise di richiamare l’attenzione della pubblica opinione e delle Istituzioni con una iniziativa innovativa, mai fatta in precedenza nella Capitale. Un’iniziativa di grande impatto mediatico: “Una tenda di solidarietà per i lavoratori delle fabbriche occupate di Roma”, a Piazza di Spagna, nel cuore della Roma del benessere, nei giorni che precedevano il Santo Natale, per raccogliere aiuti economici. Si decise che mercoledì 22 dicembre 1971 doveva essere il giorno della solidarietà per i lavoratori in condizioni precarie, erigendo la tenda fra la “Barcaccia” e gli alberi delle palme.

Per la verità il clima politico di quei giorni era teso e difficile, da un lato c’erano le prime avvisaglie della stagione del terrorismo (fra il 1970 e il 1971, le vittime riconducibili agli anni di piombo erano state una ventina) e dall’altro non si riusciva ad eleggere il nuovo Capo dello Stato. Giuseppe Saragat era il Presidente uscente che aveva completato il settennato, Emilio Colombo era il Premier e Franco Restivo il Ministro dell’ Interno. Al Senato, il Presidente era Amintore Fanfani e alla Camera, Sandro Pertini. Le votazioni per il Quirinale andarono avanti fino al 29 dicembre 1971 e dopo 23 scrutini (il numero più alto di tutte le elezioni del Presidente) venne eletto Giovanni Leone. Quindi, immaginare il clima non solo politico di quel periodo rendeva l’iniziativa sindacale di solidarietà “un evento sensibile per l’ordine pubblico”.

Il Comune di Roma autorizzò formalmente l’occupazione di suolo pubblico, a Piazza di Spagna, per montare la tenda  , mentre la Questura, alla quale venne inviata e notificata la notizia dell’evento, non diede alcuna risposta. La mattina del 22 dicembre la piazza “salotto della Città eterna” è animata in maniera inconsueta, perché non ci sono solo turisti, ma arrivano drappelli e delegazioni di lavoratrici e lavoratori delle fabbriche occupate dai quartieri della città. Intendono raccogliere fondi e far sentire la loro voce con striscioni, cartelli, battendo in maniera ritmata su bidoni e urlando “lavoro, lavoro…”. Sembra la scena di un film, invece è il bisogno, la disperazione dei senza lavoro, che rappresentano il malessere sociale di quel periodo.

Tutto è controllato a vista dalle forze dell’ordine con equipaggiamento antisommossa, dagli scudi ai manganelli, dai lancia-fumogeni alle pistole, e con agenti in borghese muniti di macchine fotografiche. Dopo un breve colloquio fra il dirigente di PS e alcuni rappresentanti sindacali delle Confederazioni, viene comunicato che per la Questura di Roma non si può montare la tenda, vero punto di riferimento per la solidarietà cittadina con lavoratori in lotta. Un breve scambio di opinioni fra lavoratori e sindacalisti e scatta la decisione di montare comunque la tenda. Inizia l’allestimento, il commissario di PS indossa la fascia tricolore e si sente uno squillo di tromba. Ē il segnale della carica contro coloro che stavano intorno alla tenda. Grande confusione, un fuggi fuggi generale, un dirigente sindacale si sente male, forse perché colpito da qualche manganellata: arriva subito l’intervento dell’ambulanza e il ricovero al Pronto soccorso. Da un lato della piazza, sul tetto di un furgone fermo al centro della baraonda, si scorge  l’attore Gian Maria Volontè, che dietro una cinepresa riprende a tratti quanto stava accadendo. Poi una mezz’ora di tranquillità e di pace, il ritorno nella piazza, infine due nuovi tentativi di montare la tenda. Fra urla e suoni, le operazioni s’infrangono all’impatto di altre due cariche delle forze dell’ordine. 

Piazza di Spagna sembra un campo di battaglia, trenta persone fra lavoratori, lavoratrici e sindacalisti, nonché lo stesso Volontè, vengono fermati e portati con i furgoni cellulari al Commissariato Trevi Campo Marzio a piazza del Collegio Romano e sistemati in camera di sicurezza. Due ore di attesa, le identificazioni che sembravano uno stillicidio per le lungaggini burocratiche, ma alla fine ecco il rilascio: uscì anche Volontè dopo che gli fu chiesto se aveva il passaporto. Era stata una guerra di nervi. Le reazioni sindacali e politiche non si fecero attendere, dalla minaccia dello sciopero il giorno successivo con il blocco dei trasporti pubblici alle interrogazioni urgenti al Consiglio Comunale di Roma e al Parlamento. La sera arrivò dal Ministro Restivo, attraverso la Prefettura di Roma, l’autorizzazione a montare la tenda il giorno successivo. Il sindacato e i lavoratori delle fabbriche occupate avevano vinto una battaglia, il buon senso aveva avuto la meglio.

Il 23 dicembre la tenda era in piazza di Spagna. Grande folla, lavoratori, uomini dello spettacolo e della politica (Visconti, Loy, Ferreri, l’on. Cabras, Petroselli e tanti altri): si raccolsero molti fondi (diversi milioni, oltre all’impegno del Sindaco Darida che assicurò il contribuito di 25 milioni del Campidoglio). Le feste di Natale cadevano due giorni dopo e per molti furono meno nere. Le riprese di Volontè uscirono dopo 20 anni a testimonianza di quel giorno di lotta e di solidarietà del sindacato romano, in difesa del lavoro. Oggi, a 50 anni da dall’evento descritto, molte cose sono cambiate e si sono trasformate, ma quella lotta portò nelle settimane successive a verificare lo stato delle vertenze in atto. Alcune furono risolte, altre si chiusero negativamente, ma il confronto comunque riprese a dimostrazione che la tenda di Piazza di Spagna “aveva pagato”. 

Cosa dire in conclusione? La tristezza di questo periodo, dopo circa due anni di pandemia dovuta al Covid 19, è che i problemi del lavoro sono più acuti di quelli dell’inizio degli anni ’70. Occorre ridare slancio e speranza, con uno sguardo al futuro, superando le forme esasperate di individualismo, e quindi con una nuova etica e una nuova moralità nella società. E questo vale anche e soprattutto per il mondo del lavoro.