thedotcultura | Per capire La Pira

Un’ampia recensione del libro, a cura di Alberto Mattioli, sulla figura di Giorgio La Pira. Di seguito lo stralcio della parte conclusiva, a fondo pagina il link per accedere al testo integrale.

[…] La Pira ha dedicato una buona parte dei propri sforzi alla politica, ricoprendo posizioni e cariche ai massimi livelli, come anche Giovanni Spinoso e Claudio Turrini non mancano di notare: membro dell’Assemblea costituente, deputato nella prima Legislatura, sottosegretario al Ministero del Lavoro e sindaco di Firenze. Non solo, ma è stato un uomo che dietro ad una presunta ingenuità politica in realtà possedeva la forza di rompere astutamente gli schemi guidato dalla profezia, messo in evidenza da padre Gianni Festa, più che dalle mere logiche di partito, con le quali non a caso si scontrerà più volte. Si presenta come un dilettante dell’economia, mostrando noncuranza per l’assenza di un pedigree riconosciutogli e arrivando a questa disciplina piuttosto attraverso strade eteronome come le letture evangeliche, ma privo di velleità teorizzatrici e forte soltanto della conoscenza della dottrina sociale.

In tal modo è in grado di offrire un’interpretazione libera di teorie complicate, delle quali seleziona pragmaticamente quanto gli serve per i suoi scopi concreti immediati. Il lungo saggio riportato nel volume L’attesa della povera gente, pubblicato nel 1950, è quanto mai rivelatore della progressiva maturazione di La Pira lettore di Beveridge. Appariva chiaramente a La Pira come le soluzioni prospettate dallo studioso britannico si adattassero perfettamente anche al caso italiano, che si prestava, nel frangente particolare della Ricostruzione, a funzionare da ideale terreno di sperimentazione. La Pira fra il 1948 e il 1950, anni passati al Ministero del Lavoro sottosegretario con Fanfani, assume la consapevolezza della centralità assoluta del problema della disoccupazione anche in un’ottica caritativa, vissuta concretamente con la presidenza dell’Ente Comunale di Assistenza fiorentino.
L’adozione del keynesismo segna il passaggio da un’idea di assistenza ad una di piena occupazione, dando forma più precisa e dai contorni più nitidi alla propria visione economica, “misurata sull’uomo” come scrisse Ernesto Balducci e di cui Piero Meucci e Mario Primicerio colgono nel libro il valore, soffermandosi sulle scelte politiche di La Pira vuoi come sindaco di Firenze vuoi nella vicenda emblematica del Pignone. Travolta da un cattivo progetto di avvio verso la produzione tessile e priva di un indirizzo strategico, nel 1948 la grande impresa fiorentina veniva messa in liquidazione e si apriva a quel punto un periodo di crisi drammaticamente turbolento, che elevava il livello della conflittualità delle relazioni industriali. La conseguente occupazione operaia testimonia la radicalità assunta dallo scontro di classe, che chiamò la città ad un intenso coinvolgimento. L’esito della vicenda giungerà, com’è noto, solo nel 1954, con il passaggio in ambito Eni, fortemente voluto da La Pira e facilitato dall’intervento di Enrico Mattei. La soluzione era stata caldeggiata a lungo anche dai sindacati e venne accolta con grande favore. Il Pignone rappresentò, per La Pira ormai sindaco, un momento di rottura vigorosa con il mondo delle imprese e degli imprenditori, dai quali, per bocca di Costa, fu duramente attaccato; ma anche lo stesso don Sturzo duellò con La Pira, accusandolo di statalismo come viene rammentato nel libro.

Ci sono buoni motivi, questo in conclusione potrebbe rappresentare il messaggio del volume curato da Alberto Mattioli, per proseguire a studiare La Pira e, questione ancora più di peso, per ascoltarlo. In un XXI secolo dominato dalle guerre e per nulla emendato dalla povertà, la sua voce ha il potere ancora di smuovere le nostre coscienze. Le emergenze dell’umanità non sono finite, la lucidità della sua testimonianza non si è appannata.

 

Fede, politica e profezia. L’attualità di Giorgio la Pira in un mondo in cerca di pace, a cura di Alberto Mattioli, Milano, ITL, 2023.

 

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