Tra Renzi e la Bonino un patto di sopravvivenza

Si tratta di un’opzione a rischio, non di una proposta suscettiva di sviluppo. Viene naturale confrontare - con sofferenza - la lista per gli Stati Uniti d'Europa e l’azione di Draghi per una riforma dell'Ue.

Costituisce senz’altro un fatto da registrare positivamente l’accordo dato per raggiunto dai media fra Italia Viva e Più Europa per la presentazione di una lista comune alle prossime Europee. Un’intesa che dovrebbe consentire a due forze facenti parte della stessa famiglia europea di Renew Europe sotto la cui insegna questa volta corrono anche Pde e Alde, di superare agevolmente lo sbarramento. I partiti di Renzi e Magi infatti, sono a forte rischio quorum e questa decisione potrebbe aiutare entrambi a superare la soglia del 4%. E un non impossibile allargamento di tale accordo al partito di Calenda potrebbe fare addirittura sperare in un risultato a due cifre, anche se alle elezioni le somme aritmetiche valgono meno della proposta politica che sarà percepita dall’elettorato.

Altro dato importante da sottolineare di questa intesa è il probabile nome della lista per gli “Stati Uniti d’Europa”. Un segno distintivo che deve rimandare alla necessità per l’Europa di compiere quel salto di qualità indispensabile a poter stare nel gruppo delle  potenze di questa epoca post-unipolare. Viene spontaneo il collegamento con l’agenda delle priorità per la riforma dell’Unione Europea delineato da Mario Draghi con autorevolezza nel dibattito internazionale. Un riferimento che dovrà trovare una giusta misura, da un lato per evidenziare con chiarezza il sostegno della nascente lista per l’unità europea alle proposte dell’ex presidente del Consiglio e della Bce, e dall’altro per evitare di politicizzare quella che rimane una figura “tecnica”, una grande risorsa al servizio dell’Ue e di tutti.

Credo non si possa nascondere nel contempo neanche che si tratta di un accordo che manifesta qualche limite, e bisognerà lavorare per superarlo. Il limite maggiore per responsabilità di tutti coloro, nessuno escluso, che in questi anni hanno rilanciato la necessità di una ricomposizione del centro, è lo stato di necessità, dovuto  al superamento del quorum, che ha consigliato l’intesa. Si tratta di un passo avanti, non di una proposta organica. Questo passo avrebbe dovuto essere, invece, il risultato di una politica, e lo dovrà essere comunque, se si vorrà apparire credibili alle elezioni. Scontiamo ora il fatto che non si è avviato ancora alcun significativo percorso di partecipazione per aprire una fase costituente di un partito di centro. Si è restati nella frammentazione e di ciò sinora, chi più ne ha tratto vantaggio, è sembrato essere il partito di Antonio Tajani.

Vi è poi da capire come sarà definita e riconosciuta la partecipazione alla lista per gli Stati Uniti d’Europa di quelle sigle che fanno riferimento al popolarismo, e che si dimostrassero interessate ad aderirvi. Alla spicciolata, in forma anonima di adesioni personali o con il riconoscimento di una specificità di un’area culturale e di una relativa quota nel progetto? Si tratta, a mio avviso, non solo e non tanto di una questione di spazi ma soprattutto di definire la possibilità per offrire un contributo specifico che non potrà che arricchire nel suo insieme la proposta della lista.

La concorrenza è molto agguerrita. Candidature come quelle, per citarne un paio,  di Marco Tarquinio o di Fabio Pizzul, nel Partito Democratico appaiono fortemente attrattive a un elettorato cattolico e popolare che vuole che l’Europa torni a essere una potenza di pace, riconciliandosi con le sue ragioni fondative. Anche il mondo delle PMI, delle straordinarie filiere produttive italiane non è entusiasta dei muri che si stanno costruendo nell’Est Europa e verso l’Estremo Oriente. L’economia ormai globalizzata e interdipendente non la si può più disaccoppiare a piacimento senza creare problemi al tessuto produttivo.

Ecco allora la necessità di collegare il traguardo degli Stati Uniti d’Europa, e della lista che lo sostiene, a una nuova visione del mondo. Non si può rimanere intrappolati nella difesa di un ordine basato sull’egemonia occidentale, che non esiste più nei fatti, e tentare con tutti i mezzi, come cercano di fare alcuni – compresa una guerra senza fine, che dura ormai, nei suoi vari pezzi, da oltre trent’anni – di tenerlo in piedi anche rispetto a chi è più titubante. Il prezzo per l’Europa sarebbe altissimo, e un azzardo sarebbe non cambiare strategia.

Se si saprà, proprio attraverso l’arricchimento di diversi filoni culturali, tra cui quello cattolico-democratico e popolare, rendere la lista frutto dell’intesa tra Italia Viva e Più Europa, plurale e partecipata, si farà un servizio alla democrazia, motivando magari anche qualcuno in più a uscire dall’area di un astensionismo causato da un lungo deficit di offerta politica, che si è trascinato e accresciuto negli anni.