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domenica, 13 Luglio, 2025
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Trump alza i dazi. L’Europa in bilico, l’Italia nel mezzo

Il 30% sulle esportazioni Ue minaccia il patto transatlantico. Von der Leyen chiama al dialogo. Ma per Roma svanisce l’illusione di fare da ponte tra Usa ed Europa.

Una manovra avventata che colpisce lEuropa

Non sorprende del tutto la mossa di Trump, ma preoccupa la sua portata. Comprensibile, da parte americana, il tentativo di riequilibrare i flussi commerciali internazionali, spesso penalizzanti per l’industria statunitense. Tuttavia, imporre dazi generalizzati del 30% sui prodotti europei — a partire dal prossimo primo agosto — rappresenta un atto sproporzionato, dagli effetti potenzialmente devastanti sulle catene di approvvigionamento globali. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, non ha nascosto l’inquietudine per una scelta che rischia di rompere un equilibrio già fragile. L’impressione è che l’Europa non sia solo il bersaglio economico, ma anche quello politico di una strategia muscolare, improntata a logiche unilaterali.

Von der Leyen: pronti a negoziare, ma fermi nella difesa dellUe

A poche ore dalla pubblicazione su Truth della lettera con cui Trump annuncia i dazi, Von der Leyen ha diffuso una nota in cui ribadisce la volontà dell’Ue di “lavorare per un accordo entro il primo agosto”, ma senza rinunciare a tutelare “le catene di approvvigionamento transatlantiche, le imprese e i consumatori”. L’Ue – ha ricordato – si distingue per apertura e rispetto delle regole. Tuttavia, è pronta ad adottare contromisure, qualora venisse meno il dialogo. “Il commercio basato su regole resta il nostro pilastro”, ha concluso.

Il sostegno italiano alla linea europea

Dal governo italiano è arrivata una nota di pieno sostegno alla Commissione. Palazzo Chigi parla di scontro “senza senso” e invita le parti alla “buona volontà” per trovare un’intesa che rafforzi l’Occidente. L’accento è sulla necessità di non farsi travolgere da polarizzazioni. Roma invita a restare concentrati sul negoziato, ma dietro le parole misurate si coglie una certa amarezza per l’inversione di clima rispetto ai proclami dell’ultimo anno.

Panetta e Giorgetti: rischi e opportunità per lEuropa

Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha colto l’occasione dell’assemblea ABI per lanciare un duplice messaggio. Da un lato, ha messo in guardia sugli effetti macroeconomici della guerra commerciale innescata da Washington: una perdita stimata di mezzo punto di Pil in Europa tra il 2025 e il 2027. Dall’altro, ha segnalato come il ridimensionamento del ruolo globale del dollaro apra uno spazio inedito per l’Unione, a patto di rilanciare l’integrazione, adottare politiche comuni e accelerare sul mercato unico dei capitali. Tra le proposte rilanciate, quella degli eurobond, capaci – secondo stime Bankitalia – di stimolare investimenti per 150 miliardi l’anno e far crescere il Pil dell’1,5%.

Il richiamo a fare squadra”

Giancarlo Giorgetti ha insistito sulla necessità di un’azione compatta tra governo, banche e sistema industriale. Ha ricordato i segnali positivi dell’economia italiana – crescita, occupazione, inflazione sotto controllo – ma ha ammonito: “Mai dal dopoguerra ci siamo trovati davanti a sfide tanto complesse: dazi, guerre, crollo demografico, rivoluzione digitale”. Forte l’accento sulla difesa: secondo il ministro, anche il sistema bancario deve fare la sua parte, fronteggiando la crescente presenza di fondi esteri nel settore.

La crisi del ponte italo-americano immaginato da Meloni

Di fronte a questa svolta protezionista, salta definitivamente l’ambizione di Giorgia Meloni di ergersi a mediatrice tra Europa e Stati Uniti. La sua politica estera, nutrita di interlocuzioni bilaterali e strette di mano oltreoceano, mostra oggi tutti i suoi limiti: Washington agisce in autonomia, senza consultazioni, e Roma ne subisce gli effetti senza contropartite. Il rischio per l’Italia è di uscire ridimensionata anche in sede europea: il suo profilo di interfaccia privilegiata tra le due sponde dell’Atlantico è oggi privo di credibilità. Il governo si affida alla Commissione, ma ne segue passivamente la linea. Più che ponte, l’Italia appare oggi un pilastro vacillante, privo di sponda. E la stagione del multilateralismo europeo, per essere all’altezza della sfida, non potrà più attendere gli equilibrismi di Palazzo Chigi.