Mentre il Cremlino commenta l’orchestrato processo mediatico a cui è stato sottoposto Zelensky alla Casa Bianca – una “nuova politica estera statunitense con il cambiamento compiuto dal Presidente Donal Trump che coincide in gran parte con la visione russa”, secondo Peskov – si ha documentata notizia fotografica e di stampa di una contestazione di piazza nel Vermont contro il vicepresidente americano J.D. Vance: “Sei un criminale, vai a sciare in Russia. I fascisti non sono benvenuti in Vermont”. Probabilmente Trump – nel suo umiliante attacco al leader di Kyiv – non aveva preventivato un effetto boomerang interno: se ha ragione Federico Rampini a sostenere che Zelensky si è presentato impreparato all’incontro di Washington è altrettanto vero che la messinscena andata in onda in mondovisione dallo Studio ovale avrà ripercussioni negative presso gran parte dei cittadini statunitensi.
Il silenzio dei democratici intanto fa più rumore del fracasso internazionale suscitato da The Donald mentre l’Europa tenta di trovare un filo conduttore per una reazione condivisa, a partire dal vertice di Londra e da quello di Bruxelles, con il piano di difesa di Ursula Von der Leyen per le spese militari.
Emergono tuttavia antiche e nuove dissonanze nell’U.E. – come evidenzia bene Sylvie Goulard nel suo recentissimo libro “Grande da morire” dove si batte il chiodo dell’assenza di una linea politica condivisa sui temi istituzionali, economici, della sicurezza e della difesa militare al cui cospetto le ripetute ipotesi di allargamento dagli attuali 27 ai possibili 36/37 Stati membri (senza o con la Turchia) risultano aleatorie poiché – senza una visione comune sul come e sul quando- importerebbero insicurezze anziché esportare sicurezze. Occorre tuttavia – oltre un ineludibile processo interno di compattamento tra le leadership europee – non cadere nel tranello di confondere le esternazioni e l’impatto autocratico ed autoritario nelle relazioni tra Stati di Trump con un rapporto storicamente consolidato di alleanza tra Europa, Usa e democrazie occidentali: buttare via il bambino con l’acqua sporca sarebbe un imperdonabile errore. Certamente, per come si sono messe le cose, c’è una compromissione in atto del patto atlantico e un netto e scioccante riposizionamento degli USA nella politica interna e – quel che più conta per noi- estera.
Un ribaltamento che colloca Washington a fianco del Cremlino e fa gongolare Putin: ha ragione Macron quando rimarca che il primo assioma che Trump dovrebbe mandare a mente è la differenza tra un Paese aggressore e un Paese aggredito. Una distinzione dirimente ben più dell’abbigliamento di Zelensky: il massacro militare della Russia nei confronti del popolo ucraino non è una constatazione negoziabile, le stragi di Bucha, Kramatorsk e tutti i bombardamenti che hanno raso al suolo gran parte del territorio ucraino e ucciso migliaia e migliaia di civili ricordano il genocidio dell’Holodomor più di quanto evochino il paradiso promesso dal patriarca Kirill.
Dalle parole Washington sta passando ai fatti, con la revoca del sostegno militare e dell’intelligence all’Ucraina, mentre il Segretario di Stato Marco Rubio si presenza in diretta TV con una croce dipinta sulla fronte per la ricorrenza del mercoledì delle Ceneri. Anche il discorso di Trump davanti al Congresso è iniziato con una preghiera: fanno a gara lui e Putin nell’usare la religione come giustificazione al loro cinismo.
Tuttavia ci sono distinguo anche in Europa e – per quel che ci riguarda direttamente – in Italia.Sarebbe utile intanto sapere se Orban vuol fare ancora parte dell’Europa e preferisce allearsi con la Russia: tenere il piede in due scarpe non è molto coerente.
L’Italia non è un caso sui generis perché Macron ha a che fare con il Front National come Merz dovrà fronteggiare l’AfD fagocitato dalle simpatie di Putin.
Tuttavia la quasi collimante sovrapposizione tra la visione di politica estera in casa leghista e dei 5 stelle non passa inosservata e riporta alla ribalta un’alleanza giallo-verde ad impronta populista che forse non è mai tramontata. Se rispetto alla scelta di un posizionamento dell’U.E. e dell’Europa sul tema del sostegno all’Ucraina aggredita il loro indirizzo e lo stesso linguaggio con cui viene espresso è pressocché identico, così come sono sintone le simpatie verso Mosca e Putin…. una spiegazione dovrà pur esserci.
Quanto a ciò che si dovrà fare e ad una possibile linea comune non bisogna dimenticare che la Storia americana è “altro” e che la Statua della Libertà è sempre saldamente rivolta verso il mondo.