Non ha proprio il dolce sapore di una cassata siciliana la sentenza che la Cassazione ha tirato fuori condannando il Governo al risarcimento dei migranti trattenuti a bordo della nave Diciotti. Per quel dolce occorre, nel rispetto della tradizione, attendere il tempo di Pasqua per gustarne la delizia.
I giudici hanno un timing diverso che risponde evidentemente alle esigenze della giustizia e non del palato. Quella nave porta con sé qualcosa di maledetto addosso ed anche un lume di presagio.
Diciotti era talentuoso generale della Capitaneria di Porto italiana che si distinse tra l’altro per aver gestito con valore il porto di Tripoli e della Tripolitania rimediando la medaglia d’argento al valor di Marina.
La Libia è come un morbo che ha condizionato parte della nostra storia passata e presente e che continua a marchiare la politica italiana. Per una decina di giorni 177 migranti sono stati ospiti sulla nave della Guardia costiera che porta il nome del glorioso militare che le ha dato l’insegna. La vicenda è stata vissuta su fronti contrapposti in un “trip” mentale che ancora lascia la sua scia di alterazione.
A quei migranti è stato vietato di sbarcare a terra e sono rimasti, volenti o nolenti, trattenuti a bordo. A dirla per l’intero, non sembra che quell’ intrattenimento sia stato un tempo di piacevolezza e di divertimento. Si è piuttosto tradotto, per alcuni, in una condizione di inaccettabile imposizione che non ha consentito la possibilità di mettere i piedi sulla terra ferma, trattenendoli in una forma di custodia forzata.
Il Governo di allora valutò che il rispetto della legalità fosse un punto prioritario rispetto ad ogni altra considerazione.
I migranti, al tempo, avranno trattenuto le lacrime ma non la rabbia e così hanno denunciato il Governo italiano, avendola infine vinta.
Secondo la Treccani la barca è un “Termine di bassa latinità che, secondo Isidoro da Siviglia, indicava le scialuppe che si trovavano a bordo delle navi mercantili e che servivano allo scarico delle merci”. Un mezzo che insomma obbediva a mansioni servili non certo rispondente a canoni di eleganza e di bellezza. Insomma, travi che sudavano da bestia per portare i pesi che avevano sul groppone.
Sbarcare uomini potrebbe essere stata considerata una offesa nei loro confronti, equipararli a materiale da gettare sul molo, liberandosene del peso. Per questo forse le cose sono andate come sappiamo.
Meloni e Salvini hanno prontamente commentato l’episodio con toni e sfumature diverse. Salvini ha parlato di sentenza vergognosa, vergando il fatto sulle cronache con parole di fuoco, frustando verbalmente i giudici per la loro decisione. Quando la politica resta imbrigliata nel diritto sono dolori. Quando la giustizia governa con la forza delle sue pronunce non si va meglio.
Alla fine i migranti dovranno essere risarciti ed a loro si dovrà sarcire, questa probabilmente l’intenzione dei giudici, i fili delle loro speranze di salvezza in quell’occasione sfilacciati da dolore e timore.
Tutto è accaduto nel 2018, un anno maledetto a giudicare dal rumore di grancassa che ancora scuote la scena attuale.
In definitiva, sembra che nessuno nella circostanza sia stato al suo posto come ogni contendente sperava. La Diciotti è l’emblema dell’arte di uno sconfinamento ormai decennale di una parte e dell’altra, ciascuna con le sue intemperanze e sciatterie. E’ stata costruita nei cantieri di Castellamare di Stabia, l’antica stalla, ma nessuno pare sia stato buono nel suo pagliericcio.
18 anni è l’età della conquista della maturità, dell’ingresso in società ma si ha la sensazione che su molti fronti non abbia molto giovato alla compostezza ed a saper stare nel proprio. L’Italia soffre tutt’ora di un barbaro infantilismo che ne mina la salute e il passo.
Per consolarci, soccorre rammentare la celebre barzelletta, raccontata da quel genio di Gigi Proietti, per cui un signore su un autobus dice continuamente ad alta voce il numero 18. Alla richiesta di un passeggero sul perché ripetesse costantemente il 18, rispondeva: ”Eccone un altro che non si fa i fatti suoi” 19, 19 ….!”.
C’è da prendere lezione dal grande attore e da augurarsi che ci si fermi al nuovo numero appena pronunciato, così portando al nostro paese miglior sorte e che non si proceda invece oltre, verso una piena, sporca, doppia decina e dopo ancora.