A un anno dall’inizio del suo mandato il presidente americano traccia un bilancio e dice: “L’America è di nuovo in moto”. Ma tra sondaggi in calo e l’ombra di Trump che incombe sulle elezioni di midterm.
Un anno che ne vale dieci. Una considerazione ancora più vera per il 46esimo presidente degli Stati Unti, Joe Biden. Dodici mesi fa, il 20 gennaio 2021, il mondo assisteva alla cerimonia per il suo insediamento in una Capitoll Hill blindata, ancora sotto shock dopo l’assalto al Congresso del 6 gennaio: il giuramento, toccante, davanti al ‘field of flags’, una distesa di 200mila bandiere, a rappresentare il popolo americano e le vittime del Covid che avevano impedito il tradizionale bagno di folla; Lady Gaga che canta l’inno nazionale e la poetessa afroamericana Amanda Gorman, di appena 22 anni, che incanta il pubblico in mondovisione con il suo componimento “la collina su cui saliamo”. E poi, ovviamente, Jill e Joe Biden, la coppia presidenziale che incarna le aspettative per un ‘ritorno alla normalità’ dopo gli eccessi e la ostentata irritualità del clan Trump. Era solo un anno fa.
Da allora l’amministrazione Biden può vantare al suo attivo l’approvazione dei due piani di aiuto ‘monstre’ da 1900 e 1250 miliardi di dollari, il cui voto però è più volte slittato; un tasso di vaccinati del 74% e 6,4 milioni di nuovi posti di lavoro, che hanno fatto bruscamente calare la disoccupazione. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: il disastroso ritiro dall’Afghanistan e il paese tornato, con un tempismo beffardo, nelle mani dei Talebani a pochi giorni dalle commemorazioni per i 20 anni dall’11 Settembre. E ancora lo stallo su tutti i principali dossier di politica estera: la rivalità con la Cina, i negoziati sul nucleare iraniano, una relazione fatta di alti e bassi con gli alleati europei e, soprattutto, il rischioso braccio di ferro con Mosca sull’Ucraina.
Mentre sul fronte interno persino la decantata ripresa economica è strangolata dal caro benzina e da un’inflazione al 7%, il massimo da 40 anni. Inoltre, la percezione comune è che il presidente non abbia ancora conquistato i traguardi che si era prefisso un anno fa: primo fra tutti quello di riunire un’America mai così divisa e polarizzata su cui, ancora oggi, incombe l’ombra di Donald Trump. Il tutto a soli dieci mesi dalle elezioni di midterm di novembre, quando i repubblicani – in vantaggio nelle preferenze di voto – potrebbero conquistare entrambi i rami del parlamento decretando di fatto, e con due anni di anticipo, la fine di una presidenza già in affanno.
Un’America polarizzata?
“È stato un anno denso di difficoltà ma anche di enormi progressi”: il tentativo di Joe Biden in conferenza stampa di rilanciare la sua presidenza a un anno dall’inizio del mandato si scontra con le cifre dei sondaggi. Solo il 41% degli americani sostiene il suo operato contro un 52% che ‘disapprova’ secondo FivethirtyEight e CNN. Equivale a una delle peggiori performance per un presidente neoeletto da quando i sondaggisti hanno iniziato a monitorare le valutazioni di approvazione. Peggio di lui tra i suoi immediati predecessori aveva fatto solo Trump, sceso al 40% al suo primo giro di boa. Tuttavia, gli altridue presidenti le cui valutazioni alla fine del primo anno erano scese al di sotto del 50% sono stati entrambi rieletti: Ronald Reagan, al 47%, e Barack Obama, al 49%. Ma quello che i sondaggi rivelano, osserva Gallup, è che le opinioni su Biden sono nettamente divise lungo linee ideologiche e di partito, esattamente come lo erano quelle su Trump. Secondo le rilevazioni, il primo anno di Biden è stato il secondo più politicamente polarizzato nella storia degli Stati Uniti. Solo il quarto e ultimo anno in carica di Trump è stato più polarizzato. Segno che il presidente non è riuscito ad intaccare il fenomeno e le divisioni che lacerano la società americana al suo interno e che hanno cominciato a manifestarsi in modo sempre più evidente e ripetuto negli ultimi anni.
Tutta cola dei Repubblicani?
Come era prevedibile nel primo anno di presidenza, Joe Biden si è concentrato più sulle sfide interne, Coronavirus ed economia fra tutte, che sulle questioni internazionali. Cionondimeno, dopo quattro anni burrascosi e caratterizzati dal disimpegno, l’arrivo del democratico alla Casa Bianca aveva generato forti aspettative per il ritorno degli Stati Uniti sulla scena internazionale. Attese che hanno cominciato a scricchiolare presto: se il drammatico ritiro dall’Afghanistan ha segnato la fine della luna di miele tra le due sponde dell’Atlantico, l’affaire Aukus che ha fatto infuriare la Francia, ha dato molto dapensare anche ad altre capitali europee. “Le aspettative erano molto alte quando Joe Biden è entrato, probabilmente troppo alte, erano irrealistiche”, ha spiegato alla BBC Carl Bildt, ex primo ministro svedese. “Il suo ‘America is back’ suggeriva una nuova età dell’oro nelle nostre relazioni. Ma non è successo e tutto è cambiato rapidamente”. Prova ne è la reticenza con cui i 27 oggi guardano all’idea di un conflitto contro Mosca nell’ambito della crisi ucraina. Mentre l’attenzione di Washington si sposta progressivamente verso il suo ‘pivot to Asia’, sembra inevitabile che la frustrazione e il senso di abbandono degli europei aumenti e c’è chi parla apertamente di ‘transatlantic decoupling’. Il 2022 costituirà un test nelle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico ma da questa parte dell’Oceano si osserva con timore crescente quello che accadrà al midterm e nel 2024. “Nonostante tutto – osserva Politico – lo sviluppo più corrosivo nelle relazioni transatlantiche nel prossimo anno potrebbe ancora rivelarsi il deterioramento della stessa democrazia americana e ciò che questo dirà sull’affidabilità degli Stati Uniti come alleati”.
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