Un nuovo movimento politico riconoscibile per i suoi valori

Iniziare dall'area cristiano popolare a seguire quel modello Margherita che si intende proporre per il centro. Un coordinamento che serva a caratterizzarci sull'andare incontro ai tempi nuovi.

Il recente documento che sancisce una collaborazione rafforzata fra Tempi Nuovi e Insieme costituisce, come ricordava ieri da queste colonne Giorgio Merlo, un importante passo in avanti verso la ricomposizione dell’area popolare, cattolico democratica e sociale. Si avverte il bisogno di rafforzare il coordinamento, possibilmente di ridurre una frammentazione che non sia giustificata da diversità politiche e programmatiche.

Per questo, credo, forse converrebbe sviluppare innanzitutto all’interno di questa nostra area culturale e politica, ancora piuttosto divisa, quel modello Margherita che si intende proporre ai partiti che presidiano attualmente l’area di centro.  Una ricomposizione per quote, come fu a suo tempo nel partito guidato da Francesco Rutelli, potrebbe consentire di indirizzare le forze e i mezzi di ciascuna sigla su obiettivi comuni, e renderci a sua volta dotati di quella massa critica che possa giustificare l’obiettivo di rappresentare un soggetto con pari dignità in una auspicabile ricomposizione dell’area di centro con gli altri interlocutori come Italia Viva e Azione.

Riuscire a federare componenti del “mondo popolare” innanzitutto, come preludio a un analogo processo che conduca alla costruzione di un comune partito di centro, avrebbe anche un altro grande vantaggio. Quello di rendere il popolarismo contemporaneo riconoscibile e tangibile fra i ceti popolari e nei territori, cosa che è preclusa dalla attuale frammentazione la quale condanna le troppe sigle a un deficit di visibilità proprio fra quei ceti intermedi che si vorrebbero rappresentare, e con particolare attenzione e di quel municipalismo che si vorrebbe riattualizzare.

Inoltre, il suddetto passo in avanti consentirebbe a un soggetto politico di matrice popolare di divenire politicamente vivo, capace di una sua peculiare e riconoscibile iniziativa politica sulle questioni di attualità come sui grandi progetti strategici. Serve, a mio avviso, una qualche forma di coordinamento politico comune capace di intervenire e di fare sentire la propria voce sui temi caldi.

Infine, ma non per ultimo – anzi potrebbe essere il principale requisito – un maggior coordinamento dell’area popolare è auspicabile che sia capace di misurarsi con la sfida di esprimere una sensibilità politica più adatta ai tempi. Perché in questa fase di rapidissimi ed epocali cambiamenti, ciò di cui si avverte più la mancanza in tutte le principali culture politiche europee è la capacità di guardare al Resto del Mondo da pari a pari e non più con quella spocchia da primi della classe che ci porta a utilizzare come parametro di giudizio universale aspetti che invece afferiscono solo a una particolare forma di civiltà, quella occidentale. Si tratta di concorrere ad interpretare un cambio di mentalità che all’opposto di ogni forma di estremismo della cultura woke, a ben vedere funzionale allo status quo, vada invece al cuore del problema. Assumere come bussola, nel modo di ragionare nelle piccole e nelle grandi cose, nella politica locale come in quella internazionale, il fatto che nel mondo in questo secolo si stanno realizzando percorsi diversi, tutti da rispettare, nessuno, chi più chi meno, esente da limiti o contraddizioni, per realizzare nel concreto e nei diversi livelli di sviluppo e di sicurezza in cui si trovano i popoli, quei valori universali che sono sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite. Non si può continuare a dare pagelle agli altri, a utilizzare con disinvoltura un doppio standard di giudizio, a considerare l’esistenza stessa di altri sistemi e blocchi regionali come una minaccia per il solo fatto che esistono e che pretendono pure di essere autonomi. Occorre dare il nostro contributo perché si faccia strada nell’area politica di centro la consapevolezza di un nuovo multilateralismo, un multilateralismo mite, che preferisca cooperare anziché giudicare, che preferisca il rispetto di altre civiltà e culture allo scontro di civiltà. In questa sfida, a mio modo di vedere, un’area popolare più unità e coordinata, potrebbe offrire un contributo assai utile. Anche, fra l’altro, rimettendosi, nella chiara e rigorosa distinzione degli ambiti, al passo con la Chiesa, intesa come Gerarchia, che già dimostra con il pensiero e con i fatti di vivere e operare nei tempi nuovi.