Venti di guerra sul Suwalki gap: un’altra sfida di Putin?

In gioco è il controllo di quel tratto di terra - un po’ foresta un po’ rurale - che separa Polonia e Lituania da nord a sud, nonché Bielorussia e Kaliningrad (cioè Russia) da est a ovest.

Sono solo 65 km, ma potrebbero fare la differenza. Fra la pace armata di oggi e la guerra ritenuta impossibile fino a ieri e assurdamente ipotizzata possibile domani. È l’ormai noto Suwalki gap, sconosciuto ai più ma non a quanti si interessano alla geopolitica (ne abbiamo parlato qui sin dal 2020), ovvero quel tratto di terra un po’ foresta – un po’ rurale – che separa Polonia e Lituania da nord a sud, nonché Bielorussia e Kaliningrad (cioè Russia) da est a ovest.

L’ipotesi di una sua occupazione manu militari ad opera dell’esercito bielorusso supportato da quello alleato di Mosca, blitz attuabile in poche ore che isolerebbe i tre stati baltici già parte dell’URSS e ora membri della NATO, è stata rilanciata nelle ultime settimane sulla base di tre eventi e del clima generale prodotto dalla persistente guerra in Ucraina.

Dapprima la visita di Putin a Kaliningrad, l’enclave russa sul Baltico. Nessuna delle mosse del presidente russo è da considerarsi casuale, di questi tempi. Andarci ora ha significato ricordare alla NATO, che pur accerchia la città di Immanuel Kant, che la Russia in loco dispone di un arsenale militare non indifferente e pronto all’uso.

Dopo qualche tempo ha voluto dire la sua anche Alexander Lukashenko, il dittatore bielorusso che di Putin non è amico ma, piuttosto, suddito. Insediato a Minsk e lì rimasto non certo per volontà popolare. Ha minacciato l’invasione del “corridoio” di Suwalki, appunto. Difficile immaginare che abbia fatto una simile affermazione senza averla concordata con il capo del Cremlino. Un altro messaggio inviato all’Alleanza Atlantica, ovviamente.

Infine c’è stato l’intercettamento (da parte di caccia dell’aeronautica militare italiana di stanza nella base aerea polacca di Malbork) di un aereo militare russo che volava nello spazio aereo internazionale sopra il Mar Baltico: e questa non si sa se sia stata una ulteriore provocazione, ma dagli occidentali è stata interpretata – visti i tempi – come tale.

È terrificante dirlo, ma la piega che stanno prendendo gli avvenimenti sta conducendo i vertici militari a ipotizzare gli scenari peggiori. E così la NATO, oltre ad aver costituito sul “fronte est” ben otto battaglioni pienamente addestrati ed equipaggiati che si aggiungono al personale militare nazionale dei paesi interessati (i tre baltici, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria), ritiene necessario schierare in loco ben 300.000 soldati (cioè molti di più di quelli attuali), mentre gli USA hanno già riportato i loro effettivi sul suolo europeo intorno alle centomila unità (al Pentagono non considerano realistiche le squilibrate affermazioni del “candidato” Trump circa il disimpegno americano dall’Alleanza).

Ma anche i politici, e questo è più preoccupante, cominciano a ipotizzare scenari di guerra. Non solo Macron. A Berlino – per rimanere al citato e ormai strategico Suwalki gap – ritengono non impossibile il blitz russo-bielorusso in un arco temporale non superiore agli otto anni. A Vilnius, dove la minaccia è avvertita con maggiore ansia per evidenti motivi, temono che la cosa possa verificarsi entro un quadriennio. Le conseguenze potrebbero essere devastanti. Per tutti.