Dunque, il Centro non può più attendere. Al di là dei rancori personali, delle recriminazioni tra i principali contendenti e le dispute meschine. Un luogo politico che adesso serve tremendamente al paese e serve anche e soprattutto all’Europa. Una presenza politica che, come abbiamo ribadito e fortemente sostenuto durante il convegno di ‘Tempi Nuovi’ a Roma (giovedì 28 settembre) con gli amministratori locali, non può essere sacrificata sull’altare delle incomprensioni tra Calenda e Renzi o con altri leader politici che potenzialmente si riconoscono in questo raggruppamento.
E, come ha giustamente ricordato Beppe Fioroni nelle conclusioni del convegno romano, i passaggi politici sono sostanzialmente due: e cioè, prima si costruisce la lista di Centro per le prossime elezioni europee con tutti i soggetti, i partiti e i movimenti che rifiutano la prassi e la deriva del “bipolarismo selvaggio” e poi, ma solo in un secondo momento, si gettano la basi per la costruzione definitiva di un partito di Centro. Organizzato nel territorio, radicato nella società e, soprattutto, rappresentativo di interessi sociali, culturali e professionali. Questo è il percorso concreto che deve accompagnare l’obiettivo di ricostruire una presenza politica quantomai necessaria ed indispensabile per la stessa qualità della nostra democrazia.
Ora, è di tutta evidenza che la lista di Centro in vista delle elezioni europee non può che essere fortemente inclusiva, plurale e realmente rappresentativa dell’articolato e composito universo valoriale e politico dell’area centrista. Nessuno escluso. Sarebbe curioso, al riguardo, se dovessero persistere ridicoli e grotteschi pregiudizi personali o caratteriali per giustificare la propria assenza da una lista riformista, democratica, centrista e di governo e poi, al contempo, sostenere pubblicamente che si lavora per un progetto politico centrista, democratico, riformista e di governo. Sarebbe, semplicemente, una contraddizione in sè e getterebbe un forte discredito su chi si fa protagonista di un simile ed originario comportamento. Dopodichè, e solo in un secondo momento, sarà possibile trasformare questa presenza elettorale in un vero e proprio partito. Un partito, sia chiaro, autenticamente ed organicamente democratico, contendibile, plurale e con un chiaro e percepibile profilo politico e culturale centrista e riformista. Insomma, l’esatto opposto di un partito personale, o del capo, o proprietario dove la democrazia interna è solo un optional o un principio astratto da sventolare propagandisticamente a giorni alterni.
Ecco perchè, da adesso in poi, conteranno solo e soltanto i comportamenti personali e politici. Le enunciazioni, i solenni pronunciamenti e la propaganda saranno drasticamente secondari e del tutto irrilevanti. Come diceva Pietro Scoppola, conterà sì la “cultura del progetto” ma sarà decisiva e determinante, ai fini della credibilità dello stesso progetto politico, la cosiddetta “cultura del comportamento”. Lo verificheremo concretamente a partire dai prossimi giorni.