La democrazia in Italia alla luce del progetto politico di Aldo Moro

 

 

La morte di Moro rappresenta la fine della prima Repubblica, per far posto ad azioni segrete e attività criminose nel quadro di un disegno di indebolimento della struttura democratica della nazione.

 

Paolo Frascatore

 

Agnese Moro su “La Stampa” del 9 maggio scorso nel ricordare il barbaro assassinio di suo padre Aldo ad opera delle Brigate Rosse, riflette su quella che definisce “giustizia riparativa” come condizione per una rieducazione sociale e per una nuova vita civile.

 

Ѐ certamente un atto di amore quello di Agnese Moro. Un atto di amore rivolto non solo alla vita, ma anche a quelle possibilità umane e cristiane che dovrebbero guidare le azioni verso la tolleranza al fine di una convivenza pacifica. Al di là di queste riflessioni senza dubbio alte e profonde, quello su cui si vuol riflettere è la portata storica dell’evento accaduto il 9 maggio 1978, ossia l’assassinio di Aldo Moro.

Perché quell’evento (ancora oggi non chiaro e avvolto da misteri e supposizioni da chiarire) rappresenta quella che può essere definita la svolta reazionaria del sistema politico italiano. Una sorta di arresto dell’evoluzione politica verso la “democrazia compiuta”.

 

E tutto ciò alla luce non tanto di riflessioni personali, e come tali condivisibili o meno, ma alla luce della verità storica degli avvenimenti che si sono succeduti dopo quel tragico 9 maggio 1978. Se si analizzano, infatti, a distanza di tanti anni quegli avvenimenti, si scopre come la morte di Aldo Moro rappresenti la fine della prima Repubblica e dei Partiti popolari, per far posto ad azioni segrete di logge massoniche, intrecci internazionali, attività criminose nel quadro di un disegno di indebolimento della struttura democratica della nazione.

 

Ma la morte dello statista democristiano segna anche la crisi dei cosiddetti Partiti popolari (Democrazia cristiana e Partito comunista italiano) che si avviano fatalmente sul viale del tramonto. La Dc avvia la politica del preambolo, con la chiusura netta verso il Pci di Berlinguer che, a sua volta, si chiude a riccio: la democrazia segna così il passo; iniziano i fenomeni di corruzione e di finanziamenti politici illeciti; la politica si riduce ad uno scontro di potere (Dc-Psi), spesso anche personale.

 

Il progetto moroteo viene rinnegato dai due maggiori Partiti politici e si ritorna al passato, ossia ad una politica ormai vecchia e stanca sul versante del rinnovamento delle istituzioni e di coinvolgimento delle realtà sociali che Moro aveva immaginato di inserire gradualmente nella direzione dello Stato. Ripensare oggi a quella vicenda aiuta chi vuol continuare nel segno di una politica nuova, diversa dall’attuale situazione italiana; alternativa rispetto alla rigidità di una competizione artificialmente polarizzata.