Non si può dire che lungo la traiettoria tracciata dalla “Settimana Sociale” di Trieste non s’incontrino testimonianze e suggestioni importanti, tali da rendere l’universo cattolico sempre più aperto alla comprensione delle attese e delle speranze del nostro tempo.
Nel suo recente discorso alla città, Mons. Mario Delpini offre l’invito a riflettere su un mondo che troppo spesso dimentica il proprio legame con la terra. “Lasciate riposare la terra” non è solo un monito ecologico, ma un appello spirituale a ritrovare il rispetto per i cicli naturali, il valore della sobrietà e il senso del limite.
Delpini intreccia osservazioni acute sulla crisi ambientale e sociale con riferimenti scritturali e teologici: il riposo della terra non è solo una pratica di sostenibilità, ma una scelta etica e spirituale. “Non si può sempre pretendere dalla terra e dagli altri il massimo rendimento”, ammonisce, richiamando tutti a un senso di giustizia verso il creato e verso i più fragili.
Parlando a una Milano frenetica, simbolo di un modello economico che spesso consuma più di quanto rigenera, il vescovo non si limita a un richiamo generico, ma entra nel cuore delle contraddizioni politiche e sociali. “Che cosa risponderanno coloro che governano alle domande dei giovani, alle invocazioni dei poveri, al grido della terra?”, chiede senza mezzi termini, scuotendo le coscienze. È una provocazione scomoda, un vero pugno nello stomaco per chi gestisce il potere e per chi ne subisce passivamente le conseguenze.
Il suo intervento va ben oltre l’ambientalismo di maniera: è un appello alla responsabilità collettiva, una diretta sollecitazione a ripensare l’economia, oggi dominata dall’iperefficenza, per conciliare sviluppo e giustizia sociale. Non è retorica, ma un’esortazione a fare scelte coraggiose e a invertire la rotta di un sistema che calpesta i deboli. La terra stanca e sfruttata è un’immagine potente di una società che si è smarrita.
Il linguaggio di Delpini è delicato nella forma ma incisivo nella sostanza, capace di ispirare riflessioni approfondite. Il suo elogio alla terra, però, non si ferma alla denuncia dello sfruttamento perpetrato ai suoi danni: piuttosto propone a ciascuno di noi, nel quadro della ricerca del bene comune, di ritrovare il senso del limite e dell’essenziale, custodendo il creato come luogo di incontro e di armonia.
Per cogliere tutta la ricchezza di queste riflessioni, consiglio vivamente la lettura integrale del testo, disponibile sul sito della Diocesi di Milano (qui in allegato)