“Bacco, tabacco e venere riducono l’uomo in cenere” è un detto che rivendica ancora una sua attualità e sembra riaffermata proprio in queste ore a Napoli, allorquando si è dato fuoco alla “Venere degli stracci” che uno sbandato ha pensato bene di appiccare, trasformando in cenere l’opera dello scultore e pittore Michelangelo Pistoletto, da poco installata in una delle piazze principali della città.
Della struttura, che in totale cumulava un peso di 440 chilogrammi, non è rimasto che un telaio, uno scheletro a forma di cupola che sosteneva una massa di cenci disposti in forma d’arte. La statua di resina e gesso, ispirata alla precedente “Venere con la mela” del danese Thorvalsen, si è squagliata sotto i colpi delle fiamme e forse anche del sole di questi giorni. Si potrebbe rubare un commento a Leopardi del “disperato dolor che la stracciava”.
Nella versione di Pistoletto, in assenza della mela del peccato o di una sorta di pomo d’oro della discordia tenuto in mano dalla Dea, l’incendiario ha creduto di mettere un po’ di sale e di verità alla scena. Venere simboleggia il desiderio sessuale e della bellezza, assimilata ad Afrodite, un’altra che con l’amore aveva non poca dimestichezza. Può darsi che quelle forme intense e provocanti abbiano contraddetto il distruttore dell’opera, una inconsapevole contestazione di qualcosa che stride. Dalla fertile conchiglia vien fuori Venere, dagli stracci e dal loro fetore non può esserci rinascita secondo pur invece la migliore intenzione di Pistoletto.
Eppure Venere resta un faro ben visibile a guardare il cielo. Visibile al tramonto con il nome di Espero ed all’alba con il nome di Lucifero, sa essere doppia andando verso sera e portando poi la luce anche verso il giorno. Troppa confusione per il nostro vandalo che non capisce di certi accostamenti, di una Venere con un candido panno bianco tenuto dalla mano sinistra che intanto sembra frugare con l’altra mano nel covone di stoffe sbrindellate. Sul tema ce ne sarebbe ancora molto da dire. “Sono gli stracci che vanno all’aria” si dice a proposito degli indifesi che pagano per il resto del mondo gaudente. “il cane mozzica lo stracciato” è il destino di chi patisce disgrazie ulteriori, in aggiunta alla sua condizione di miseria. Così penserà probabilmente il vandalo che ha distrutto la Venere in mostra a Piazza Municipio.
“Prendi i tuoi stracci e vattene” è quello che ora noi tutti, di primo istinto, vorremmo urlare al responsabile dell’insano gesto di distruzione, non senza aver prima pagato per la sua responsabilità.
Naturalmente non possono mancare, puntuali, le polemiche, le baruffe e, ci risiamo, un po’ di immancabile discordia circa la mancata sorveglianza dell’opera d’arte.
“Volano gli stracci” era detto quando nel 1700 e nel 1800 si era usi, nei diverbi, darsi coltellate strappandosi gli abiti, segnati dai colpi di lame. CI saranno deatribe al riguardo per le colpe da attribuire a causa del fatto accaduto e intollerabile. Chissà, forse la grandezza dell’opera è proprio, al contrario, nel suo ciclo ormai compiuto di vita e di morte, della precarietà della bellezza e della naturale corruzione di ogni elemento, un’opera insomma necessariamente condannata ad un fatale movimento di vita e di morte. Al suo posto adesso una bruciacchiata struttura metallica che potrebbe essere lasciata lì a testimonianza non di un delitto commesso ma di una inevitabile storia che si è consumata, di una verità che non può essere smentita, di una realtà che ha la meglio sui sogni.
Gli stracci sono quello che sono e non altro. Le fiamme sono una fine prevista nei loro giorni.
Tralasciando per un attimo la responsabilità del piromane, siamo in presenza di un’opera d’arte a due facce, spietatamente in cammino, che nel rogo ha svelato con magia di faville il suo lato nascosto e cruento, dove gli stracci ricordano una miseria che porta in polvere ogni speranza di mantenere intatta ogni bellezza, scellerata nel credere di non contaminarsi a fianco degli stracci che le sono prossimi.
Venere, ora in cenere, è un’autentica stracciona, perfettamente a tono con l’altra parte della scultura che ha fatto la sua stessa fine. “E’ andata per stracci” direbbe qualcuno. Di queste ore in Francia il provvedimento del Governo che stanzia 154 milioni di euro per il “bonus rammendo” tentando di incentivare quelli che non rottamano le proprie vesti ma ne tentano il recupero. Per le strade ancora adesso, armato di megafono, ogni tanto urla, dicendo della sua presenza, uno “stracciarolo” a disposizione delle massaie che possono aver bisogno di lui. Ne saprà senz’altro più di tutti.