14.5 C
Roma
sabato, Marzo 15, 2025
Home GiornaleLa chiarezza in politica estera non appartiene ai populisti

La chiarezza in politica estera non appartiene ai populisti

La politica estera rende riconoscibile l’identità di un partito. È tempo di isolare dunque le ragioni (e i partiti) che sono il frutto e la conseguenza dell’attuale irrilevanza della politica stessa.

La politica estera, storicamente, è l’aspetto costitutivo e quasi discriminante per dimostrare se un partito ha una cultura di governo o meno. Senza una chiarezza di fondo sulla politica estera qualsiasi partito o movimento è destinato nell’arco di poco tempo a cadere nella confusione o, peggio ancora, a scivolare progressivamente nel trasformismo politico e nell’opportunismo parlamentare. Del resto, è appena sufficiente osservare concretamente il comportamento delle forze politiche della prima repubblica e anche di quelle dopo l’uragano di tangentopoli, per rendersi conto che la coerenza sulla politica estera resta il faro che illumina la coerenza e il progetto politico di un partito. E non soltanto sul piano geopolitico mondiale ma anche, e soprattutto, nelle scelte politiche concrete del proprio paese. Perché la chiarezza e la coerenza sulla politica estera è sinonimo anche di chiarezza, ad esempio, sulla politica economica e sociale e su quella dei diritti. Insomma, la politica estera appartiene a pieno titolo alla carta di identità politica e culturale di un partito. E per i grandi partiti popolari, democratici e di massa del passato la politica estera, appunto, rappresentava lo spartiacque per costruire il campo delle alleanze e la stessa strategia di governo.

Ora, è altrettanto noto che le forze e i movimenti populisti – da chi detiene il marchio principale e quasi esclusivo, cioè i 5 Stelle e la Lega salviniana – non hanno alcuna chiarezza sulla politica estera se non quella di cavalcare gli istinti più triviali e momentanei della pubblica opinione. Che, di norma, si tratta di modelli radicalmente estranei alla cultura democratica e liberale. Non a caso, e proprio alla luce degli ultimi accadimenti drammatici che provengono dalla Russia, noi assistiamo al semplice riproporsi di un aspetto. E cioè, i populisti sono privi di una strategia lineare di politica estera perché la mancanza di una cultura politica da un lato e l’assenza di una altrettanto necessaria ed indispensabile cultura di governo dall’altro inibisce a questi partiti di giocare un ruolo responsabile e di medio lunga durata. Se non quello di cavalcare gli umori della piazza che, come noto, sono destinati a mutare con una rapidità impressionante. E non stupisce, al riguardo, che proprio sulla politica estera si registri una sostanziale convergenza tra partiti che apparentemente stanno su sponde opposte ma che, invece, sono accomunati dalla deriva e dalla sub cultura populista. Cioè, per essere ancora più precisi, i partiti dell’indimenticabile alleanza giallo-verde.

Ecco perchè, se è vero com’è vero che sta ritornando lentamente la politica e con la politica anche le tradizionali categorie, diventa sempre più importante, nonchè decisivo, saper rideclinare una cultura di governo autentica e credibile, naturalmente accompagnata da una visione europea e mondiale

Non ci può essere confusione con il qualunquismo o, peggio ancora, con il dilettantismo opportunistico e trasformistico. Per questi semplici motivi è giunto il momento di isolare definitivamente ed irreversibilmente il populismo da qualsiasi alleanza di governo. Sempreché si voglia recuperare la credibilità della politica da un lato e l’efficacia dell’azione di governo dall’altro.

Perché non è possibile pensare di aprire una nuova stagione della politica italiana senza isolare le ragioni (e i partiti) che sono il frutto e la conseguenza della sconfitta e della irrilevanza della politica stessa. Ne va anche, e soprattutto, della credibilità del nostro sistema politico, della qualità della nostra democrazia e dell’autorevolezza delle nostre istituzioni democratiche.