Ucraina, a due anni dall’invasione russa urge una soluzione diplomatica.

I democratici d’ispirazione cristiana possono esprimere una sensibilità che aiuti ad inscrivere correttamente un'intesa sull'Ucraina nel più ampio accordo sulla sicurezza in Europa e nel mondo, con l'Ue protagonista.

Il 24 febbraio ricorre il secondo anniversario dell’aggressione russa all’Ucraina. Dopo due anni di guerra si impone un bilancio.

Credo che il primo elemento da considerare, per quel che ci riguarda, sia l’impegno profuso dall’Italia nel sostegno all’Ucraina, in piena continuità tra il governo attuale e quello precedente, e con una condivisione praticamente di tutte le forze di opposizione, in primis di quelle di centro e di sinistra. Indice di un Paese affidabile, coeso e determinato nel mantenere i propri impegni internazionali. E questo rafforza l’autorevolezza della posizione italiana presso gli Alleati nelle sedi in cui si prendono le decisioni.

Un secondo elemento da considerare è costituito dal responso sul campo di battaglia, emerso in questi primi due anni di guerra, con costi umani, economici, ambientali altissimi che suonano come una mesta conferma di quale sia sempre, come ha osservato Papa Francesco, la vera natura della guerra, quella di “crimine contro l’umanità”. Sul piano poi dei risultati conseguiti ad un così alto prezzo, purtroppo, si deve constatare che la posizione attuale dell’Ucraina non sembra risultare migliore non solo di quella precedente all’inizio del conflitto, che risale a un decennio fa, ma anche non migliore di quella all’inizio dell’invasione russa del 2022. Ciò accresce le responsabilità di quanti fecero saltare l’intesa dettagliata tra i belligeranti, raggiunta un mese dopo la brutale invasione russa, nei colloqui di pace di Istanbul del marzo 2022.

L’impressione che si ricava è che questo terzo anno di una guerra che a tutti gli effetti può esser considerata come una nuova guerra civile europea, tra popoli fratelli e di tradizione cristiana, sia destinato a procedere per inerzia col suo carico quotidiano di morte e distruzione sulle linee del fronte, in attesa dei cruciali appuntamenti politici e elettorali previsti nell’anno in corso. Ciò potrebbe rendere questo nuovo anno di guerra quello in cui in Russia e sulle due sponde dell’Occidente, quella europea e quella americana, si raggiunge una maggiore consapevolezza del fatto che una possibile soluzione non potrà venire dalle armi bensì solo dalla politica.

Il conflitto ucraino esige in ogni caso un’accelerazione dell’integrazione europea sotto diversi punti di vista. Riguardo a un maggiore coordinamento dei sistemi di difesa nazionali, in modo  da rafforzare il pilastro europeo della Nato. Riguardo alla creazione degli strumenti finanziari e fiscali comuni necessari a sostenere il crescente impegno militare europeo. Riguardo, infine, alla definizione di una comune strategia, distinta e autonoma, intorno agli interessi europei da fare valere qualunque sarà l’esito delle elezioni americane del prossimo 5 novembre.

Possibilmente non dimenticando che mentre le economie europee,a differenza  di quella americana, si devono adattare alle condizioni più sfavorevoli seguite al conflitto ucraino e a una ancora indeterminata durata della guerra, continua la crescita dei Paesi non occidentali, non solo sul piano economico ma anche su quello geopolitico. In particolare a fine ottobre, poco prima delle elezioni americane, si terrà il XVI Vertice BRICS a Kazan, in Russia, che potrebbe ulteriormente mutare gli equilibri fra Occidente e il cosiddetto Sud Globale, con la probabile entrata nel Coordinamento di altri Paesi asiatici, africani e latinoamericani, di primaria importanza per posizione geografica, popolazione, ricchezza di risorse naturali ed energetiche. Ciò non farà che rendere ancor più evidente che la transizione geopolitica in corso, di portata epocale, va gestita soprattutto con le armi della diplomazia, puntando alla definizione di un nuovo ordine globale multilaterale più aderente alla realtà del XXI secolo, più giusto e inclusivo. E in tale prospettiva, per l’Unione Europea, una volta raggiunta una pace giusta sull’Ucraina, pensare a un rapporto meno conflittuale, perlomeno di buon vicinato, con la Russia, credo non possa esser considerato un tabù, come alternativa al lasciare che sia ancora una volta una grande guerra a determinare il futuro assetto degli equilibri globali.

Auspicando che la lezione di questi due anni di guerra venga ben appresa da tutte le parti in causa, credo rimanga la necessità per i Popolari nell’area di centro di esprimere una sensibilità complementare a quella che esprimono le forze politiche che presidiano tale area politica, che punti maggiormente a mettere in risalto l’inidoneità, dimostrata dai fatti, della guerra nel costruire soluzioni e la necessità di puntare a una soluzione diplomatica che inscriva la soluzione del conflitto ucraino in un più ampio accordo sulla sicurezza in Europa e nel mondo, del quale accordo l’Ue dovrà esser protagonista se vuole evitare che venga comunque raggiunto da Stati Uniti, Russia e Cina ma sulla propria testa.