La Regina Cleopatra si sa, non avendo un carattere morbido e conciliante, è facile andare alla guerra quando ritiene di avere subito un torto di lesa maestà. E tale le deve essere sembrata la rivolta dei Sardi che, perfidi, hanno boicottato per pochi voti il suo prescelto e l’hanno costretta ad ammettere pubblicamente la sconfitta.
E dunque “alla pugna”, c’è necessità. Il nostromo della barca di Cesare (concessa per questa impresa) ha avvertito la regina Cleopatra/Meloni che il vento ha cambiato direzione e che bisogna anche cambiare, allora, le vele mezze strappate per ritrovare il vento e continuare la navigazione.
Qualcuno s’aspettava un saggio discorso alla truppa, una reprimenda con i fiocchi e qualche sonora punizione, persino qualche calcio sul sedere per buttare a riva i malcapitati. Ed invece no, la Regina trasforma la sua barca in un galeone di pirati e, alta sul ponte di comando, sprona i suoi alla battaglia. E i suoi che certo sono fiacchi e provati dalla lunga navigazione, e non vedono modo di scendere a terra a riposare un po’, anche per consumare un pasto degno di questo nome, la vedono di umore nero come la fuliggine, pronta a deporre a terra la tiara da Faraone e a indossare l’elmetto da Sturmtruppem. Alla ciurma, perplessa, non resta che osservarla.
Eh sì, perché sa un po’ di ridicolo, nell’Impero di Cesare, indossare l’elmetto degli odiati Germani e non affidarsi ai cimieri piumati dei legionari e dei centurioni. Che la Regina immagini uno sbarco e pronte ci siano magari le sue truppe egiziane, con i famigerati carri, a preparare il campo della battaglia? A terra truppe egizie non se ne vedono, e così anche i due luogotenenti si mostrano perplessi. Cercano di capire l’insondabile pensiero della Regina; ma null’altro, al di là dell’ira, sembra condividere con i suoi ufficiali. I quali romanamente sembrano dire: “E vabbé, fa’ un pò come te pare”. Guardano e pensano ai fatti loro.
Intanto quelli che stavano a riva sotto l’effetto del miracolo sardo si sono riuniti quel tanto che basta per dare addosso a Cleopatra/Meloni, con poca forza ma anche molta fortuna (ma si sa che la fortuna premia gli audaci). Ed ora che potrebbero guadagnare un altro punto sulla odiata, restano comunque incerti e prudenti.
Cesare di fronte alla sconfitta della sua Cleopatra ha tirato giù un bestemmione chiamando in causa gli dei patrii: amaramente si è accorto di come la rimonta gli sarebbe costata altri sesterzi visto che lei, presa dall’ira e dal livore della rivincita, non avrebbe badato a spese. Così monta perplesso per la chiamata alle armi della Regina perché il nemico non si è ancora visto all’orizzonte o meglio le spie di Cesare non hanno riportato notizia che alla frontiera si ammassino truppe nemiche. Per questo l’imperatore è prudente e lento a sprecare uomini, sebbene la Regina potrebbe aver aver avuto una dritta dai potenti sacerdoti di Tebe — e questo è pressoché insondabile.
Tuttavia, la vera preoccupazione del Senato romano è che Cleopatra/Meloni paventi una battaglia fatta con le proprie truppe e secondo le regole egizie in terra dell’Impero. Però non essendo lei Alessandro Magno – nato conquistatore – rischia di prendere un grosso abbaglio, che questa volta trascinerà i suoi, nonché i poveri pretoriani messi da Cesare a sostegno dell’impresa, in una sconfitta davvero straziante.