Addio populismo, così la politica può tornare protagonista e decisiva.

Il recupero di credibilità delle istituzioni democratiche esige un analogo recupero da parte della politica. È necessario archiviare la decadenza che ha contraddistinto la “stagione populista”. Non è tempo di rassegnazione.

Giorgio Merlo

 

Le migliori stagioni della nostra vita pubblica coincidono, di norma, con il protagonismo e la credibilità della politica. Detto in altri termini, quando la politica è credibile in quanto percepita come tale dalla pubblica opinione e da tutti gli altri poteri, è l’intera vita pubblica a trarne beneficio. E non solo perchè contribuisce ad alzare il livello del confronto a tutti i livelli ma anche perchè, e soprattutto, non riduce la politica ad un semplice orpello e per giunta subalterna rispetto ad altri poteri o altre lobby.

 

Certo, non è affatto facile invertire una rotta che è stata perseguita con forza e persin con violenza da larga parte della politica italiana in questi ultimi anni. Basti pensare alla declinazione concreta del verbo grillino: dalla criminalizzazione politica dei partiti organizzati e tradizionali alla ridicolizzazione delle culture politiche; dall’azzeramento della militanza e del radicamento territoriale dei partiti alla logica perversa “dell’uno vale uno”, cioè della liquidazione della credibilità e della autorevolezza della classe politica; dall’esaltazione della casualità e della improvvisazione al potere alla pratica disinvolta del trasformismo politico e dell’opportunismo parlamentare.

 

Ora, è di tutta evidenza che il recupero di credibilità delle nostre istituzioni democratiche e, soprattutto, della efficacia della stessa azione di governo, passano solo e soltanto attraverso il recupero di credibilità della politica. E quando si parla di recupero della credibilità della politica, ci sono almeno 3 elementi che devono accompagnarla: il ritorno dei partiti non personali ma collegiali e democratici; la vitalità delle culture politiche contro ogni forma di degenerazione trasformistica ed opportunistica tipica del populismo grillino e, in ultimo, riavere una classe dirigente che non sia il prodotto del “nulla della politica” che ha caratterizzato gli ultimi anni dominati dal populismo.

 

Ecco perchè la fase politica che si è aperta dopo il voto del 25 settembre scorso e la vittoria della destra e il ritorno, al contempo, della sinistra radicale, libertaria ed estremista del “nuovo corso” del Pd, richiede anche la presenza di altre categorie – come ad esempio quella di Centro – ma sempre ispirata alla politica e ai suoi istituti. E quindi, no alla riproposizione della personalizzazione della politica, della spettacolarizzazione della politica e del ruolo salvifico e miracolistico dei “capi”. È necessario, cioè, archiviare la decadenza e il ciarpame che hanno contraddistinto la “stagione populista” accompagnata ed esaltata dalla stragrande maggioranza della grancassa mediatica e aprire, quindi, una fase dove la politica sia nuovamente protagonista e decisiva per orientare e indirizzare la nostra società attraverso un dibattito libero e pluralistico. E, di conseguenza, e per quanto ci riguarda, il contributo di chi si è storicamente caratterizzato per una visione della società attraverso la sua declinazione politica, cioè la cultura e la tradizione della cultura cattolico popolare e cattolico sociale.

 

Insomma, non è il tempo della rassegnazione, dell’assenteismo e del disimpegno qualunquista ed irresponsabile.