Il governo, ma sarebbe più corretto dire il “sistema Italia”, deve stare attento a esser concreto nel dare seguito agli impegni del Piano Mattei il quale per ora consta di pur significativi contratti energetici (con l’Algeria in primis, e non sembra una coincidenza che il caso della pugilessa algerina Imane Khelif opposta a una italiana alle Olimpiadi, sia stato montato, come ha denunciato la stampa algerina, da organi di stampa americani e inglesi) e di qualche progetto di sviluppo in Africa, soprattutto in campo agro-alimentare.
Perché c’è chi fa. E agisce seguendo le priorità definite dai Paesi africani e non le proprie. Una delle priorità per gli stati africani è la stabilizzazione delle catene di approvvigionamento, a cominciare da quelle energetiche. Perché se fai l’agricoltura biologica e poi non ti arrivano i carburanti e i pezzi di ricambio per le macchine agricole, i mezzi per la formazione del personale, costruisci cattedrali nel deserto.
Addirittura un grande Paese petrolifero come la Nigeria sconta una incredibile inadeguatezza nello sviluppo delle reti di distribuzione interna dei carburanti.
Per questo diversi stati, soprattutto quelli privi di sbocco al mare, stanno dando massima priorità allo sviluppo di linee di comunicazione, ferroviarie in particolare modo, con i porti. Il Malawi, ad esempio, dopo vent’anni ha ripristinato una linea ferroviaria dal porto di Nacala in Mozambico, che ha posto fine alla sua cronica scarsità di carburanti. Lo scorso primo agosto in Tanzania è stata inaugurata una nuova linea ferroviaria dal porto di Dar es Salaam e Morogoro alla capitale della Tanzania, Dodoma, che collega con la Tanzania Paesi che non hanno accesso all’Oceano Indiano: Burundi, Repubblica Democratica del Congo e Ruanda. L’infrastruttura è stata realizzata da una società turca. La stessa Turchia, già presente in Libia, pattuglia le acque della Somalia, anche per controbilanciare le pretese dell’Etiopia, per il medesimo motivo, il collegamento marittimo, attraverso il Somaliland.
La stessa Algeria sta realizzando con la Cina un ambizioso progetto di ampliamento della sua rete ferroviaria per seimila km, che la renderà l’hub ferroviario di collegamento col Mediterraneo di molti Paesi dell’Africa centro – settentrionale.
La priorità in Africa per diversi stati è ancora quella di raggiungere il pieno esercizio della sovranità statale sull’intero loro territorio, la cessazione dei conflitti. In secondo luogo non si accontentano più del cosiddetto commercio equo. Che si tratti del caffè o del litio, del cacao o del cobalto, questi Paesi intendono insediare sul loro territorio una parte delle industrie di trasformazione in modo da partecipare più equamente alla catena del valore dei prodotti che esportano, anche nell’ambito del marketing e dei servizi.
Bisogna, dunque, cercare di sintonizzarsi con queste nuove istanze, fare prima ciò di cui le nazioni africane hanno bisogno, se si vuole far avanzare il Piano Mattei in un’ottica nazionale e di Unione Europea. Perché gli altri (non solo Cina, ma anche Stati Uniti, India, Brasile, Russia, Turchia, Emirati Arabi, Arabia Saudita…) già stanno facendo così, se si vuole evitare che il Piano Mattei rimanga, non una scatola vuota, ma uno strumento al di sotto delle sue possibilità. Il tutto in uno spirito bipartisan che su una questione così centrale per il futuro come le relazioni con l’Africa, non può mancare.