Alla domanda di centro non si risponde moltiplicando le liste

Nel processo di ricomposizione dell’area centrista sarà sempre più necessario ed indispensabile garantire la piena cittadinanza di quelle culture che storicamente hanno saputo costruire e rafforzare una "politica di centro".

Se abbiamo ben capito, Emma Bonino ha posto alcuni paletti per far decollare la cosiddetta ”lista di scopo” in vista del voto per il rinnovo del Parlamento Europeo. E le tre condizioni sono molto semplici ma nette. E cioè, la lista di scopo non è nè un progetto politico, nè una federazione e nè, tantomeno, una prospettiva a medio/lungo termine. Il tutto finisce il 9 giugno sera. Contati gli eurodeputati europei ognuno torna a casa sua. Cioè nel suo campo politico tradizionale. Punto. In secondo luogo la lista di scopo non c’entra nulla con la ricostruzione del progetto politico del Centro a livello nazionale. È solo un escamotage per superare lo sbarramento del 4%. In ultimo, c’è una sorta di simpatico veto su eventuali candidati ex democristiani nelle liste.

Ecco perchè, e soprattutto dopo questo accordo tecnico/elettorale, se dovessimo fare un rapido censimento per capire quante sono le aggregazioni o i partiti centristi in vista del voto dell’8-9 giugno, ne contiamo sostanzialmente tre.

Innanzitutto Forza Italia che, sotto la guida di Antonio Tajani, ha assunto un ruolo politico e programmatico di tutto rispetto riscuotendo maggiori consensi, e soprattutto stima e rispetto, nell’area moderata e riformista italiana. Una lista che, almeno stando ai sondaggi, si dovrebbe avvicinare alla doppia cifra. Vedremo, ma è indubbio che il ‘nuovo corso’ di Forza Italia, e paradossalmente dopo la pesante e storica leadership di Berlusconi, ha segnato un significativo ‘valore aggiunto’ sul versante politico e dell’immagine complessiva del partito.

A seguire, come già ricordato all’inizio, la ‘lista di scopo’ tra il partito di Renzi, Italia Viva, i radicali dell’intramontabile Emma Bonino e qualche altro cespuglio. Con veti e pregiudiziali continui e ripetuti – come sentenziano ad ogni ora i vari referenti radicali – nei confronti di tutti quegli esponenti centristi o ex democristiani o popolari che non sono graditi in questa neo formazione. È di tutta evidenza che si tratta di una operazione elettorale, del tutto scontata e legittima, che punta solo ed esclusivamente a superare lo sbarramento del 4% ma che non coltiva nessuna ambizione politica futura.

In ultimo, almeno così pare sino ad oggi, la presenza autonoma di Azione, il partito di Carlo Calenda. Se non capitano ribaltamenti dell’ultima ora, sempre possibili nella politica fluida e liquida italiana, Azione andrà per conto suo con la sua ricetta politica, programmatica ed organizzativa sfidando con un pizzico di terrore sino alla fine della campagna elettorale la tagliola del 4%.

Ora, e di fronte a questa concreta situazione, è abbastanza facile arrivare alla conclusione che il peso elettorale delle tre liste sarà l’elemento decisivo ed essenziale per cercare di costruire – o ricomporre – il Centro politico, riformista e plurale nel nostro paese dopo il voto europeo. È altrettanto evidente che non può essere un Centro diviso, frammentato e polverizzato l’orizzonte entro il quale si costruisce, si rafforza e si consolida un progetto centrista, riformista e di governo.

Al contrario, questa rischia di essere la premessa per la sua dissoluzione o, meglio ancora, il non decollo. Eppure la domanda di Centro esiste e lo confermano quotidianamente i vari sondaggsiti. Ma per tradursi in una vera e credibile offerta politica è altrettanto evidente che si dovranno superare definitivamente ed irreversibilmente i personalismi, i veti, i rancori e le pregiudiziali – ovviamente di carattere personale e non affatto politiche o programmatiche – che nel tempo si sono infiltrati ed ossificati nella galassia centrista del nostro paese.

Infine, forse è ancora bene sottolineare che nel processo di ricomposizione della vasta e plurale area centrista sarà sempre più necessario ed indispensabile garantire la piena cittadinanza di quelle culture che storicamente hanno saputo costruire e rafforzare una ‘politica di centro’ e, al contempo, un progetto politico con un forte profilo centrista, riformista e di governo. Tra queste, la cultura del cattolicesimo popolare e sociale, senza la quale qualsiasi progetto centrista sarebbe destinato a sbattere contro gli scogli dell’improvvisazione, del pressappochismo e della superficialità.