Alle elezioni europee Popolari uniti ma sulle cose da fare

La sfida della sussidiarietà e quella della riduzione della disuguaglianza, in particolare per i ceti medi, fanno da sfondo alla mobilitazione dei cattolici democratici e popolari in vista delle elezioni europee.

Dal convegno di Tempi Nuovi di venerdì scorso, che ha sancito la ripresa di iniziativa politica dei Popolari, sono emerse, tra le altre cose, due indicazioni strategiche che dovranno modellare il percorso intrapreso: quella dell’impegno per la riforma dell’Europa e quella del contrasto alla crisi dei ceti medi.

La necessaria attenzione alle alleanze con un centro che si oppone a future intese fra Ppe e partiti di estrema destra, costituisce un’indicazione importante, da concretizzare a suo tempo, alla luce di quelli che saranno i risultati delle elezioni del 2024. E tuttavia ancora più importante appare la consapevolezza che l’Unione Europea necessita di urgenti e strutturali riforme per renderla adeguata alle sfide del mondo attuale. Questo credo sia essenzialmente il dato da cui partire per impostare una proposta elettorale unitaria dei Popolari italiani per le prossime Europee. Si parla ancora di ripristino del patto di stabilità come se nulla fosse cambiato, quando i grandi eventi dei primi anni venti hanno mutato in modo irreversibile gli equilibri europei. La guida tedesca ormai appare un lontano ricordo, sostituita dalla guida Nato a trazione angloamericana.

Nel quadro della durata della guerra ucraina “for as long as it takes” a mantenere la capacità difensiva del Paese invaso dalla Russia, l’Europa dovrà affrontare scelte imposte dagli eventi, e non più rinviabili sul suo futuro. Come ha affermato Mario Draghi nella sua conferenza del 12 luglio scorso in Massachusetts, l’Ue attuale ha davanti solo tre opzioni: paralisi, uscita o integrazione. Le prime due opzioni, con annesso aumento delle formazioni populiste di estrema destra, rischiano di realizzarsi, se si insiste ad affrontare con metodi del passato problemi nuovi. La terza è l’unica opzione praticabile. Ma occorre che qualcuno raccolga l’appello di Draghi ad affrontare secondo il principio di sussidiarietà, con una politica fiscale comune europea, i problemi nuovi per i quali il livello dello stato nazionale si dimostra inadeguato. In particolare riguardo ai temi dell’ambiente, delle migrazioni, della sicurezza europea, delle catene di approvvigionamento, dell’energia.

Sfide che testimoniano l’urgenza di intervenire per migliorare la capacità di agire dellEuropa al suo interno e nel mondo come uno dei poli in cui si articola la politica mondiale, in spirito di collaborazione/competizione con tutti – tutti – gli altri poli.

L’altra priorità emersa dal convegno di Tempi Nuovi è quella di cercare risposte alla crisi della classe media. Anche questa sfida va affrontata in una dimensione insieme territoriale, nazionale, comunitaria e internazionale. Occorre saper cogliere il cambio di paradigma in corso nel sistema economico internazionale nel quale vi sarà molto meno spazio per la speculazione finanziaria e conteranno di più il lavoro, l’economia reale, la convertibilità della moneta in beni reali. I ceti medi, colpiti da una globalizzazione sbilanciata a favore degli interessi di pochi, hanno tutto da guadagnare dall’affermazione del multilateralismo e di un ordine economico più equo ed umano.

La sfida della sussidiarietà da cui dipende il futuro stesso dell’Ue, e la sfida di una minore disuguaglianza, di ridare centralità economica e ruolo politico adeguato ai ceti medi, sono ragioni più che sufficienti per motivare una lista unitaria dei Popolari italiani alle Europee. Partire dai problemi, per cambiare l’Europa. Un messaggio concreto che può fare breccia anche in un elettorato disilluso ma capace benissimo di cogliere la differenza tra stallo per autoreferenzialità e vera progettualità politica. Un’operazione che, se riuscisse, a 80 anni dal Codice di Camaldoli darebbe il senso concreto della fecondità e dell’attualità della cultura politica del popolarismo.