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AMARE CONSIDERAZIONI ALL’INDOMANI DEL PRIMO FEMMINICIDIO DELL’ANNO APPENA INIZIATO.

Il 2023 è iniziato male: una giovane donna è stata uccisa dal suo compagno. Ormai, guardando le statistiche annuali, su 70/100 casi ascrivibili a femminicidio, emerge l’assoluta normalità della vita di questi uomini che uccidono.

Il 2023 è iniziato male: una giovane donna è stata uccisa dal suo compagno. Ormai, guardando le statistiche annuali, su 70/100 casi ascrivibili a femminicidio, emerge lassoluta normalità della vita di questi uomini che uccidono.

Elisabetta Campus

Non è stata una bella Befana per noi donne, una di noi il giorno prima è morta; ammazzata dal suo compagno per un motivo conosciutissimo: lui non voleva essere lasciato. A volte prende lo sconforto nel comprendere che sono solo i primi giorni dell’anno è già il primo femminicidio si è  compiuto. Lo scorso anno non  è  andata meglio: il primo femminicidio si è consumato il 6 gennaio, una donna di 72 anni soffocata dal marito che poi si è impiccato. Quest’anno la donna è una giovane di 23 anni, il compagno le ha sparato e poi si è sparato.

Una prima riflessione, superata l’amarezza, è chiedersi cosa siano diventati i nostri compagni, quale corto circuito sociale, educativo e personale si è messo in moto e come mai non accenna a fermarsi. Perché ormai, guardando le statistiche annuali, su 70/100 casi ascrivibili a femminicidio, emerge l’assoluta normalità della vita di questi uomini che uccidono. Come assolutamente normale appare la prevalente motivazione: l’insicurezza forte unita alla rabbia sorda per essere lasciati, per una decisione di chiusura della vita insieme presa dalla compagna. E questa insicurezza/rabbia scoppia improvvisa sia che la compagna la si conosca da mesi, anni o, appunto, da una vita insieme.

Ognuno vede maturare la propria personalità nel contesto familiare e scolastico. Sono i due momenti di vita sociale nelle quali s’impara a conoscere/riconoscere i propri limiti e quelli della convivenza con gli altri. Qui deve essere la radice di quel corto circuito emozionale che scatena la rabbia e la spinta a eliminare fisicamente l’altro. Allora, è giunto forse il momento di metterci mano con precise azioni di formazione che partano dalla scuola per l’infanzia fino a salire, e non abbandonino mai i giovani uomini e le giovani donne, pensando che aver formato e informato sia già sufficiente.

Poi dovremmo interrogarci sullo sdegno pubblico che non cresce adeguatamente, restando confinato nella patologia dell’evento criminale e perciò, in quanto tale, contrario alla legge e alla morale. Il femminicidio ha l’attenzione del momento e delle successive statistiche, ma non arriva a sollevare il nostro sdegno collettivo. Oppure, più semplicemente, non riteniamo che il femminicidio violi la nostra morale comune al punto da farci insorgere. Ma se così fosse abbiamo un problema di civiltà e di morale, di valori comuni su come debba essere nel profondo il rapporto uomo/donna e donna/uomo. Lo abbiamo lasciato nella dimensione del privato, fino a quando non è esploso nel sociale.

Eppure, quando su questo blog ragioniamo dell’identità di cattolici democratici che hanno al centro del loro ragionamento politico l’essere umano, dimentichiamo che questo “uomo ideale” sta presentando dei lati oscuri, inimmaginabili pochi decenni fa, e che solo una chiara e forte presa di posizione nel definirne i contorni può essere la risposta a una possibile innovazione civile, volendo di tipo moderato, che la società italiana sembra ricercare negli ultimi tempi. Questi uomini che uccidono le loro compagne non ci piacciono e lo diciamo ad alta voce senza paura, perché non solo distruggono la loro famiglia, ma anche quella di ciascuna di noi, e di voi tutti.

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