Maledizione di un aforisma. Quarant’anni dopo, quando si pensa alla politica di Giulio Andreotti sulla riunificazione della Germania, è immediato il riferimento alla famosa battuta che l’allora ministro degli esteri pronunciò nell’agosto del 1984 partecipando a una Festa dell’Unità: “Amo tanto la Germania che preferisco ce ne siano due”. In realtà la battuta non era di Andreotti, ma dello scrittore francese François Mauriac che l’aveva detta anni prima ai tempi di De Gaulle: lo statista democristiano (che peraltro, di calembour fu produttore prolifico) la fece propria e da allora quel motto di spirito gli rimase appiccicato e Andreotti finì con il diventare un nemico della Germania unita (un’arma davvero a doppio taglio per il divo Giulio quella di far ricorso spesso al linguaggio della gente comune, fatto anche di battute ironiche: capace di metterlo in sintonia con il pubblico meno smaliziato, ma finendo a volte con il banalizzare o fuorviare un pensiero politico ben più complesso).
In realtà le cose stanno in maniera molto diversa: nel 1984 la battuta di Andreotti testimoniava uno stato d’animo generalizzato fra i governi occidentali dell’epoca. Parlare di riunificazione della Germania significava non tanto suscitare antichi fantasmi di pangermanesimo ancora vivi in una generazione di politici europei che aveva sofferto la guerra e l’occupazione nazista. Soprattutto, l’idea stessa di Germania unita minacciava di mettere in discussione i precari equilibri fra Est o Ovest faticosamente raggiunti con gli Accordi di Helsinki e bloccare sul nascere il difficile processo di distensione fra i due blocchi del quale una condizione era stato, per l’URSS, il rispetto dei confini territoriali consolidatisi dopo la guerra (di cui la divisione della Germania era elemento essenziale).
Ma con il modificarsi della situazione internazionale, la glasnost di Gorbaciov in Unione Sovietica e la radicale trasformazione degli scenari europei culminata con la simbolica caduta del Muro le cose cambiarono profondamente e l’Andreotti delle “due Germanie” assunse un ruolo-chiave (parola di Gianni De Michelis) per sbloccare una situazione di difficile stallo fra le aspirazioni unitarie di Kohl e le resistenze di diversi paesi della -allora- Comunità europea. Alla fine del 1989, Andreotti era in prima linea nel favorire la riunificazione della Germania nel quadro della costruzione della unione politica e monetaria europea
Ed Helmut Kohl, che con amarezza aveva accolto le parole di Andreotti dell’84, avrebbe consolidato rapporti di sempre più stretta collaborazione politica e affettuosa relazione personale con l’”amico Giulio”.
Su tutto questo gli storici e i commentatori stanno ormai facendo chiarezza. Come è accaduto in un convegno internazionale svoltosi a Urbino per iniziativa del Centro di studi politici Giulio Andreotti e della Università Carlo Bo in collaborazione con l’Istituto Luigi Sturzo e con la Fondazione Konrad Adenauer. Gli atti dell’incontro verranno presentati a Roma, nella sede del Senato, venerdì 17 novembre alle 11.
Tema del convegno di Urbino: “Giulio Andreotti ed Helmut Kohl: la riunificazione della Germania. Lezioni per oggi”. Per la prima volta a distanza di un quarto di secolo dai fatti, si sono confrontati studiosi e protagonisti degli eventi che trasformarono la Germania e l’Europa in quella stagione breve ma vorticosa che andò dalla caduta del Muro di Berlino alla proclamazione della della Germania riunificata.
Storici come gli italiani Varsori e Scarano e i tedeschi Schlie e Hoeres accanto a politici come gli ex presidenti del Consiglio Amato e D’Alema e a ex ministri in quel momento particolarmente vicini ad Andreotti come Cirino Pomicino e Mannino, o come l’ex ministro della difesa tedesco Jung. Di grande interesse inoltre la testimonianza dei diplomatici che affiancavano i leader di allora: Vattani che era il consigliere diplomatico di Andreotti, Zoellick rappresentante di Bush, Bitterlich consigliere di Kohl, Adamishin ambasciatore dell’URSS a Roma, de Margerie consigliere di Mitterrand, Powell consigliere di Margaret Thatcher, Blackwill, assistente speciale di Bush.
Un dibattito di prima mano i cui atti costituiranno una documentazione preziosa per gli storici dell’Europa.