Appello a Calenda e Renzi, soltanto uniti daremo forza al Centro.

L’analisi del “caso Italia” - un mix di contraddizioni - ci avvicina ad Azione e Italia Viva, senza annacquare con ciò la specificità del nostro popolarismo. Ad esso, certamente, intendiamo rimanere fedeli.

Talvolta, come capita a Calenda e Renzi, prevale la diffidenza. È un vero peccato, si sprecano occasioni irreperibili. Abbiamo detto e ripetuto per quale ragione non ci piace l’Italia del bipolarismo. Radicalizzare il confronto politico, con l’illusione di produrre una benefica semplificazione, si è rivelato un errore micidiale. Anni dopo, ordinato il sistema in senso maggioritario, non si vedono risultati positivi: ancora stiamo indietro, nei valori economici, rispetto alla crisi del 2007. La politica è diventa più povera, come più povera è la società civile.

L’analisi del “caso Italia” ci porta a convergere con Renzi e con Calenda, senza annacquare con ciò la specificità del nostro popolarismo. Ad esso rimaniamo fedeli perché sinceramente persuasi della forza creativa che ne preserva la capacità di orientare pensiero ed azione nella realtà contemporanea. È l’unica dottrina politica che resiste al naufragio delle ideologie del Novecento. Tenere insieme sensibilità affini ma diverse è un’impresa comunque impegnativa, per questo deploriamo l’incomprensibile rottura tra Italia Viva e Azione. Nessuno è in grado di spiegare ciò che è accaduto negli ultimi mesi, se non facendo ricorso a ragioni esterne alla politica. Agli elettori che cercano un’alternativa non si risponde con litigi e  contumelie, dando aggio a tattiche e riposizionamenti personali, ora di qua e ora di là, sotto il tendone di una politica ridotta a circo. Ci rifiutiamo di inseguire tali movimenti sperando di riportare il confronto sul piano della politica delle idee e del confronto costruttivo. Serve una tregua operosa, serve un nuovo appello.

E allora? Proviamo, per quanto ci riguarda, a lanciare un messaggio chiaro. La nostra alternativa non è andare al centro, ma partire “dal centro” per ridare spinta, energia e convinzione a un Paese che patisce la dialettica tra questa destra e questa sinistra, simili nell’impronta radicale. Gli aggettivi per “colorare” tale centro non mancano, sebbene valga per tutti quello che meglio indica il carattere di mobilitazione: l’aggettivo “dinamico”. Dobbiamo e vogliamo investire sul fattore innovativo di un processo politico. Certo, con passione e intelligenza; certo, pure con valori ben identificabili; ma nell’orizzonte di una scelta che dia il senso del cambiamento. Non a caso abbiamo deciso di chiamarci “Tempi Nuovi”.

In Europa esistono ancora  tracce indelebili della originaria vocazione federativa dei grandi democratici cristiani: De Gasperi, Schuman, Adenauer. Questa vocazione si persegue mantenendo in vita, e quindi rinnovando, la collaborazione tra Ppe, Pse e Renew Europe. Noi, aderendo al Partito Democratico Europeo (Pde), intendiamo rafforzare l’elemento democratico cristiano che opera nella formazione neo-centrista (quella rappresenta, appunto, dalla coalizione di Macron). Non siamo infatti socialisti, ma nemmeno popolari conservatori. Sarebbe incoerente una collocazione diversa da quella del Pde, già forte della presenza dei democristiani del Partito Basco (PNV) e dei centristi progressisti francesi di Bayrou (MoDem). Siamo in buona compagnia.

Ecco, dunque, che ritrovarci tutti nel medesimo raggruppamento europeo – per altro Renzi e Calenda questa scelta l’hanno fatta già per tempo, anche se Calenda ha preferito ultimamente trasferirsi dal Pde all’Alde, i due pilastri di Renew Europe – rende ancora più incomprensibile una divisione in vista delle elezioni del prossimo anno. Non possiamo permettercelo, l’elettorato non esiterebbe a punire una prova di evidente irresponsabilità e inconcludenza. Nessuno deve essere forzato, ma tutti devono agire con senso del dovere, sapendo quale partita delicata di sta giocando. Una speranza vive se a crederci sono anzitutto i suoi propugnatori, specie in questo tempo di confusione e incoerenza. Prendiamo coraggio, uniti siamo forti e anche liberi. Ai nostri padri lo disse niente meno che De Gasperi.