L’Argentina va oggi alle urne per eleggere un nuovo presidente con l'(ex) outsider Javier Milei favorito al primo turno. Questi, candidato dell’ultradestra antisistema è accreditato del 30% delle preferenze; con il 29% lo insegue il delfino dell’uscente Alberto Fernandez, Sergio Massa, mentre la candidata della destra più tradizionale, Patricia Bullrich, raccoglierebbe solo il 20% dei voti.
A votare sono chiamati 35,8 milioni di argentini: i seggi apriranno alle 8 del mattino e chiuderanno alle 18, con i primi risultati attesi non prima delle 21 ora locale (le 2 di notte in Italia).
In base ai sondaggi, è ritenuto probabile che non ci sarà un’elezione al primo turno, dato che in base alla legge elettorale un candidato ha bisogno di una percentuale del 45%, oppure del 40% con dieci punti di margine sul secondo classificato, per evitare il ballottaggio.
Milei, in un secondo turno tutt’altro che ipotetico (che si svolgerebbe il 19 novembre), sembra avere il posto assicurato nel caso di confronto diretto con Massa. Invece la Bullrich, poco incisiva nei due dibattiti fra i candidati, paga una campagna elettorale condotta in maniera alquanto indecisa. Per questo sembrerebbe fuori dai giochi, anche se il voto dei suoi sostenitori finirebbe con l’essere decisivo nel ballotaggio.
Milei, economista ultraliberale di 52 anni, è comparso in televisione nel 2016 catalizzando il dibattito politico con dichiarazioni anti-sistema spesso estreme (tipo: la vendita di organi umani può costituire un settore in più del mercato). Le sue posizioni radicali, compresa una forte opposizione all’aborto, sono percepite come attacchi al sistema e alla ‘casta’ del potere, da cui il forte seguito elettorale.
Massa ha dalla sua la polarizzazione fra destra e sinistra, su cui Milei ha basato tutta la sua politica e che al momento gli sta dando ragione; di contro, quando il candidato antisistema parla di “sinistri” l’immagine nella mente degli elettori non è certo quella di Bullrich, e quindi potrebbe finire col mobilitare la base più progressista a favore del candidato governativo. Di fatto, anche se il profilo dell’elettore di Milei è ancora incerto data la novità del fenomeno, è di certo schierato tendenzialmente a destra, per cui l’effetto globale potrebbe essere quello di rubare voti al fronte anti-kirchnerista di Bullrich, ma non alla sinistra.
Bullrich ha invece basato la propria campagna elettorale sui valori tradizionali della destra conservatrice argentina: economia e sicurezza, precisamente i dossier su cui il governo uscente – di cui Massa era il titolare delle Finanze – si è dimostrato, per usare un eufemismo, meno brillante.
Nei primi sette mesi dell’anno l’economia ha fatto registrare una contrazione dell’1,8%, ma la preoccupazione principale degli argentini rimane l’iperinflazione arrivata al 138,3% a settembre (su un anno) e che secondo le stime della banca Centrale argentina dovrebbe raggiungere il 180,7%, il dato più alto dalla crisi del 1989-90.
Il tasso di disoccupazione di poco superiore al 6%, uno dei più bassi degli ultimi decenni, non vale a migliorare la situazione perché l’erosione del potere di acquisto comporta che anche chi lavora finisce col far parte di quel 40% della popolazione classifcata come povera.
Nei due dibattiti fra i candidati Massa ha peraltro rivendicato il suo lavoro all’interno dell’esecutivo (in sostanza, scaricando le colpe dell’inflazione e della disoccupazione sul precedente governo di Mauricio Macrì) di fronte a una Bullrich apparsa incerta, mentre Milei si è dedicato ai suoi slogan preferiti – come la dollarizzazione dell’economia – guardandosi bene dal presentare ricette concrete.
Verosimilmente saranno quindi Milei e Massa a contendersi l’approdo alla Casa Rosada, con l’economia e l’inflazione come arbitro: perciò l’interrogativo è quanto gli elettori argentini siano disposti a fidarsi delle idee anticasta ma piuttosto nebulose di Milei, che ieri si è concesso un ultimo
bagno di folla concluso al grido di “Viva la liberatd, carajo!”.
Fonte: Notiziario askanews