Avatar, intelligenza artificiale e persino una morte a rischio. 

I meccanismi si affineranno e si avranno risposte sempre più pertinenti e decisive per la propria condotta. “Specchio, specchio delle mie brame” è stata l’anticipazione di ciò che si sta profilando.

È tempo di intelligenza artificiale. Non se ne capisce ancora molto ma già quel tanto per rendersi conto che è materia su cui piaccia o meno occorrerà sgrugnarsi. Dall’iceberg di un tema così scottante affiorano intanto due aculei che pungono ormai costantemente il dibattito di esperti e di gente comune.

La prima riflessione è l’impatto che questa nuova tecnologia avrà banalmente sul mondo del lavoro. Vengono fuori cifre contradditorie e inevitabili contrapposizioni tra quelli che gridano alla opportunità di nuove forme di occupazione ed altri che lanciano l’allarme per quanta gente resterà piuttosto per strada licenziata dal giorno alla notte, sostituita dal nuovo infernale marchingegno sfornato dalla scienza.

C’è poi una riflessione in corso nel campo dell’etica e siamo solo all’inizio di domande e di risposte che verranno presto superate da un più veloce aggiornamento della tecnologia che richiederanno ulteriori sforzi di cervice e di cuore.

Per adesso possiamo accontentarci di dire che intelligenza sta per leggere dentro, in profondità, la capacità di scavare per quanto possibile per afferrare una verità.

Artificiale è parola che si presta invece ad una doppia lettura. Viene da artificio. Non è soltanto una maestria nell’operare ma anche una astuzia per ottenere un risultato. È anche un espediente, un modo innaturale di condursi pur di risolvere una faccenda.

Già i computer si sono affermati come una comoda scorciatoia per mille procedure che prima richiedevano più tempo, manualità e destrezza. Ora siamo in presenza di qualcosa in più.

Siamo di fronte ad un moderno Oracolo di Delfi che fa risparmiare ore preziose a chi cerca risposte immediate, così guadagnandosi soluzioni istantanee ed evitando di spremersi il cervello. Anche in cucina si preferiscono cibi precotti e pronti all’uso piuttosto che sporcarsi le mani con più ingredienti per confezionare un piatto più o meno uguale nel risultato.

Si potrebbe temere una atrofia della mente, una progressiva debolezza di indagine del pensiero che per velocità e praticità demanda alla tecnologia la soluzione di questioni correnti con impatti significativi, ad esempio, nel mondo del lavoro.

L’uomo contemporaneo preferisce ormai delegare che fare in proprio. In sé la cosa non assume necessariamente valenza negativa. Verrebbe però da chiedersi come impiegherà poi il tempo che avrà a disposizione quando i suoi impegni si ridurranno al minimo consentito.

Su un altro fronte il metaverso ci precipita in una realtà virtuale. Un avatar ha una vita parallela, autonoma e non per forza coincidente con l’originale. Siamo ancora ad una replica di un me stesso trasferito in un’altra dimensione che si agita secondo il capriccio del padrone. Verranno fuori programmi che emanciperanno dalla passiva obbedienza l’avatar che troverà forme di autonomia, fino a renderlo completamente indipendente e forse anche in contrapposizione a chi gli ha dato vita. Ci si chiederà poi se è legittimo che un uomo possa un giorno decidere di uccidere il suo avatar ribelle o se per questo possa correre il rischio di andare sotto processo.

Di converso, in una relazione di stampo diverso, ci si potrà chiedere se, prima della sua morte fisica, un uomo possa disporre di eliminare ogni traccia passata del suo caro e fedele amico avatar in modo che non resti nulla della sua presenza virtuale. Si potrebbe andare avanti per molti altri interrogativi a cui mettere mano. Si dovrebbe stabilire, ad esempio, se si è responsabili delle azioni delittuose del proprio avatar e così via.

Con l’intelligenza artificiale si è fatto un passo avanti. Non si tratta solo di una sorta di doppione con cui avere a che fare o da eliminare, se possibile, ad eventuale comando. C’è una sapienza a cui poter attingere come fosse fonte miracolosa.

I meccanismi si affineranno e si avranno risposte sempre più pertinenti e decisive per la propria condotta. “Specchio, specchio delle mie brame” è stata una felice anticipazione di ciò che si sta profilando in tempi rapidissimi, che incalzano il nostro quotidiano con impressionante irruzione.

Anche qui in agguato il pericolo di una etica da affinare a puntino prima di pericolosi sbandamenti. L’intelligenza di cui trattiamo godrà per certo di una sua libertà, potrà dare luce ai quesiti che le saranno rivolti secondo parametri del tutto arbitrari fondati sull’apprendimento dei dati che corrono sul web e qualche altro parametro del genere.

Il suo potrebbe essere un potere di influenza passibile di poter essere messo, in ipotesi, sotto accusa da un tribunale che ne verifichi un errore o una indicazione non perfettamente in linea con la coscienza umana.

Potrebbe essere anche un alibi per imputare non direttamente a se stessi le scelte fatte, felicemente garantiti da un giustificazionismo tecnologico. Una guerra viene mossa sulla base di una analisi, delle informazioni di cui si è in possesso, finalmente demandata alla moderna tecnologia. Potrebbe accadere che una intelligenza programmata su dati di maggioranza o minoranza, gradualmente, affinandosi, legga il male come un bene perché quantitativamente più frequente e più in sincrono con il mondo attuale.

Ne verrebbe fuori un’etica alternativa su cui misurarsi. Ne potrebbero nascere nuove religioni e nuovi credo. Un’ altra etica potrebbe dire la sua, spiazzando con forza secoli di radicati convincimenti. Ancor più l‘intelligenza, a richiesta di un eventuale interessato, potrebbe usare violenza emulando uno stile di pensiero e riproporlo senza che la fonte d’ispirazione ne sia d’accordo.

La vicenda dello sciopero del mondo del cinema in USA ne è un segno lampante. Scrittori, sceneggiatori, potremmo ora aggiungere scrittori, giornalisti e chiunque altro sia professionalmente impegnato in una attività creativa si sono opposti ad una intelligenza in grado sfornare nuovi testi che abilmente riportano lo stile del loro genitore, forse anche superandolo in bravura e soppiantandone il mestiere.

Potrebbe essere così con la stampa in 3D per le opere d’arte o per altre opere d’ingegno. Siamo di fronte ad uno scenario dove si copierà e si creerà di tutto di più, un mondo di pseudo falsari in piena regola che accontenteranno un mercato che guarda alla facilità di produzione e consumo e non alla fedeltà di un marchio. Per rimediare si dichiarerà con onestà che ci si è espressamente richiamati allo stile di questo o quello e sia pace tra gli ulivi. Siamo su linee di confine assai labili e simili a pericolose sabbie mobili.

Non è finita. Un autore potrebbe reclamare il diritto alla propria estinzione, esprimendo il desiderio che nessuno possa cimentarsi replicandone il modo di scrittura o di disegno o di quant’altro ancora. Perdesse la contesa, la morte sarà uccisa, condannata a soccombere contro una vita virtuale perpetua, indifferente ad un corpo invece senza respiro.

Per opposto, fosse accolta la pretesa dell’autore, la morte del proprio avatar o del proprio pensiero potrebbe essere sofferta assai più grandemente di quella della vita reale, come quest’ultima fosse ormai di secondo grado. Le due morti potrebbero entrare in competizione confondendo ancor più le acque.

Nel 1963 il film dal titolo “Il servo” propone la trama di un domestico, Hugo Barret, che subdolamente afferma la sua volontà di dominio sul padrone. Molto prima nel 1929 Eduardo De Filippo scrive “Sik Sik e l’artefice magico” dove una serie di infortuni mettono alla berlina l’arte di un mago smascherandone la drammatica inconsistenza.

Nel film “Ultime 2 ore” il protagonista, tra mille difficoltà, riesce a portare in tempo un testimone di giustizia in tribunale per accertare una verità.

Dopo 36 ore di ultimo confronto, quasi per il rotto della cuffia, l’Europa ha tirato fuori in questi giorni il primo Regolamento al mondo sulla intelligenza artificiale. È solo la prima tappa di molte altre che probabilmente seguiranno. Speriamo bene.