Così diceva John Stuart Mill un po’ di tempo fa: “È vero che non condanniamo più a morte gli eretici, e che l’insieme delle sanzioni penali, che la sensibilità moderna probabilmente sarebbe in grado di tollerare anche contro le opinioni più pericolose, non è sufficiente a estirpare queste ultime. Ma non rallegriamoci di essere ormai liberi anche dalla macchia della persecuzione legale. Esistono ancora sanzioni legali contro le opinioni, o perlomeno contro la espressione di opinioni, e la loro applicazione, anche nel nostro tempo, non è così priva di esempi da rendere del tutto impensabile che un giorno tali sanzioni potranno essere ripristinate in tutta la loro forza’’.
Il conflitto tra la libertà di espressione e quella del reato di opinione si presta ad un dibattito eterno tra giuristi, specie in una società civile attenta a garantire la manifestazione di pensiero di ogni cittadino.
Qualche giorno fa è morta Barbara Balzerani, una leader delle Brigate Rosse dell’epoca, mai pentita per ciò che ha fatto. Alla notizia, Donatella Di Cesare, la docente di filosofia teoretica alla Università La Sapienza di Roma, ha commentato: “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna”.
Alla prima avvisaglia delle critiche piombate a censura delle sue parole ha rimosso dal web il suo pensiero, motivandolo con un “moto di vicinanza generazionale”.
La Teoretica è quella disciplina indirizzata al senso della conoscenza e per tale una riflessione non meriterebbe di essere ritratta al primo vento di polemica. Quando si è maturato un convincimento è bene avere la coerenza di sostenerlo pagandone semplicemente il prezzo. Questa è la prima lezione che un docente dovrebbe dare anzitutto a se stesso oltre che ai propri studenti.
Quella della Di Cesare è la traduzione di una posizione che richiama una antica ambiguità. “Né con lo Stato né con le Brigate Rosse” era una terza posizione negli anni di piombo, rimproverando ai terroristi una via sbagliata per il successo di una idea, di fondo condivisa, a cui andrebbe contrapposta però una strada diversa sulla quale condursi. Insomma, questioni di tattica e strategia piuttosto che dissociazione dello spirito.
La compagna Luna non ha rinnegato il suo passato, ancorata ad una rivoluzione avente per compagna indissolubile una scia di morte che non ha prodotto nulla se non tragedie nelle famiglie delle vittime innocenti.
È stata costretta nel continuare a credere in quella impresa, trascurandone il totale insuccesso, per non riconoscere che la società non era con loro.
Il popolo non si è affatto sollevato contro il potere dell’epoca, ma si è invece mobilitato per arginare il bagno di sangue di cui lei è stata protagonista insieme ad altri visionari feroci, muniti della pretesa di conoscere, loro sì, la verità da propinare alla massa inconsapevole e dormiente.
È stata obbligata a cementare le gesta della sua vita ad una storia letta mai considerando la realtà dei fatti che dicevano altro.
Forse, a bruciare, l’incubo e il sospetto mai ammesso neanche nel loro intimo – alla faccia della loro libertà – che fossero stati solo carne di manovra di ben altri mondi che li gestivano da bravi burattinai.
Incaponirsi è stato il solo modo per non riconoscersi dei falliti. La sua non è stata una luna luminosa ma una macchia di dolore del nostro paese.
Il rettore dell’Università “La Sapienza” ha reso una dichiarazione molto netta dissociandosi dalle parole della Di Cesare ed anche il mondo politico non ha indugiato nel condannare l’accaduto. Viene però il dubbio che tutto questo non possa o non debba bastare.
Se il reato d’opinione, come si legge, “consiste nella manifestazione di un’opinione aggressiva dell’altrui sfera morale, ovvero non rispettosa dei parametri costituzionali previsti in tema di libertà di pensiero”, allora si dovrà fare un passo avanti oltre il ripudio di certe espressioni.
Di cattivi maestri ne abbiamo avuto fin troppi e non sempre rigorosi tra quanto proclamato ed il coraggio di assumersene le responsabilità. Tony Negri è un’altra stella che per questo non ha brillato. Siamo di fronte a delle conseguenze diverse da quelle dell’amore che hanno dato titolo a un film di qualche tempo fa.
Se, come ci auguriamo, la Di Cesare non ha commesso in senso stretto un reato, può darsi che ci sia un Codice Etico dell’Università che possa provvedere a separare il percorso della Docente da quello della struttura dove impartisce lezioni.
Ciò che resterebbe incomprensibile è far finta di nulla. La pagina del terrorismo e della sua ideologia proposta con armi in mano, non è una “vie en rose” sulla quale possono camminare insieme attivisti di allora e simpatizzanti di oggi che tacitamente si dicono nell’ultima strofa “Tu per me, ed io per te, Per la vita…. E dal momento che lo percepisco, Allora sento in me, Il cuore che batte”. Ai morti, per violenza brigatista, non batte più nulla.