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mercoledì, 10 Dicembre, 2025
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Usa, il National Defence Act, "il freno" al ritiro dall’Europa

Roma, 9 dic. (askanews) – Va al voto in settimana negli Usa Il National Defense Authorization Act (NDAA) , la legge annuale del Congresso degli Stati Uniti che stabilisce le politiche, autorizza le spese e fissa le priorità per il Dipartimento della Difesa. E’i un documento cruciale che plasma la postura militare, di sicurezza e di politica estera americana per l’anno a venire. Il testo del NDAA per l’anno fiscale 2026, pubblicato domenica sera, è frutto di un compromesso bipartisan e pronto per il voto finale. E mette nero su bianco posizioni ‘di compromesso’ su capitoli cruciali come la presenza militare in Europa, introducendo un limite al possibile ridimensionamento del numero di militari stazionati o schierati sul Vecchio Continente, una sorta di freno di emergenza rispetto alle tentazioni di ritiro dall’Europa che sembrano coltivate da Donald Trump e soprattutto dal suo entourage MAGA, il vicepresidente J.D. Vance in prima linea. Complessivamente, autorizza una spesa di circa 900,6 miliardi di dollari e si concentra sul rafforzamento dell’agenda “Peace Through Strength” dell’amministrazione Trump, incorporando molte delle sue direttive esecutive mentre taglia i programmi di diversity e inclusione nel Pentagono.

Uno degli aspetti più importanti, anche dal punto di vista europeo, riguarda gli impegni internazionali degli Stati Uniti. Per l’Europa, il Congresso – se viene approvata la legge – introduce vincoli stringenti per prevenire un disimpegno unilaterale. Il testo proibisce infatti al Dipartimento della Difesa di ridurre il numero di militari americani in Europa al di sotto delle 76.000 unità per più di 45 giorni, a meno che il Pentagono non certifichi al Congresso che gli alleati NATO siano stati consultati e che tale ritiro sia nell’interesse della sicurezza nazionale americana. Inoltre, la legge blocca esplicitamente qualsiasi tentativo del Comandante USA in Europa di cedere il titolo di Supreme Allied Commander Europe (SACEUR), il comando supremo della NATO, quindi mette un freno legislativo a qualsiasi riduzione del ruolo di leadership americana nell’Alleanza Atlantica.

Per quanto riguarda l’Ucraina, il NDAA 2026 mantiene una linea di sostegno, seppur simbolica e ridotta rispetto agli anni precedenti. Vengono autorizzati infatti 400 milioni di dollari per il 2026 e altrettanti per il 2027 nell’ambito della Ukraine Security Assistance Initiative (USAI), fondi destinati alla produzione di nuove armi da parte dell’industria americana per le forze di Kiev. Questo stanziamento, sebbene limitato rispetto alle immense esigenze belliche ucraine, rappresenta un segnale politico del Congresso che vuole tenere aperto un canale di assistenza militare e segnalare che il supporto americano, anche in un contesto di incertezza politica, non è del tutto finito. La legge contiene importanti disposizioni di politica estera, come la piena abrogazione delle sanzioni sulla Siria. In questo si allinea a una precisa direttiva dell’amministrazione Trump, pur imponendo all’esecutivo rapporti semestrali di certificazione sull’azione delle nuove autorità di Damasco, che ieri hanno celebrato il primo anniversario della caduta del regime di Bashar al Assad.

Il testo include il “Comprehensive Outbound Investment National Security Act of 2025”, una consistente sezione che mira a limitare gli investimenti americani in Paesi avversari, in particolare la Cina, in settori tecnologici sensibili che potrebbero potenziare le loro capacità militari

Il documento contiene inoltre ampie disposizioni tecniche che vanno dagli acquisti pluriennali di nuovi sistemi d’arma come portaerei e sottomarini, a riforme dei processi di acquisizione, fino a significativi investimenti nelle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, la biotecnologia e la guerra spaziale e cibernetica, riflettendo la centralità della competizione tecnologica nella strategia di difesa moderna. Insomma, il NDAA 2026 è uno strumento legislativo che cerca di bilanciare le spinte dell’amministrazione Trump per un cambiamento di rotta nelle politiche di difesa – come la fine dei programmi di diversity e l’allentamento delle sanzioni – con la volontà del Congresso di preservare un ruolo forte e impegnato degli Stati Uniti sulla scena mondiale, soprattutto in Europa.

Alcune tra le disposizioni più controverse (come la ridenominazione del Dipartimento di Difesa in “Dipartimento della Guerra” sono state eliminate, anche per garantire i voti necessari per il passaggio in un Congresso con una maggioranza che rischia di essere molto risicata.

Il risultato del voto non è scontato, ma il NDAA ha una lunga tradizione di ampio sostegno bipartisan, ed è stato approvato per 64 anni consecutivi. Le leadership del partito repubblicano e democratico lavorano di solito per assicurarne il passaggio, nonostante le polemiche su singole disposizioni. Il testo riflette anche l’intento di non recidere il legame di supporto con l’Ucraina, pur nel contesto politico profondamente mutato che vede il presidente Trump fare forti pressioni sulla leadership ucraina affinché accetti le condizioni russe per poter dichiarare una tregua. Compreso il ritiro dalle parti della oblast di Donetsk che i russi non controllano e che si dichiarano determinati a conquistare, in alternativa, continuando la guerra.

Libri, esce "4 Campanellini": una favola magica di Max Laudadio

Roma, 9 dic. (askanews) – TS Edizioni pubblica, anche in edizione e-book, un nuovo libro della Collana “Gli Aquiloni – Grandi autori per piccoli lettori”: 4 campanellini, di Max Laudadio, con illustrazioni di Miriana Viero, libro ad alta leggibilità. “Ciao bambini, mi chiamo Zia PIPPI! Amo passare le mie giornate a leggere storie fantastiche a tutti i bimbi curiosi e simpatici, e non c’è niente che mi diverta di più che vederli sorridere. Oggi vi voglio raccontare quella dei Quattro Campanellini, perché ha un finale inaspettato, colmo di amore e… tanta magia”.

Scrive Max Laudadio, volto noto della tv, in apertura del libro: “Cari mamma e papà, e tutti coloro che si troveranno tra le mani questo libretto, ho scritto questa favola perché me lo ha chiesto la Zia PIPPI che, insieme a N.I.D.A Onlus – CuoriEroi per Bambini Eroi, va in giro a raccontare storie magiche in ogni luogo in cui bambini hanno bisogno di conforto. Lei è una donna speciale, non solo perché riesce a far parlare il suo cuore, trasformando i suoi sentimenti in parole accoglienti e consolatorie, ma anche perché è riuscita a tramutare il suo dolore e la sua paura in pura allegria. Leggete questa favola ai vostri bambini e vi renderete conto quanto per loro possa diventare importante, ma chissà forse lo potrà essere anche per voi. Perché molto spesso la fantasia è più potente della realtà. Ah dimenticavo, la Zia PIPPI è la mia sorellina”.

4 Campanellini è una favola magica che apre le porte a un mondo di sogni, coraggio e amore, dove anche le difficoltà si trasformano in opportunità di gioia. Ambientata in un ospedale in cima al Monte Amore, la storia racconta di Geraldino, un bimbo dal cuore grande che scopre, grazie a un misterioso folletto, il potere magico di quattro campanellini: il primo porta allegria, il secondo invita al silenzio, il terzo dona coraggio e il quarto sprigiona amore. Con l’arrivo di un’amica speciale e la dolce guida di Zia PIPPI, che narra con tono saggio e divertente, ogni nota diventa un invito a guardare il mondo con il cuore.

Una lettura che scalda l’anima di grandi e piccoli, regalando la forza di sognare e la magia di trasformare le lacrime in sorrisi. Le illustrazioni di Miriana Viero danno colore a parole intense ed emozioni difficili.

“Gli Aquiloni, grandi autori per piccoli lettori” è una collana narrativa di libri per bambini firmati dai più accreditati autori per l’infanzia del panorama italiano e internazionale e racconta emozioni, avventure, misteri e mondi fantastici in una collana di racconti a misura di bambino accompagnati dalle tavole a colori di famosi illustratori per un primo approccio alle questioni importanti del “diventare grandi”. Grandi firme di ieri e di oggi raccontano storie emozionanti, curiose, fiabesche, storie che, sulle ali della fantasia, aiutano i piccoli a vivere meglio la loro realtà. Oltre al rigore dei contenuti, la collana si caratterizza per l’attenzione alla qualità dell’illustrazione e per l’impegno educativo attento alle problematiche sociali.

Il testo è stato impaginato con TestMe, una font “libera”, work in progress, basata sui principi del Design for All e sulle ricerche nell’ambito della dislessia a cura dei professori Luciano Perondi e Leonardo Romei.

Alleanza strategica tra Renault e Ford: 2 nuove auto elettriche per Europa

Roma, 9 dic. (askanews) – Il gruppo Renault e Ford hanno annunciato una partnership strategica storica volta ad ampliare l’offerta di veicoli elettrici Ford ai clienti europei, “migliorando significativamente la competitività di entrambe le aziende nel panorama automobilistico europeo in rapida evoluzione”.

“Un pilastro di questa collaborazione – spiega una nota – è un accordo di partnership per lo sviluppo di due distinti veicoli elettrici a marchio Ford. I nuovi modelli saranno basati sulla piattaforma Ampere, sfruttando le solide risorse e la competitività del gruppo Renault nel settore dei veicoli elettrici, e saranno prodotti dal gruppo Renault nel nord della Francia, a dimostrazione delle capacità produttive e dell’esperienza ‘all’avanguardia’ di ElectriCity di Ampere.

“Progettate da Ford e sviluppate con il gruppo Renault, le due auto saranno caratterizzate da dinamiche di guida distintive, un autentico Dna Ford ed esperienze intuitive. Segnano il primo passo di una nuova offensiva di prodotto completa per Ford in Europa. Il primo dei due veicoli è previsto negli showroom all’inizio del 2028”.

Oltre alla collaborazione sui veicoli elettrici, il gruppo Renault e Ford hanno anche firmato una lettera d’intenti per una collaborazione europea sui veicoli commerciali leggeri. In base a questa lettera di intenti, i partner esploreranno l’opportunità di sviluppare e produrre congiuntamente veicoli commerciali leggeri (Lcv) selezionati a marchio Renault e Ford.

La Commissione Ue ha avviato un’indagine su Google riguardo all’uso dei contenuti online per l’AI

Milano, 9 dic. (askanews) – La Commissione europea ha avviato un’indagine Antitrust formale per valutare se Google abbia violato le norme della Ue in materia di concorrenza utilizzando i contenuti degli editori web, nonché i contenuti caricati sulla piattaforma di condivisione video online YouTube, per scopi di intelligenza artificiale.

L’indagine, spiega Bruxelles, esaminerà in particolare se Google stia distorcendo la concorrenza imponendo condizioni inique agli editori e ai creatori di contenuti o concedendosi un accesso privilegiato a tali contenuti, mettendo così in una posizione di svantaggio gli sviluppatori di modelli di IA concorrenti.

Google: Ue avvia indagine per utilizzo contenuti online per AI

Milano, 9 dic. (askanews) – La Commissione europea ha avviato un’indagine Antitrust formale per valutare se Google abbia violato le norme della Ue in materia di concorrenza utilizzando i contenuti degli editori web, nonché i contenuti caricati sulla piattaforma di condivisione video online YouTube, per scopi di intelligenza artificiale.

L’indagine, spiega Bruxelles, esaminerà in particolare se Google stia distorcendo la concorrenza imponendo condizioni inique agli editori e ai creatori di contenuti o concedendosi un accesso privilegiato a tali contenuti, mettendo così in una posizione di svantaggio gli sviluppatori di modelli di IA concorrenti.

Blair escluso dal Board of Peace del piano Trump per Gaza

Roma, 9 dic. (askanews) – L’ex premier britannico Tony Blair è stato escluso dalla lista dei candidati per il “Board of peace” previsto dal piano di pace del presidente americano Donald Trump per la Striscia di Gaza, a fronte delle obiezioni mosse da diversi stati arabi e musulmani. E’ quanto riporta il Financial Times citando fonti al corrente della questione.

Era stato lo stesso presidente americano a indicare Blair nel Board of Peace quando presentò il suo piano in 20 punti per porre fine alla guerra tra Israele e Hama.

Un alleato dell’ex premier britannico ha tenuto a precisare che il “Board of peace sarà composto da leader mondiali in carica e ci sarà un comitato esecutivo più ristretto al suo interno”, in cui dovrebbe sedere Blair insieme all’inviato Usa per il Medio Oriente, Steve Witkoff, al genero di Trump, Jared Kushner, e ad altri alti funzionari dei paesi arabi e occidentali. Il comitato esecutivo, non menzionato nel piano di pace, verrà creato come parte della struttura di governo postbellica e dovrebbe avere funzioni di coordinamento tra il Board of peace e il comitato tecnico palestinese incaricato della gestione quotidiana della Striscia di Gaza.

Secondo il Ft, il comitato esecutivo sarà guidato dall’ex inviato Onu e ministro della Difesa bulgaro Nickolay Mladenov. Il diplomatico bulgaro, oggi alla guida dell’Accademia Diplomatica Anwar Gargash di Abu Dhabi, è stato inviato speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente tra il 2015 e il 2020, spesso agendo da mediatore tra Israele e Hamas.

Ucraina, gli Usa fanno pressioni su Zelensky perché accetti il piano di pace (con la cessione del Donbass)

Roma, 9 dic. (askanews) – Gli Stati Uniti stanno premendo sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky perchè accetti il piano di pace del presidente Donald Trump. Lo hanno detto due funzionari ucraini riferendo al sito Axios del colloquio telefonico di due ore avuto dal leader ucraino lo scorso fine settimana con i negoziatori Usa, Steve Witkoff e Jared Kushner.

Un funzionario ha sostenuto che il piano Usa sarebbe peggiorato dal punto di vista di Kiev, dopo l’incontro di Witkoff e Kushner con il presidente russo, Vladimir Putin, la scorsa settimana al Cremlino. La stessa fonte ha detto che nel corso della telefonata i due negoziatori Usa sembravano volere un chiaro “sì” da Zelensky al piano di Trump: “Sembrava che gli Stati Uniti stessero cercando di venderci in modi diversi il desiderio russo di prendere l’intero Donbass e che gli americani volessero che Zelensky accettasse tutto nel corso della telefonata”. La telefonata si è tenuta dopo tre giorni di colloqui a Miami tra Witkoff e Kushner e i negoziatori ucraini. Un funzionario ucraino ha spiegato che la proposta americana al centro dei colloqui prevede condizioni peggiori per Kiev, rispetto alle versioni precedenti, su questioni come il territorio e il controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhia, e lascia irrisolte questioni importanti sulle garanzie di sicurezza: “Ci sono questioni importanti sul territorio che devono essere discusse in maniera più approfondita: chi controlla cosa, chi rimane dove, chi si ritira e, se l’Ucraina si ritira dalla linea di contatto, come assicurarsi che la Russia faccia lo stesso e non continui i combattimenti”. Tuttavia, ha aggiunto la fonte, gli Stati Uniti sembravano aspettarsi che Zelensky accettasse semplicemente per telefono.

Ieri, al termine dell’incontro a Londra con i leader di Regno Unito, Germania e Francia, Zelensky ha dichiarato alla stampa che l’Ucraina e i paesi europei presenteranno oggi agli Stati Uniti una controproposta.

Ucraini ed europei stanno anche discutendo di garanzie di sicurezza. Secondo un funzionario europeo sentito da Axios, non sarebbe ancora chiaro quale ruolo gli Stati Uniti siano disposti a svolgere.

Quando l’insegnamento non è un lavoro per giovani…

Il concorso che non finisce mai

Con la giornata di venerdì 5 si è conclusa la prima fase del concorso per docenti a cattedra, il terzo a valere sui fondi PNRR finanziati dall’Europa. Come nei due precedenti, sono previste due prove – una scritta, con i famigerati test a crocette e una orale – o tre – per gli indirizzi che prevedono anche una prova pratica – più una valutazione dei titoli di insegnamento. Il precedente concorso, il PNRR2 era stato travagliato da un errore nella formulazione di un quiz che aveva costretto un sesto dei candidati a sostenere una prova integrativa. Ma anche per il PNRR3 – nel comparto scuola primaria – si paventano ricorsi e contestazioni che potrebbero, qualora avessero seguito, invalidare le prove o ritardare le tempistiche del concorso.

Domande senza programma, in totale discrasia con i percorsi universitari

Ad oggetto delle prove scritte, domande sulle teorie psico-pedagogiche, sulle metodologie didattiche, sulla normativa ministeriale ed europea, sulle competenze digitali, senza alcuna banca dati di riferimento per i candidati (quindi senza un programma definito su cui prepararsi) e in totale discrasia rispetto al percorso formativo universitario dei docenti della scuola secondaria (laureati in lettere, lingue straniere, scienze, matematica etc.).

Abilitarsi: un ulteriore investimento di tempo e denaro

Intanto, facendo un passo indietro, vediamo che l’impervio percorso per diventare insegnanti inizia ben prima delle prove concorsuali. Qual è l’iter da seguire per diventare oggi docenti di scuola secondaria in Italia? Dopo la laurea triennale e magistrale nelle discipline curriculari (lettere, matematica, inglese etc.), è necessario conseguire l’abilitazione, un corso di 60 cfu, erogato dalle università, su materie psico-pedagogiche e con una parte di tirocinio obbligatorio. Un altro anno di formazione, quindi, al modico costo, in media, di 2000€. E se si vuole abilitarsi in più di una classe di concorso (mettiamo italiano per il liceo e per le medie) allora i percorsi di abilitazione sono due, i 60 e i 30 cfu, e il costo chiaramente sale. Tutto a fronte della retorica, diffusa nel nostro paese, che vuole l’insegnante animato dal fuoco sacro della passione. Eppure, sembra che accanto alla sehnsucht romantica, siano necessarie agli aspiranti docenti ben altre facoltà, fra tutte tempo e denaro. Per un giovane che si confronta con i colleghi europei e vede il proprio stipendio più basso in alcuni casi della metà (vedi Lussemburgo e Germania) e nessuna possibilità di carriera tolti i sottili scatti di anzianità, la prospettiva è piuttosto demotivante.

Professioni ad accesso diretto? Altrove…

D’altronde la precarietà dell’ingresso nel mondo del lavoro è una condizione, in diverse forme, comune a tanti laureati italiani. A ben vedere, le lauree che abilitano direttamente alla professione sono poche, e afferiscono quasi tutte all’ambito sanitario, in cui la possibilità di sostenere l’esame di stato è contestuale al conseguimento della laurea e non richiede un tempo di formazione aggiuntivo. Per altri lavori – professori, avvocati, magistrati etc. – dopo la pergamena, il percorso è ancora lungo e oneroso, tra tirocini extracurricolari gratuiti e corsi abilitanti. Questo dato non solo rappresenta uno squilibrio, ma si inserisce nel quadro più ampio della difficoltà del nostro paese a valorizzare il talento e il capitale umano delle nuove generazioni, con percorsi lunghi, costosi e un ritardo nell’immissione della forza giovanile nel mondo del lavoro.

Una possibile riforma: lauree professionalizzanti e prove coerenti

Ora, tornando al caso degli insegnati, non sarebbe più opportuno ripensare il percorso universitario magistrale come professionalizzante e abilitante alla carriera? Immaginare una laurea biennale in “Didattica del …”, progettata e strutturata secondo le competenze necessarie a chi vuole insegnare, inserendo anche il tirocinio nelle scuole – che così diventerebbe curriculare e non una forma di lavoro gratuito dei laureati? L’iter diventerebbe più equo, senza altri anni da ipotecare ad un lavoro futuro e senza costi che inevitabilmente gravano sulle spalle delle famiglie. E, a voler essere proprio “audaci”, si potrebbero immaginare prove concorsuali sulla base di quello che effettivamente si è studiato durante il proprio percorso di laurea…

Tutela delle donne, libertà dell’intimità e rischio di deriva giuridica sul corpo

Un passo avanti contro la violenza di genere

La Legge 2 dicembre 2025, n. 181 – approvata all’unanimità – ha finalmente normato misure serie per fronteggiare la dolorosa piaga del femminicidio, un delitto vergognoso e per troppo tempo sottostimato, al fine di contrastare la dilagante violenza di genere. Ci si chiede come tolleranza, ricerca di attenuanti, omissioni, denunce inascoltate, silenzi complici e impunità abbiano così a lungo ritardato questo provvedimento che non risolverà il problema perché (come dice Vittorino Andreoli) la volontà di distruzione aggrava odio e senso di possesso fino a connotare il gesto omicida, ma potrà costituire un deterrente se ci sarà certezza e severità della pena.

A condizione che non si ripetano atteggiamenti di indulgenza, procrastinamento e rinvio dei casi o cervellotici provvedimenti giudiziari di clemenza che hanno finito spesso per uccidere due volte le donne vittime. La prevenzione è sempre la strategia efficace ma in caso di reato la punizione dovrà essere inflessibile e senza sconti. Troppe vittime hanno già pagato con la vita, troppe famiglie sono state lacerate da un dolore insostenibile, sovente senza ottenere piena giustizia.

Il passo in avanti è significativo e postula una precoce e diffusa pedagogia del rispetto verso le donne, a cominciare dall’educazione scolastica e dalla sensibilizzazione dell’opinione pubblica, espungendo senza remore coperture e connivenze. La partita quindi non è chiusa: i sentimenti negativi e distruttivi albergano sempre nell’animo umano e ci sarà ancora chi sfiderà il cupio dissolvi pur di ottenere vendetta, ostentazione di possesso, scarico di pulsioni efferate e criminali.

Ma se ne apre un’altra: nelle famiglie, nelle scuole, nella società per fare appello alla coscienza e alla scelta del bene e della vita, unico argine alla violenza di genere.

La seconda sfida: il consenso libero e attuale”

Contemporaneamente – come in una sorta di furore legislativo che voglia emendare errori e colpevoli trascuratezze – il parlamento sta esaminando un progetto di legge volto a tutelare il consenso in entrambi i partner nel compimento di un rapporto sessuale (art. 609/bis C.P., approvato alla Camera e fermo al Senato).

Anche questo problema esiste da sempre e dipende in larga parte dalla cultura tramandata e praticata nei contesti sociali, dai condizionamenti religiosi e – ancora una volta – dal rispetto altrui che passa anch’esso dalla coscienza di ogni singola persona. Riguarda l’intimità matrimoniale e di coppie di fatto, eterosessuali o omosessuali: l’intendimento è quello di prevenire abusi e sottomissioni, atti di violenza, rapporti carpiti contro l’altrui volontà, coercizioni estorte in stato di minorata difesa o di incapacità di intendere e volere, o peggio in danno criminale di minori.

La prima stesura del testo di legge prevedeva che il consenso fosse reciproco, libero e attuale e questi postulati appaiono decisamente incontestabili.

La presunzione dinnocenza e lhabeas corpus

Tuttavia – approfondendo – ci si accorge che eventuali comportamenti scorretti (rapporti non consenzienti, imposti con la forza o negati) devono essere dimostrati come fraudolenti.

In assenza di testimoni (la giurista A.M. Bernardini De Pace suggerisce ironicamente la presenza di una terza persona che osservi la liceità dei comportamenti di coppia) occorre dimostrare il vero. Ma i requisiti di libera adesione, consenso e attualità appaiono fragili, poiché in punto di diritto ci si ispira al principio della preventiva innocenza mentre accogliere per vera un’accusa (magari infondata e da dimostrare) comporta l’inversione dell’onere della prova.

“Non sono io che devo dimostrare la mia innocenza ma tu che devi portare prove della mia colpevolezza”. Un principio che risale alla Magna Carta del 1215, art. 39, e che si ritrova in tutte le Costituzioni dei Paesi liberi e civili: “Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, spossessato della sua dipendenza, della sua libertà o libere usanze, messo fuori dalla legge, esiliato, molestato in nessuna maniera, o mai si procederà contro di lui o si manderà qualcuno a farlo se non in virtù di un giudizio legittimo dei suoi pari e secondo la legge del paese”.

Ciò richiama il principio di origine anglosassone del cosiddetto habeas corpus: originariamente consisteva nel condurre una persona davanti a un giudice, per dimostrare la fondatezza o meno delle accuse.

Il suo scopo principale era di proteggere i cittadini da accuse inventate o peggio arresti arbitrari e illegittimi, fornendo uno strumento per difendersi e garantendo che la privazione della libertà personale avvenisse solo nei casi e modi previsti dalla legge.

Principio poi inglobato nei codici penali dei Paesi civili del mondo.

Libertà, attualità e il difficile confine del diritto nellintimità

Sulla libertà di adesione ad un atto consenziente non ci sono dubbi: se non è un sopruso estorto, si immagina un rapporto spontaneo (addirittura nel matrimonio un dovere coniugale), persino istintivo, voluto, cercato, condiviso appunto.

Sul concetto di attualità il ripensamento riguarda il venir meno del consenso, l’interruzione di un atto iniziato: perché sia “attuale” deve rispettare la volontà di entrambi in tutta la sua durata.

Ma è possibile immaginare la parcellizzazione temporale e cronologica di un rapporto fisico di intimità solo se viene a mancare il consenso iniziale a fronte di degenerazioni comportamentali riprovevoli o al venir meno di condizioni emotive favorevoli: difficile dimostrarlo se non a fronte di evidenze palesi.

Si pensa che questi requisiti di libertà e attualità siano puntualizzati a tutela della donna e a vincolo e controllo per l’uomo: anche qui siamo di fronte ad un ribaltamento concettuale e fisico della prova, spesso sono le donne che prendono l’iniziativa e non si può “pregiudizialmente” pensare al maschio come attaccante-persecutore, attizzatore di incendi passionali che si trasformano in atti di coercizione nel “fare” e nell’insistere.

Intimità, conflitti, pregiudizi e responsabilità condivisa

Nelle separazioni di coppia si evidenziano tradimenti, doppiezze, inganni ed erotismo estremizzato tanto in capo agli uomini quanto alle donne. Dobbiamo sgombrare il campo da “pregiudizi di genere” se si vuole ottenere il “rispetto di genere”.

Bisogna peraltro evitare che una relazione amorosa – in tutti i suoi impliciti anche fisici – diventi motivo di rivalse, ripicche, speculazioni da ambo le parti.

Colpevolizzare in modo preconcetto il genere maschile addebitandogli senza prova comportamenti non conformi a questo nuovo “codice etico dei rapporti sessuali” significa condizionarlo a priori, privarlo di motivazione dove anche il desiderio gioca la sua parte, renderlo un soggetto paradossalmente debole, defedato, incline ad una sorta di impotentia coeundi.

Dovremmo perlustrare sotto le lenzuola per avere conferma che il consenso libero e attuale sia rispettato? Se ci sono abusi vanno denunciati: sarà il giudice di fronte a cui l’imputato o l’imputata si presenteranno a decidere, all’evidenza delle prove.

Ci sono casi di macroscopica violenza e coercizione ma ci sono anche situazioni di intimità che vanno rispettate e liberate da fobie e censure di colpe inesistenti.

 

Sesso, demografia e libertà: una questione culturale

Culle vuote e calo demografico non vanno imputati solo al debito pubblico che frena i concepimenti e le nascite: la criminalizzazione preconcetta dell’atto sessuale è un deterrente che inibisce persino un contatto fisico, come una carezza o un bacio.

Ricevendolo a colloquio anni fa, un illustre accademico del Cairo mi espose una teoria che riferisco nella sua neutrale e asettica narrazione:

“L’Islam si espanderà nel mondo perché genera figli, voi occidentali praticate una concezione peccaminosa e morbosa del sesso, siete pieni di remore, sensi di colpa, paure…”

Mi venne subito in mente quel film di Marco Ferreri dove un uomo correva sulla spiaggia gridando: “Ho generato, ho generato! Il seme dell’uomo ha germogliato”. Come si fosse trattato di un miracolo biologico.

Il 59° Rapporto Censis appena presentato riferisce al contrario di un Paese dove la gente e i giovani cercano il sesso come fonte di appagamento e soddisfazione, riferendo una deriva di “edonismo liberato dalle antiche censure”.

Nello scandaglio dei dati e delle percezioni raccolte forse questa rappresentazione emerge più come desiderio che come fattualità.

 

Lintimità come dono reciproco

Credo che vada restituita alla coppia la sua intimità senza che il legislatore susciti pruriti morbosi di analisi logiche e illogiche di pertinenza e liceità.

E all’avvocatessa Bernardini De Pace che – con ragione – in una trasmissione TV paventava il de profundis del testosterone potremmo rispondere con la battuta di un film:

Nella scena di un probabile rapporto consumato, al compiacimento della compagna – “Sei il più grande amatore che abbia avuto” – Woody Allen rispondeva: “Forse dipende dal fatto che mi alleno molto da solo”.

Trovo più aderente all’ordine delle cose, se il consenso esiste per entrambi e passa dalla mente e dal cuore, dalla passione e dal sentimento, il dialogo finale del capolavoro di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut.

In un mondo dove tutto diventa patologico e oggetto di screening non sempre pertinenti, dove i social sono i pedagogisti del bon ton, cerchiamo invece di educare ad un concetto basilare: l’atto sessuale deve essere parte, componente di una relazione amorosa, espressione fisica di un sentimento.

Sesso e amore vanno riscoperti come “dono” reciproco, consensuale e libero, come aspetto di una relazione umana.

Lasciando fuori dalla stanza pregiudizi e colpe che nella maggior parte dei casi non ci sono.

Per sopportare la fatica di vivere dobbiamo liberarci della paura di amare.

Il cattolicesimo sociale, la Cisl e i leader della sinistra sociale

Una cultura che non può essere rimossa

C’è un filo rosso che lega, in modo quasi inscindibile, la storia, la tradizione, la cultura e il pensiero del cattolicesimo sociale con la storia e l’esperienza concreta della Cisl e il ‘magistero’ pubblico dei principali leader, statisti ed esponenti pollici di questo filone ideale.

Ora, e alla luce di questa stretta correlazione, è indubbio che si tratta di una cultura politica, sociale e anche etica che non può essere banalmente rimossa o, peggio ancora, archiviata. Certo, al contrario della concreta esperienza della Cgil e della cultura della sinistra ex e post comunista, non c’è affatto una sovrapposizione di piani che erano e restano autonomi, e né, tantomeno, alcun collateralismo. Ma, comunque sia, si tratta di una cultura che adesso quasi si impone.

Recuperare una tradizione necessaria

Al riguardo, credo sia anche un dovere morale, nonchè politico, recuperare una tradizione e una cultura che non possono e non devono essere archiviati o puramente consegnati alla narrazione delle seppur importanti Fondazioni culturali o archivi storici. E questo non solo perchè è riesplosa una nuova e drammatica ‘questione sociale’ nel nostro paese ma per la semplice ragione che il pensiero cattolico sociale è necessario per la qualità della nostra democrazia e, soprattutto, per una efficace e riformista azione di governo.

Una tradizione ben presente nel vasto, articolato e composito associazionismo cattolico di base, che assume una valenza quasi statutaria nel tradizionale ‘sindacato bianco’, cioè la Cisl, ed è necessario nella cittadella politica italiana. Cioè nei partiti, nei movimenti e nei rispettivi schieramenti politici.

Uniniziativa politica mirata

Ma per potere centrare questo obiettivo adesso si rende anche necessaria una iniziativa politica mirata, chiara e netta. Pur senza immaginare la costruzione di nuovi partiti soggetti politici, diventa quantomai importante che questo pensiero trovi cittadinanza nei diversi, ed autonomi, campi di impegno. Nella cultura come nel sindacato, nella politica come nella stessa area cattolica. Piani diversi e distinti, come ovvio, ma comunicanti nella misura in cui c’è un comune quadro valoriale che li unisce e li rende omogenei nella costruzione di un orizzonte temporale.

La lezione dei leader della sinistra sociale

Ed è proprio su questo versante che si rende anche necessaria la rilettura e la riscoperta della concreta esperienza politica dei grandi leader della sinistra sociale di ispirazione cristiana. Tanto nella prima quanto nella seconda repubblica. Una esperienza, questa, e al di là di qualsiasi tentazione nostalgica o passatista, che potrebbe e dovrebbe anche favorire un rinnovato protagonismo dei cattolici nella vita pubblica del nostro paese.

Un triplice impegno per il futuro

Insomma, la riscoperta del cattolicesimo sociale si intreccia strettamente con la salvaguardia e il rilancio della specificità e dell’originalità della Cisl nel panorama sindacale italiano da un lato e di una concreta esperienza della sinistra sociale di ispirazione cristiana dall’altro.

Un triplice impegno che si può declinare ad una sola condizione. E cioè, che questa tradizione secolare non rinunci, per motivazioni legate alla mode contingenti e di piccolo cabotaggio, alla sua storica originalità e alla sua antica specificità.

Giappone e Cina, un periodico rapporto conflittuale

Una rivalità che torna ciclicamente

Non è la prima volta, nella storia moderna, che Cina e Giappone inaspriscono il loro rapporto di vicinato. Oltre alle attuali motivazioni geopolitiche, e oltre alle considerevoli differenze culturali e istituzionali fra i due paesi, anche il più recente passato induce a osservare la situazione odierna con molta attenzione e qualche preoccupazione.

Corea, Formosa e un impero in ascesa

Sul finire del XIX° secolo, era il 1894, la causa di un conflitto che degenerò in una breve guerra fu la Corea, area geografica, al tempo sotto protettorato cinese, contesa fra le due potenze dell’epoca: una emergente, quella giapponese; l’altra, quella cinese, erede di un’antica civiltà era governata in quegli anni dall’ultima dinastia imperiale che, in seguito anche alla sconfitta subìta, sarebbe crollata pochi anni dopo, nel 1911, ad opera di Sun Yat-sen e della sua nuova repubblica.

L’accordo di pace segnò un fatto decisivo il cui riverbero osserviamo ancora oggi: l’isola di Formosa (la “bella isola” dei passati colonizzatori portoghesi) venne ceduta al Sol Levante e ne divenne una colonia. Convinti di poter imporre la propria egemonia nell’Asia orientale i giapponesi avviarono così una politica espansionista che li condusse – dopo una guerra vinta contro la Russia, che a sua volta aveva mostrato interesse verso la penisola coreana, e dopo la partecipazione vittoriosa nella Prima Guerra Mondiale a fianco delle potenze dell’Intesa – ad annettere la Manciuria cinese nel 1931 e successivamente a una nuova guerra contro la Cina, nel 1937. Una volontà espansionista che spinse il Giappone a commettere il fatale errore di Pearl Harbor, solo quattro anni più tardi. Pertanto, quando Cina e Giappone accendono il confronto è bene restare svegli.

Takaichi e lo spettro di Taiwan

La neo premier Sanae Takaichi può darsi abbia peccato di inesperienza, nell’affermare in chiaro, con linguaggio poco diplomatico, che un eventuale attacco cinese a Taiwan costituirebbe una minaccia per il Giappone. Ma ha espresso una preoccupazione reale dettata da una considerazione effettuale: Taiwan dista 150 Km dall’isola più meridionale dell’arcipelago nipponico. Riemergono così antichi spettri, superando 80 anni vissuti all’insegna della non militarizzazione e di una tutela interamente appaltata all’alleato statunitense. Le “Forze di Autodifesa” potrebbero in quel caso – ha detto Takaichi – venire attivate a sostegno di Taiwan.

Non unimprovvisazione

Ma forse c’è qualcosa di più, e l’inesperienza c’entra poco o niente. Anche perché stiamo parlando non certo di una politica improvvisata o troppo giovane per il ruolo occupato. Tutt’altro.

La sua biografia, oltre ad un interessante trascorso in qualità di batterista in una band heavy metal (e una passione, condivisa con chi estende questa nota, per gli Iron Maiden), illustra la carriera di una esponente di rilievo della corrente più nazionalista del partito liberaldemocratico al potere da sempre. Sessantaquattro anni, ministra più volte, è stata una pupilla dell’ex premier Shinzo Abe (assassinato nel luglio 2022 durante un comizio), che aveva avviato un processo di innovazione della Costituzione pacifista e di incremento della spesa militare riportando l’esercito del Sol Levante a livelli di potenza importanti e, essendosi sviluppato negli ultimi anni, di estrema modernità.

Iron Lady del Sol Levante

Takaichi ama gli Iron Maiden ed è a sua volta chiamata Iron Lady, esponente di una linea più radicale e di destra nel partito liberaldemocratico con una volontà di ferro, appunto, nel rafforzare l’assertività regionale del Giappone, contenendo così sul piano interno la concorrenza crescente del partito ultranazionalista Sanseito e dell’altra formazione di destra Nippon Ishin.

La sua è un’idea revisionista della linea ritenuta eccessivamente autocritica sull’imperialismo storico giapponese e da questa considerazione deriva il suo essere favorevole alla revisione dell’articolo 9 della Costituzione, trasformando le “Forze di Autodifesa” in vere e proprie Forze Armate. Coerente con questo obiettivo è l’aumento della spesa militare al 2% del PIL, previsto nel programma di governo.

Lantica ostilità si riaffaccia

Quindi l’affermazione fatta in relazione a Taiwan non è stata un’improvvisazione. Al fondo, riemerge l’antica e non dimenticata ostilità nei confronti della Cina. Ricambiata dal Dragone, oggi con una forza assai maggiore di quella d’un tempo.

Quello che però Takaichi forse non ha considerato con l’attenzione che meriterebbe è il rapporto di alleanza con gli USA. Fortissimo sin qui, incrementato di recente (proprio da Shinzo Abe) con l’alleanza militare QUAD con Stati Uniti, Australia e India stretta proprio in funzione anticinese.

Esponente di una destra radicale che vede in Trump un proprio punto di riferimento, potrebbe scoprire che il suo idolo non è poi così tanto amico perché America First si sta rivelando sinora un problema innanzitutto per gli alleati tradizionali di Washington. E infatti, quando ha parlato al telefono con Xi Jinping, pochi giorni dopo la frizione emersa fra Tokyo e Pechino, il tycoon si è ben guardato di farne cenno al suo collega cinese.

Nulla è più certo, con questo Presidente degli Stati Uniti.

La luce di un inizio: riflessioni sull’Immacolata Concezione

Oggi, 8 dicembre, la Chiesa celebra l’Immacolata Concezione: un mistero di grazia che illumina l’origine di ogni vita.

Nel dogma proclamato da papa Pio IX con la Ineffabilis Deus (1854), Maria è riconosciuta libera dal peccato originale. Non perché estranea alla nostra condizione umana, ma perché in lei la grazia trova uno spazio pienamente disponibile. È il segno discreto di ciò che l’umanità può diventare quando si lascia raggiungere dalla redenzione di Cristo.

L’Immacolata non è un modello irraggiungibile. Maria fu preservata dal peccato in vista della missione del Figlio; la grazia la precede perché possa accogliere il Verbo. La sua purezza non cancella la storia, ma la riconcilia: mostra che la fragilità, quando non si chiude in sé, può rimanere permeabile alla luce. È quella misura “umile e alta più che creatura” che non esalta, ma apre il cuore.

In un tempo in cui l’inizio appare spesso come semplice dato biologico o terreno incerto, questa festa ricorda che per la fede ogni origine è incontro, chiamata, promessa. La Grazia del Signore, operante in Maria fin dal concepimento, indica una direzione: l’umano è fatto per ritrovare, nella sua libertà, ciò che in lei appare già compiuto.

Il tratto forse più toccante dell’Immacolata è proprio questo: ricordare che nessuno è consegnato alle proprie ombre. All’inizio di ogni vita c’è uno sguardo che precede, una fiducia che sostiene prima ancora che la coscienza si apra. Maria rivela che il bene non è solo meta faticosa, ma sorgente da cui siamo generati. E davanti a questo mistero – che non pretende di spiegare, ma si offre come luce – accade qualcosa di raro: il cuore si distende, il respiro si calma, e l’anima intuisce, anche solo per un istante, di essere stata pensata nella bellezza e chiamata a compierla.

L’Immacolata ci ricorda che all’origine di ogni vita c’è una promessa che precede e invita a camminare verso la nostra salvezza.

Keynes e la pace: le democrazie non cedano alle autocrazie

(…)

National Self-Sufficiency è uno degli scritti più belli di Keynes e certamente tra i più problematici. Il tema di fondo attraversa buona parte della produzione di Keynes tra le due guerre mondiali e fino a Bretton Woods e oltre. Come possono le democrazie – atteso che la Grande Guerra e la Grande Crisi del 1929 ne hanno sconvolto le strutture – continuare ad assicurare adeguati livelli di benessere evitando che i loro cittadini cedano alla fascinazione delle autocrazie, alla loro bellicosa retorica e alla loro brutale violenza? E sul piano pratico delle scelte di politica economica: devono le democrazie sia pur temporaneamente convertirsi al protezionismo? Se sì, in quale misura e per quali scopi? Si legga per esempio il suo Proposals for a Revenue Tariff del 1931.

Più in generale, quale è l’equilibrio tra l’apertura al commercio e alla finanza internazionale e il perseguimento di certi legittimi obiettivi sociali? Sono le domande di oggi, e non a caso sono le stesse attorno alle quali ruota il lavoro di economisti come Branko Milanovic (che nel suo ultimo libro conia l’espressione “national market liberalism”, come estremo paradossale tentativo delle grandi potenze di conciliare globalizzazione esterna e sovranità interna) o Dani Rodrik (come conciliare democrazia, globalizzazione e sovranità nazionale? Il suo celebre “trilemma”). E più in generale: quale sistema favorisce la pace? Quello aperto, quello chiuso o quello regolato?

Il primo biografo di Keynes, Roy Harrod, ha scritto che nel 1933 questi “era giunto alla conclusione che la caccia ai mercati e agli investimenti esteri fosse contraria alla pace”. Se ne trova una chiara eco nel capitolo 24, paragrafo 4, della Teoria generale(1936): “Ho accennato di passaggio – scrive Keynes – al fatto che il nuovo sistema potrebbe, più del vecchio, favorire la pace”.

Quel paragrafo, che è un imprestito da National Self-Sufficiency, andrebbe oggi riletto, perché il mondo non può reggersi su tre neomercantilismi l’uno contro l’altro puntati: quello dei dazi americani, dell’export cinese, dei surplus europei. “La guerra, scriveva Keynes, ha molte cause”. Come conciliare cooperazione internazionale, piena occupazione e scambi aperti? Sarebbe già tanto se ricominciassimo a credere di nuovo in questi obiettivi, a fissarli come mèta.

(…)

N.B. L’incontro si terrà alle ore 18.30 in via di Sant’Anna.

La conoscenza come imprescindibile risorsa della politica

Conoscenza superficiale e conoscenza che si radica

In un importante saggio per il progetto di ricerca “Le conseguenze del futuro” il Prof. Ermanno Bencivenga, Docente di Filosofia all’Università della California, aveva evidenziato come in una società complessa, attraversata dall’esigenza del conoscere quale requisito indispensabile per ogni progettualità futura, occorra distinguere tra la conoscenza che circola nel web, per sua natura fondamentalmente transeunte, veloce, mutevole e per ciò stesso finta, sfuggente e ingannevole e quella che si sedimenta negli apprendimenti tradizionali, che richiedono pazienza, ascolto, studio e sacrificio.

La prima è una forma di conoscenza proposizionale che potremmo definire know-that mentre la seconda conduce ad una tipologia di apprendimenti consolidati che si traducono in abilità e competenze, ciò che siamo soliti definire come know how.

Inutile dire che per chi voglia incidere nei mutamenti e nelle trasformazioni della nostra realtà esistenziale, a cominciare dal livello che pertiene alla politica, risulta assai più interessante la seconda della prima.

 

La tentazione della democrazia virtuale”

Non per tutti ad onor del vero: c’è infatti chi sostiene che la democrazia del futuro non avrà più bisogno delle istituzioni tradizionali per funzionare poiché sarà sostituita gradualmente da forme di partecipazione virtuali, dove si dissolveranno i corpi intermedi di rappresentanza per consentire al cittadino di intervenire in modo diretto sulla realtà.

Senza preoccuparsi del fatto che le relazioni personali, la sedimentazione di una cultura ricevuta, consolidata e tramandata, appresa e insegnata, lo stesso corpo sociale potrebbero essere sgretolati da una congerie di dissolvenze incrociate, senza centro e senza periferie, dove si assisterebbe probabilmente ad un trionfo del relativo e di soggettività solipsistiche, un universo globalizzato nel quale gli individui sarebbero monadi isolate tra solitudini incomunicabili.

Competenza e responsabilità: un binomio necessario

Il tema della conoscenza risulta dunque fondamentale in una società complessa, attraversata da una pluralità di interpretazioni, specialmente se rapportato all’esigenza della politica di definire modelli istituzionali e sociali in cui posizionare e ricomporre le molteplici contraddizioni del presente, in una deriva di transizione che richiede chiarezza di intenti e lungimiranza progettuale.

Dalla mutevolezza e dalle incertezze dell’hic et nunc (che il Prof. De Rita liquida tout court come “presentismo asfissiante”) emerge una duplice esigenza per qualsivoglia ipotesi di gestione della società del futuro e – al suo interno – degli stili di vita e dei comportamenti individuali: quella della competenza e quella della responsabilità.

Senza questa coesistenza intrinseca potremmo avere demiurghi caricati di responsabilità ma privi delle necessarie competenze originate dalla conoscenza o – viceversa – esperti saturi di competenze ma deprivati del saper fare, del saper agire, del saper gestire.

Una tassonomia da recuperare

Alla politica del nostro tempo, spesso ricca di parole, frasi a effetto, promesse ed effetti speciali ma orfana di ‘competenze utili’ spendibili in ‘responsabilità necessarie’, sarebbe utile ripercorrere l’intera tassonomia di Benjamin Bloom, solitamente applicata nell’ambito degli apprendimenti: conoscenza, comprensione, applicazione, analisi, sintesi e valutazione.

I professionisti della politica dovrebbero farlo per imparare ed utilizzare un metodo collaudato che riesca a sostanziare di senso un progetto di governance e un modello di società: obiettivi che vanno spiegati con chiarezza per non cadere nell’improvvisazione dannosa o nel limbo incerto dell’indefinito sistematicamente emendabile o rinviabile.

Calenda e il ruolo trasformativo del sapere

Carlo Calenda, persona di spessore culturale e politico di rango, sembra aver compreso questa necessità, che diventa compito e impegno da realizzare.

Idee chiare, formulate in modo sintetico e riassuntivo, comprensive delle esigenze colte dalla lettura della realtà e possibili basi di partenza per un riposizionamento politico che si ponga come alternativa concreta ed esperibile ai populismi e ai sovranismi emergenti, pena l’inazione lungo un lasso di tempo insostenibile per un radicale cambiamento nella direzione della ripresa e dello sviluppo.

Calenda ha ben compreso, infatti, che l’alternativa al presente può realizzarsi solo attraverso un deciso ricambio della classe dirigente: per questo sostiene da tempo che la conoscenza debba essere utilizzata come principale agente di cambiamento. Sostiene Calenda:

“Serve un piano contro analfabetismo funzionale. Partendo dalla definizione di aree di crisi sociale complessa dove un’intera generazione rischia l’esclusione sociale. Estensione del tempo pieno a tutte le scuole. Programmi di avvio alla lettura, lingue, educazione civica, sport per bambini e ragazzi. Utilizzo del patrimonio culturale per introdurre i bambini e i ragazzi all’idea, non solo estetica, di bellezza e cultura. E’ nostra ferma convinzione che una liberal democrazia non può convivere con l’attuale livello di cultura e conoscenza. L’idea di libertà come progetto collettivo deve essere posta nuovamente al centro del progetto di rifondazione dei progressisti”.

Pensiero critico come metodo

Introdurre il tema della “conoscenza” in un progetto di crescita e sviluppo del Paese significa acquisire un metodo basato sull’uso del pensiero critico. Non è poco per un Paese abituato ai luoghi comuni, dove la politica da tempo gioca al ribasso culturale.

L’educazione nello spirito salesiano è la prima forma di giustizia sociale

 Un incontro che cambia la storia

L’8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione, è una delle festività più importanti della Chiesa cattolica. Una data significativa nel calendario liturgico ma anche un momento simbolico per la storia dell’impegno dei cattolici nella società italiana.

Proprio l’8 dicembre 1841, Don Giovanni Bosco incontrò il giovane muratore Bartolomeo Garelli nella sacrestia di San Francesco d’Assisi, a Torino. Da quel dialogo — semplice ma rivoluzionario nella sua umanità — nacque l’Oratorio Salesiano, destinato a incidere profondamente sulla cultura dell’educazione.

Torino e la questione sociale dei giovani

Tutto avviene in una Torino che viveva gli effetti più duri della prima industrializzazione: migliaia di adolescenti lavoravano nelle fabbriche senza tutela, istruzione né prospettive. Povertà urbana e migrazioni interne alimentavano tensioni sociali che né lo Stato né il  mondo produttivo erano in grado di affrontare.

 

Il Sistema Preventivo: educazione come giustizia

In questo contesto Don Bosco mise in atto un modello innovativo di intervento sociale: accoglienza dei giovani lavoratori e dei minori soli; alfabetizzazione e istruzione di base; formazione professionale; attività ludico-ricreative; costruzione di una comunità educativa stabile.

Un approccio integrato, vicino a ciò che oggi gli studiosi definiscono “educazione di comunità” e “welfare generativo”: un sistema capace di far crescere risorse, non solo di assistere bisogni.

Il suo “Sistema Preventivo” — fondato su ragione, religione e amorevolezza — è un modello educativo orientato a generare autostima, disciplina non autoritaria, cooperazione e cittadinanza attiva.

Radici cristiane, frutti sociali

L’esperienza salesiana dimostra che l’educazione è la prima forma di giustizia sociale. Un cristianesimo vissuto sul terreno dei diritti, dell’inclusione, del protagonismo civico delle giovani generazioni: capace di incidere nelle strutture sociali e di anticipare molte delle istanze che ritroveremo nella Rerum Novarum e poi nella Quadragesimo Anno.

Una presenza attiva nella democrazia italiana

Nel cammino della giovane democrazia del nostro Paese, gli oratori e i centri di formazione professionale salesiani hanno sostenuto le comunità nei loro bisogni essenziali: contrastando la dispersione scolastica, accompagnando i giovani al lavoro qualificato, creando spazi di aggregazione, promuovendo integrazione, collaborando con le istituzioni nel contrasto alla povertà educativa.

Un modello per l’oggi: non una bandiera, ma una scelta di bene comune

In un’Italia dove i giovani vivono precarietà, disuguaglianze territoriali e nuove fragilità, la prassi salesiana — letta nel solco del cattolicesimo democratico e sociale — offre un riferimento credibile per una coesione sociale rinnovata.

Un invito alle Istituzioni a ripensare le politiche giovanili come politiche di comunità e alla società civile a riscoprire il valore delle reti educative territoriali.

Non si tratta di attribuire agli eredi di Don Bosco un’appartenenza politica. La loro storia, cultura e prassi educativa hanno contribuito — e contribuiscono ancora — alla costruzione di una democrazia sostanziale, fondata sul rispetto della persona e sulla promozione del bene comune.

Nicola Barone: fidarsi del futuro viaggiando dentro la modernità

La Sala Marconi della Palazzina che ospita gli uffici di Radio Vaticana, mercoledì 3 dicembre ha accolto un incontro dedicato al libro di Nicola Barone, Una vita da Presidente, scritto con Santo Strati. Un’occasione che ha superato gli schemi della semplice presentazione editoriale, trasformandosi in dialogo vivo sulle sfide che la modernità consegna alla società e alla politica. Platea attenta, partecipazione ampia: studiosi, rappresentanti istituzionali e un pubblico incuriosito dal percorso dell’autore.

Il confronto si è aperto con una citazione di Papa Leone XIV, sul valore umano della tecnologia: non basta innovare, se non si rafforza l’evangelizzazione dello sviluppo integrale della persona. Strati ha ricordato che la visione, senza radici, resta fragile; la fede — per chi la vive — aiuta a cercare il bene di chi è più vulnerabile, senza slogan e senza scorciatoie.

Al centro del dibattito, senza nulla togliere agli altri relatori, l’intervento del Vescovo Donato Oliverio, Eparca di Lungro, che ha firmato l’introduzione al volume. Di Barone lo colpisce la postura civile:

«Mi colpisce la dimensione del mettersi a servizio… i talenti non sono da sotterrare ma da far fruttare per il bene comune».

Il Vescovo ha richiamato due frasi poste in apertura del libro, una di Marconi e l’altra di Olivetti, per raccontare una vita che ha trasformato sogni in responsabilità: l’impegno costante come dono, lo sguardo lungo che prova a «cambiare il mondo, migliorarlo per come si può e con chi si può».

Non meno significative, nel corso della presentazione, le riflessioni sulla tecnologia e sul suo lato oscuro. Molto apprezzati, al riguardo, sono stati gli interventi del generale Luciano Carta e del giornalista Pino Nano, che hanno portato uno sguardo concreto sui rischi di una innovazione senza regole: dall’iperconnessione che isola, alle forme di disinformazione che minano la democrazia, fino all’intelligenza artificiale priva di anima. La soluzione? Mantenere saldo il riferimento all’etica e alla dignità della persona.

Nel suo saluto, il prefetto di Roma, Lamberto Giannini, ha inteso soffermarsi giustamente sugli aspetti problematici di una nuova avventura tecnologica. E così ha messo a segno il suo richiamo: «Questo è un libro importante e secondo me è molto importante che lo leggano anche i ragazzi per sapere che esistono anche delle ancore di riflessione, delle persone a cui rivolgersi perché tante volte questa tecnologia che tanto bene ci fa, però rischia anche di travolgerci e questa lettura etica della tecnologia per me è un passo importante».

L’ingegner Barone, parlando in conclusione, è stato volutamente sobrio. Nessuna autocelebrazione, ha solo ricordato la sua autodefinizione: «Nato analogico, oggi 100% digitale», dentro cinquant’anni di trasformazioni italiane. Dalla Calabria delle origini alle grandi aziende delle telecomunicazioni, la sua storia attraversa cambiamenti epocali — Internet, reti mobili, formazione professionale — senza perdere il legame con una terra amata e con l’educazione salesiana, che gli ha insegnato a unire competenza e umanità. Oggi, dopo una lunga carriera in Tim, Barone è orgogliosamente il Presidente di Tim San Marino.

Tra le righe del volume emerge un appello ai giovani: niente timori davanti al futuro, ma nessuna ingenuità. Innovare richiede curiosità, disciplina e soprattutto responsabilità sociale. Il suo ottimismo” non nasce da un’idea astratta di progresso, ma dalla convinzione che solo la comunità — famiglia, scuola, territori — possa rendere la tecnologia motore di bene comune.

Netto, in chiusura, il senso dell’operazione:

«Questo libro vuole lasciare un solco… indicare uno stile di vita cui ispirarsi».

Più che una storia di successo, Una vita da Presidente è un invito a non smarrire l’uomo nella modernità. Proprio ciò che, in fondo, Barone ha provato a fare: tenere insieme fede, visione e innovazione — rispettando la realtà, e chi la abita.

Di seguito il link dell’articolo di presentazione (29 novembre 2025)

https://ildomaniditalia.eu/barone-dalla-calabria-a-san-marino-il-filo-umano-dellinnovazione/

Ucraina, Meloni sente Zelensky: sostegno a negoziato per pace

Roma, 7 dic. (askanews) – Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto oggi una conversazione telefonica con il Presidente ucraino Zelensky in vista di una serie di visite di lavoro che quest’ultimo compirà in questi giorni a Londra, Bruxelles e Roma, nell’ambito dei suoi contatti sul processo di pace in Ucraina con i principali leader europei.

Nel corso del colloquio, spiega una nota di Palazzo Chigi, “il Presidente Meloni ha innanzitutto voluto rinnovare la solidarietà italiana a seguito di una nuova serie di attacchi indiscriminati russi contro obiettivi civili ucraini e ha annunciato al Presidente Zelensky l’invio di forniture di emergenza a sostegno delle infrastrutture energetiche e della popolazione. I generatori forniti da aziende italiane verranno inviati in Ucraina già nelle prossime settimane.

Il Presidente Meloni ha inoltre nuovamente espresso sostegno al processo negoziale in corso e all’impegno degli Stati Uniti per individuare un percorso che possa condurre a una pace giusta e duratura. Funzionale a tale percorso è la reiterata disponibilità dell’Ucraina a sedere in buona fede al tavolo negoziale. È stato pertanto nuovamente ribadito l’auspicio che da parte russa si manifesti analoga apertura.

Proteste prima della prima della Scala a Milano

Milano, 7 dic. (askanews) – Come da diversi anni a questa parte è stata la Cub Informazione e Spettacolo ad indire per oggi il presidio di protesta sotto Palazzo Marino in occasione della Prima della stagione lirica 2025-2026 del Teatro alla Scala. I lavoratori della Fondazione del Piermarini sono infatti in stato di agitazione dal maggio scorso per questioni interne, per denunciare “i tagli allo spettacolo e al settore cinematografico e audiovisivo previsti dalla Finanziaria” e “l’economia di guerra” che danneggia quella reale del Paese. Con loro ci sono attivisti della Cgil, il Centro Sociale Cantiere, alcuni collettivi studenteschi e realtà antagoniste che hanno iniziato a ritrovarsi sotto la sede del Comune in piazza Scala a partire dalle 14, ben prima dunque che in teatro prenda il via, alle 18, la Prima di “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk” di Dmitrij Sostakovich.

Inaugurazione della stagione “in sordina”, con il governo presente con il solo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, e le massime Istituzioni del Paese rappresentate dal presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso. Siederanno nel Palco Reale con la senatrice a vita Liliana Segre e i vicepresidenti di Senato e Camera, Gian Marco Centinaio e Anna Ascani. Tutte presenti le autorità civili e militari locali così come al completo sarà il Cda della Fondazione scaligera, mentre per il primo anno non ci saranno due amatissimi ospiti fissi come Giorgio Armani e Ornella Vanoni, recentemente scomparsi. Certo in sala ci sarà qualche bel nome della cultura e dello spettacolo, dai sovrintendenti dei Teatri d’opera di mezza Europa a Roberto Bolle, da Stefano Boeri a Pierfrancesco Favino, ma l’eterogeneo tutto esaurito e il record di incassi (2,8 mln di euro) non toglie un certo senso di delusione per l’assenza di nomi di spicco che la presenza di Mahmood e di Achille Lauro non colma. L’assenza più che la presenza di vip, forse aiuterà a concentrare più attenzione sull’opera scritta da un grande compositore allora 24enne e affidata ad un regista 40enne, Vasily Barkhatov, russo come l’autore.

A vigilare (fin dai giorni scorsi) sulla sicurezza del teatro e degli ospiti che arriveranno alla spicciolata a partire dalle 17, il collaudato e imponente dispositivo messo a punto dalla Questura, che vede impegnati agenti e militari di tutte le forze dell’ordine. In piazza, sotto la sede del Comune separata dalla Scala da un nugolo di transenne, non mancano le bandiere palestines e gli slogan per la liberazione dell’imam di Torino Mohamed Shahin, ora recluso nel Cpr di Caltanissetta e la solidarietà per la giovane maschera licenziata dalla Scala dopo che il 4 maggio scorso aveva gridato dalla galleria “Palestina libera” prima dell’inizio del concerto organizzato dall’Asian Development Bank alla presenza della premier Giorgia Meloni. Licenziamento giudicato poi illegittimo dal Tribunale del lavoro di Milano che ha condannato il Teatro a versare alla lavoratrice il compenso che avrebbe percepito per ciascun mese tra l’estromissione e la scadenza del contratto, oltre agli interessi e alle spese legali.

Donald Trump Jr: mio padre potrebbe fermare il sostegno all’Ucraina

Roma, 7 dic. (askanews) – Gli Stati Uniti pottrebero mettere fine al sostegno all’Ucraina. Lo ha affermato il figlio maggiore del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump Jr, in un commento espresso nel corso di una conferenza sul Medio Oriente. Lo riporta il Guardian.

Dopo una lunga invettiva contro la corruzione in Ucraina e contro il presidente Volodymyr Zelensky, ed essersi scagliato contro l’Unione europea, sostenendo che le sanzioni contro la Russia non stanno funzionando, Trump Jr, alla domanda se fosse possibile che suo padre, che si era candidato alle presidenziali Usa sostenendo di poter portare la pace in Ucraina, possa abbandonare l’Ucraina al suo destino, ha risposto che “forse sì”, aggiungendo che suo padre è una delle persone più imprevedibili della politica. Per Trump Jr gli Stati Uniti non devono più essere “l’idiota con il libretto degli assegni”.

Trump Jr – ricorda il Guardian – non ha un ruolo formale all’interno dell’amministrazione del padre, ma è una figura chiave del movimento Maga. Il suo intervento riflette l’antipatia di alcuni membri del team di Trump nei confronti del governo ucraino, e arriva mentre il team negoziale incaricato dal presidente Usa sta facendo pressione su Kiev affinché ceda i territori occupati dalla Russia.

Formula1, Norris: "È una sensazione fantastica"

Roma, 7 dic. (askanews) – “Non piangevo da un po’ e non pensavo che avrei pianto, ma l’ho fatto. È un lungo viaggio e prima di tutto voglio ringraziare di cuore i miei ragazzi, tutti alla McLaren, i miei genitori. Sono loro che mi hanno supportato fin dall’inizio”. Lando Norris piange dopo il successo del mondiale, il primo della sua carriera. “Voglio dire, è una sensazione fantastica – continua – ora so cosa prova Max [Verstappen]. Voglio congratularmi con Max e Oscar [Piastri], i miei due più grandi avversari per tutta la stagione. È stato un piacere e un onore gareggiare contro entrambi, ho imparato molto anche da entrambi. Mi sono divertito ed è stato un anno lungo, ma ce l’abbiamo fatta e sono così orgoglioso di tutti.”

Sulla gara dice: “Non puoi non pensarci, ma sapevo che sarebbe stata una gara lunga fino alla fine. Abbiamo visto molte volte che in Formula Uno può succedere di tutto e ho continuato a spingere fino agli ultimi due o tre giri, quando ho potuto rallentare un po’. Volevo comunque lottare fino alla fine ed è quello che abbiamo fatto. È quello che abbiamo dovuto fare questa stagione, con Max [Verstappen] che ci ha inseguito per tutto il percorso, e Oscar [Piastri] che ci ha raggiunto di nuovo alla fine. Di certo non mi hanno reso la vita facile quest’anno.”

Sull’essere sotto inchiesta durante la gara: “Non ne avevo idea, non mi importava, sapevo che quello che avevo fatto andava bene e non avevo nulla di cui preoccuparmi. Cercavo solo di godermi il momento, non molte persone al mondo e non molte persone in Formula Uno riescono a vivere quello che ho vissuto io in questa stagione e in quest’anno. Sono felice per tutti più che per me, ma sono semplicemente follemente felice.”

Sull’essere campione del mondo: “Voglio dire, guarda, è stato un lungo viaggio con la McLaren, sono con loro da nove anni e abbiamo attraversato molti momenti difficili e molti momenti belli. Per me è stato un grande successo riportare loro qualcosa, ed è il loro primo titolo piloti in molti, molti anni, quindi sento di aver fatto la mia parte per la squadra quest’anno e sono molto orgoglioso di me stesso per questo. Sono ancora più orgoglioso per tutti coloro che spero di aver fatto piangere.”

E’ morto il grande fotografo inglese Marin Parr

Roma, 7 dic. (askanews) – E’ morto il grande fotografo britannico Martin Parr. L’annuncio è sul suo profilo ufficiale Instagram: “E’ con grande tristezza che annunciamo che Martin Parr (1952-2025) è morto ieri in casa a Bristol”. Nella sua profonda originalità è stato spesso associato alla corrente della fotografia sociale.

Sulla scomparsa di Martin Parr si legge nel sito della Bbc: “Il fotografo documentarista raggiunse la notorietà a metà degli anni ’80 con “The Last Resort”: il suo studio sulla classe operaia in vacanza a New Brighton, nel Merseyside. Le opere di Parr erano note per la capacità di catturare i più piccoli dettagli della vita quotidiana. Le sue fotografie erano giocose e piene di umorismo, ma suscitavano anche dibattiti e discussioni. “Faccio fotografie serie mascherate da intrattenimento”, ha dichiarato a The Architectural Review nel 2020. “Cerco di sottolineare quando trovo verità universali. La verità è soggettiva, ma è il mondo come l’ho trovato.” Per oltre 50 anni, le fotografie di Parr hanno osservato con uno sguardo apparentemente piatto, ma divertito e compassionevole, i rituali silenziosi e le assurdità del suo Paese natale, dalle desolate città costiere alle feste di paese e ai moderni centri commerciali”. Era noto per l’utilizzo di una tavolozza di colori saturi che imitava le cartoline degli anni ’50 e ’60.

Contraddizioni, potere, decolonizzazione: il Power 100 di Art Review

Milano, 7 dic. (askanews) – L’arte contemporanea, quando è di valore, è capace di canalizzare in opere, installazioni o film un’analisi reale della società, uno sguardo critico che si suppone libero ed è anche uno spazio dove le contraddizioni vengono accolte, come parte dello stesso modo di pensare il lavoro artistico. Del resto i grandi protagonisti del contemporaneo spesso portano avanti con il loro lavoro una denuncia sociale forte e, al medesimo tempo, sono parte di un Sistema dell’arte che garantisce loro notorietà e guadagno, un sistema che diventa più potente e più ricco grazie anche alle opere che mostrano tutte le sue storture e le sue follie. In questo senso è emblematica la classifica dei Power 100 che ogni anno viene stilata su scala globale dalla rivista Art Review: al vertice dei più influenti personaggi dell’arte oggi c’è un artista ghanese, Ibrahim Mahama, che da sempre lavora su temi del colonialismo, dello sfruttamento del lavoro, della violenza insita nei grandi commerci e, per estensione, in tutto il sistema capitalistico.Una figura importante, quella di Mahama, che rappresenta un modo di essere artista particolarmente in linea con la sensibilità di oggi e con il discorso globale e decolonizzato che la stessa Art Review da anni porta avanti.

Al secondo e al terzo posto della classifica, però, ci sono due donne che vengono dal mondo arabo, la nuova e straordinariamente ricca frontiera dell’arte contemporanea che, come ha tentato di fare nel calcio l’Arabia Saudita, sta continuando a allargare la propria influenza e ad attrarre artisti, manifestazioni e capitali. Seconda nel Power 100 si posiziona la sceicca Al-Mayassa bint Hamad bin Khalifa Al-Thani, alla guida dei musei del Qatar, Paese che a lei e allo sconfinato potere economico ha affidato la missione di soft-power culturale e che si propone come nuova sede per Art Basel. Subito dietro a lei ecco Hoor Al Qasimi, sceicca degli Emirati Arabi Uniti e direttrice della Biennale di Sharjah nonché fondatrice della Sharjah Art Foundation nella terza città più importante degli EAU. Due figure che stanno certamente ampliando lo spazio dell’arte e che possono rappresentare anche il discorso sui diritti delle donne, ma che sono contemporaneamente espressioni di un mondo che trae la propria rilevanza dall’economia del petrolio e rappresenta oggi una delle forme extra europee che sta assumendo il potere, con la p maiuscola. È ovvio che la relazione tra i potenti e l’arte è vecchia come l’umanità, dalla Grecia Classica fino al Rinascimento italiano e all’età della Rivoluzione industriale, ma è altrettanto ovvio che un osservatore esterno non può non notare questi elementi, che alimentano il senso delle contraddizioni come motore di ogni ragionamento sull’arte contemporanea. Che Art Review, con la sua postura me-too e post-ideologica, porta avanti al massimo grado, anche accogliendo gli elementi di frizione.

Scendendo dal podio si conferma tutta la prospettiva globalista che oggi permea la scena: quarto l’artista egiziano Wael Shawky, quinto l’artista di Singapore Tzu Nyen Ho, sesta l’artista statunitense Amy Sherald, che con il connazionale Kerry James Marshall (settimo) rappresenta il movimento della Blackness. Ottavo posto per la filosofa Saidiya Hartman, che studia i temi razziali, nono per il collettivo Forensic Architecture, che da anni indaga la relazione tra la cultura e i diritti umani e infine, al decimo posto, Wolfgang Tillmans, il fotografo che ha cambiato il modo di pensare la stessa rappresentazione fotografica contemporanea nel senso di un recupero dell’idea di comunità informale. Con l’eccezione di Tillmans, l’Europa è assente, ma, anche qui, leggendo poi le biografie dei vari personaggi in classifica, si vede come le istituzioni culturali europee, e occidentali più in generale, siano spesso i luoghi di lavoro degli artisti, a testimonianza di un potere che cambia e si muove e perde il pelo colonialista, ma non perde mai del tutto, se così si può dire, il vizio.

Del resto l’apertura inevitabile a tutte le culture che per secoli abbiamo considerato “altre” è un discorso che negli ultimi anni è stato portato avanti, oltre che dai più importanti musei del mondo, anche da istituzioni come la Biennale di Venezia, che continua a spalancare il proprio sguardo lontano dall’occidente, come la Biennale Arte di Adriano Pedrosa nel 2024 ha certificato in maniera evidente a tutti, ma lo stesso tipo di lavoro era già in corso nelle Biennali di Architettura ormai almeno dal 2016. Certo, un conto è se questo discorso lo porta avanti la più importante istituzione al mondo sul contemporaneo, un altro è se il mercato dell’arte lo fa proprio e se lo sussume perfino il Sistema. Cosa che, ormai da diverse edizioni, Art Review ci dice che sta effettivamente avvenendo. Con tutte le contraddizioni che inevitabilmente accadono e che è tipico della postura artistica abbracciare, talvolta anche utilitaristicamente.

La classifica prosegue con altri grossi nomi che si sposano bene con i ragionamenti fatti finora: Rirkrit Tiravanija, Mark Bradford, Julie Merhetu, Yinka Shonibare e poi ancora, saltando lungo le posizioni, si trovano Theaster Gates (16), Nan Goldin (22) e Hito Steyerl (25), ma anche il ministro della Cultura dell’Arabia Saudita (21) e, notevole e un po’ sorprendente ritorno, Marina Abramovic (28). Prima italiana è Miuccia Prada, 32esima, l’anno scorso era scesa al 79esimo posto, poco più indietro, 36esima, Patrizia Sandretto Re Redaudegno, anche lei in risalita dodici mesi dopo dalla 44esima posizione. Entra in classifica poi, 96esimo, Eugenio Viola, curatore italiano, tra l’altro del Padiglione Italia di Gian Maria Tosatti alla Biennale 2022, che dal 2019 dirige però il Museo Mambo di Bogotà. Anche qui, una volta di più, si tratta di pensare le geografie, ma anche i corpi e le idee, in modo diverso. (Leonardo Merlini)

Formula1, Norris gestisce ad Abu Dhabi ed è campione del mondo

Roma, 7 dic. (askanews) – Ci sono Mondiali che si vincono con un sorpasso all’ultima curva, e altri che si conquistano con una gestione mentale perfetta. Quello di Lando Norris appartiene alla seconda categoria: sofferto, ragionato. Indimenticabile. Ad Abu Dhabi, mentre Max Verstappen vince la gara, il terzo posto dell’inglese della McLaren basta per coronare il suo primo titolo iridato.

Una gara che è stata un lungo countdown anche per la McLaren che torna a prendersi un campione del mondo. La partenza è di quelle che gelano il sangue. Alla prima curva in testa c’è Verstappen, alle sue spalle Norris e Piastri. Poi Leclerc e Alonso. È subito chiaro che sarà una gara di resistenza psicologica. Verstappen scappa, Piastri pressa, Leclerc non molla la presa su Norris. Lo scenario peggiore per Lando. Nei primi giri la McLaren comunica prudenza, ma la pressione è altissima: “Abbiamo chiesto a Piastri di aumentare il ritmo”, arriva via radio. Lando capisce che oggi non potrà sbagliare nulla. Leclerc lo incalza, “Leclerc molto vicino, mezzo secondo, a Norris”, ma il britannico tiene la posizione. Dopo i primi pit stop Verstappen sembra ingiocabile. Norris però non molla mai il terzo posto, quello che vale un Mondiale. A metà gara lo scenario si fa più chiaro: Max in testa con 21″ su Piastri, Lando è terzo a 4″ da Oscar e con 4″ su Leclerc. Così Norris sarebbe campione.

Quando Verstappen passa Piastri e si prende la testa della corsa, l’olandese prova a completare la rimonta Mondiale più difficile della sua carriera. “Verstappen campione se… ecco cosa deve fare Max per battere le McLaren”, ripetono ai box. Semplice: deve vincere e sperare in un crollo di Norris. Norris gestisce, controlla, si difende nel traffico. Persino quando Tsunoda lo rallenta volutamente: “Norris deve stare molto attento nel superare il giapponese che ovviamente fa gioco di squadra per Max”. Lando rischia, lo supera ai limiti, finisce sotto investigazione: “Norris ha tratto vantaggio lasciando la pista ed è sotto investigazione”. Ma nessuna penalità. Sospiro di sollievo, e si va avanti. Gli ultimi dieci giri sono un esercizio di apnea. Le posizioni non cambiano più: “Posizioni invariate — Presto per dire che il Mondiale è di Norris, ma le posizioni sembrano ormai consolidate”. E poi l’avvicinamento finale, il conto alla rovescia. Max taglia il traguardo per primo. Festeggia, si concede una scena tutta sua: Pattinata e fa burnout sul traguardo prima di scendere dall’auto a braccia alzate. Un campione che ha dato tutto, e che sa di aver sfiorato l’impossibile. Ma la radio McLaren esplode: Lando è terzo. Lando è campione del mondo. Norris piange. Non ce la fa nemmeno a parlare: “Lando piange, non riesce a parlare. ‘Lando, sono Zach Brown della McLaren. È questa la hotline per il campione del mondo?'” Piastri lo abbraccia, poi la mamma, il team, e infine il padre. È il coronamento di un percorso lungo, spesso sofferto, sempre in crescita. Verstappen mostra la grandezza dei grandi: “Orgoglioso di tutti per non aver mai mollato, non sono deluso”, dice Max. Parole che pesano e che spiegano la statura del campione.

Formula1, Verstappen vince ad Abu Dhabi. Norris è mondiale

Roma, 7 dic. (askanews) – Max Verstappen vince il Gran Premio di Abu Dhabi ma non basta per il titolo: Lando Norris, terzo al traguardo alle spalle di Piastri, è campione del mondo F1 per la prima volta in carriera.

Ci sono Mondiali che si vincono con un sorpasso all’ultima curva, e altri che si conquistano con una gestione mentale perfetta. Quello di Lando Norris appartiene alla seconda categoria: sofferto, ragionato. Indimenticabile. Ad Abu Dhabi, mentre Max Verstappen vince la gara, il terzo posto dell’inglese della McLaren basta per coronare il suo primo titolo iridato.

Una gara che è stata un lungo countdown anche per la McLaren che torna a prendersi un campione del mondo. La partenza è di quelle che gelano il sangue. Alla prima curva in testa c’è Verstappen, alle sue spalle Norris e Piastri. Poi Leclerc e Alonso. È subito chiaro che sarà una gara di resistenza psicologica. Verstappen scappa, Piastri pressa, Leclerc non molla la presa su Norris. Lo scenario peggiore per Lando. Nei primi giri la McLaren comunica prudenza, ma la pressione è altissima: “Abbiamo chiesto a Piastri di aumentare il ritmo”, arriva via radio. Lando capisce che oggi non potrà sbagliare nulla. Leclerc lo incalza, “Leclerc molto vicino, mezzo secondo, a Norris”, ma il britannico tiene la posizione. Dopo i primi pit stop Verstappen sembra ingiocabile. Norris però non molla mai il terzo posto, quello che vale un Mondiale. A metà gara lo scenario si fa più chiaro: Max in testa con 21″ su Piastri, Lando è terzo a 4″ da Oscar e con 4″ su Leclerc. Così Norris sarebbe campione.

Quando Verstappen passa Piastri e si prende la testa della corsa, l’olandese prova a completare la rimonta Mondiale più difficile della sua carriera. “Verstappen campione se… ecco cosa deve fare Max per battere le McLaren”, ripetono ai box. Semplice: deve vincere e sperare in un crollo di Norris. Norris gestisce, controlla, si difende nel traffico. Persino quando Tsunoda lo rallenta volutamente: “Norris deve stare molto attento nel superare il giapponese che ovviamente fa gioco di squadra per Max”. Lando rischia, lo supera ai limiti, finisce sotto investigazione: “Norris ha tratto vantaggio lasciando la pista ed è sotto investigazione”. Ma nessuna penalità. Sospiro di sollievo, e si va avanti. Gli ultimi dieci giri sono un esercizio di apnea. Le posizioni non cambiano più: “Posizioni invariate Presto per dire che il Mondiale è di Norris, ma le posizioni
sembrano ormai consolidate”. E poi l’avvicinamento finale, il conto alla rovescia. Max taglia il traguardo per primo. Festeggia, si concede una scena tutta sua: Pattinata e fa burnout sul traguardo prima di scendere dall’auto a braccia alzate. Un campione che ha dato tutto, e che sa di aver sfiorato l’impossibile. Ma la radio McLaren esplode: Lando è terzo. Lando è campione del mondo. Norris piange. Non ce la fa nemmeno a parlare: “Lando piange, non riesce a parlare. ‘Lando, sono Zach Brown della McLaren. È questa la hotline per il campione del mondo?'” Piastri lo abbraccia, poi la mamma, il team, e infine il padre. È il coronamento di un percorso lungo, spesso sofferto, sempre in crescita. Verstappen mostra la grandezza dei grandi: “Orgoglioso di tutti per non aver mai mollato, non sono deluso”, dice Max. Parole che pesano e che spiegano la statura del campione.

Il Cremlino ha detto che la nuova Strategia Usa è in linea con la visione della Russia

Roma, 7 dic. (askanews) – Gli aggiustamenti apportati alla nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti sono in gran parte coerenti con la visione della Russia. Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, così come riportano le agenzia di stampa russe. “Gli aggiustamenti a cui stiamo assistendo, direi, sono in gran parte coerenti con la nostra visione”, ha dichiarato Peskov al giornalista russo Pavel Zarubin. Venerdì scorso, la Casa Bianca ha pubblicato una nuova dottrina per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti che invita l’Europa ad assumersi la responsabilità della propria difesa. Nel documento la Casa Bianca scrive di essere in contrasto con i funzionari europei che hanno “prospettive irrealistiche” riguardo al conflitto in Ucraina.

Ramy, La Russa: convinta solidarietà ai Cc

Roma, 7 dic. (askanews) – “Esprimo piena e convinta solidarietà all’Arma dei Carabinieri e al Nucleo Radiomobile di Milano, che da sempre si contraddistingue per il suo impegno nel garantire la sicurezza e proteggere i cittadini. Accusare un intero reparto senza che la verità sia stata ancora accertata è un atto incomprensibile e ingiusto, che mina la reputazione di donne e uomini che ogni giorno affrontano seri rischi per difendere la nostra città”. Lo scrive su facebook il presidente del Senato Ignazio La Russa dopo le polemiche per il conferimento di uno degli “Ambrogini d’oro” della città di Milano al Nucleo radiomobile dei Carabinieri, a cui appartengono i militari indagati per la morte di Ramy Elgaml, il ragazzo deceduto il 24 novembre 2024 dopo una caduta in scooter nel corso di un’inseguimento condotto dai militari dell’Arma.

“La giustizia seguirà il suo corso – prosegue La Russa – ma ritengo fondamentale non dimenticare il valore e l’onore di chi lavora con dedizione e coraggio, senza mai arretrare di fronte al pericolo”.

Milano, manifesto per Ramy contro l’Ambrogino d’oro ai carabinieri

Roma, 7 dic. (askanews) – Nel giorno del conferimento di uno degli “Ambrogini d’oro” della città di Milano ai Carabinieri, è spuntato, nei pressi del Teatro Dal Verme, dove si è tenuta la cerimonia di consegna dei premi, un manifesto critico ad opera dell’artista Cristina Donati Meyer. Il manifesto raffigura Ramy Elgaml, il ragazzo morto il 24 novembre 2024 dopo una caduta in scooter nel corso di un’inseguimento condotto dai militari dell’Arma, con un cartello con su scritto “Chiediamo pane e cultura, ci date polizia”.

“Stamattina – spiega la stessa artista su Instagram – c’è stata la cerimonia di consegna dell’Ambrogino d’Oro al reparto coinvolto nella notte dove Ramy ha perso la vita, notte ancora piena di contraddizioni e domande senza risposta. Premiare mentre le indagini sono ancora aperte è una scelta politica chiara: normalizzare, chiudere, spostare lo sguardo. Io, invece, lo sguardo lo tengo fisso. E lo tengo qui. Questa città non ha bisogno di medaglie: ha bisogno di verità, memoria e responsabilità. E se chi governa preferisce celebrare, allora l’arte deve diventare interruzione, disturbo, presenza”.

“Per Ramy. Per chi non accetta che tutto venga archiviato in fretta. Per chi sa che la strada parla più delle cerimonie”, conclude Donati Meyer.

Netanyahu: no a uno Stato Palestinese

Roma, 7 dic. (askanews) – Il primo ministro Benjamin Netanyahu ribadisce il suo No alla creazione di uno Stato Palestinese che sarebbe inevitabilmente “impegnato”, a suo dire, “nella nostra distruzione a due passi da casa”.

Riconoscendo il disaccordo su questo punto con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, insieme a in conferenza stampa dopo il loro incontro a Gerusalemme, Netanyahu ha spiegato che “abbiamo un punto di vista diverso, ovviamente, perché lo scopo di uno Stato palestinese è distruggere l’unico e solo Stato ebraico”.

“Avevano già uno Stato a Gaza, uno Stato di fatto, ed è stato usato per cercare di distruggere l’unico e solo Stato ebraico. Crediamo che ci sia una strada per promuovere una pace più ampia con gli Stati arabi, e una strada anche per stabilire una pace praticabile con i nostri vicini palestinesi, ma non creeremo uno Stato impegnato nella nostra distruzione a due passi da casa”, ha sottolineato Netanyahu.

Merz con Netanyahu: le critiche a Israele non siano il pretesto per l’antisemitismo

Roma, 7 dic. (askanews) – “Le critiche al governo israeliano sono possibili e forse persino necessarie a volte. Questa è la natura delle società libere e delle democrazie aperte. Il rapporto tra Germania e Israele può resistere a tutto questo. Ma le critiche alle politiche del governo israeliano non devono essere usate impropriamente come pretesto per l’antisemitismo, Anche questo fa parte della nostra responsabilità storica”. Lo ha affermato il cancelliere tedesco Friedrich Merz in conferenza stampa insieme al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dopo il loro incontro a Gerusalemme.

Sega le sbarre e si cala con il lenzuolo, 41enne evaso dal carcere di Opera

Roma, 7 dic. (askanews) – “Un detenuto di origini albanesi di 41 anni d’età, con fine pena fissata a ottobre del 2048, è evaso nella notte dalla Casa di Reclusione di Milano Opera nel più classico dei modi: segando le sbarre della finestra e calandosi con delle lenzuola annodate. Non è ancora chiaro come abbia fatto poi a scavalcare la cinta muraria e se abbia goduto di complicità esterne. Certo è che questo ennesimo episodio, unito al dramma che si vive ogni giorno nelle prigioni e a tutto ciò che accade, certifica ulteriormente il fallimento delle politiche penitenziare condotte dai governi almeno negli ultimi 25 anni, ivi compresi quelli più recenti”. Lo dichiara Gennarino De Fazio, segretario generale della UILPA Polizia Penitenziaria.

“Attualmente sono in corso le ricerche dell’evaso da parte della Polizia penitenziaria e delle altre forze dell’ordine e confidiamo che anche questa volta il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria e le sue articolazioni territoriali possano metterci una pezza. Ma è evidente che non si può andare avanti turando falle, di ogni genere, e senza un reale e concreto progetto programmatico degno di un paese civile”, aggiunge il segretario della UILPA PP.

“Nel carcere di Opera 1.338 detenuti sono stipati in 918 posti disponibili (sovraffollamento del 153%) e vengono gestiti, per com’è possibile, da soli 533 agenti, quando ne necessiterebbero almeno 811 (-34%). Una situazione oggettivamente insostenibile che, oltre a ledere i fondamentali diritti umani dei reclusi, mette a durissima prova gli operatori del Corpo di polizia penitenziaria, sottoposti a carichi di lavoro inenarrabili e a turnazioni di servizio che si protraggono ben al di là della durata regolare, con la compressione di diritti anche di rango costituzionale. Del resto, a livello nazionale i detenuti sono 63.690, mentre i posti disponibili, in costante diminuzione al di là della narrazione governativa, sono solo 46.199 e alla Polizia penitenziaria nelle carceri mancano 20mila agenti. Servono subito tangibili provvedimenti per deflazionare la densità detentiva, potenziare gli organici della Polizia penitenziaria e delle altre figure professionali, ammodernare le strutture, che in attesa dei fantomatici moduli prefabbricati continuano a sgretolarsi, implementare le tecnologie e gli equipaggiamenti, garantire l’assistenza sanitaria e avviare riforme complessive”, conclude De Fazio.

Massiccio attacco russo in Ucraina con 650 droni e 51 missili

Roma, 7 dic. (askanews) – La Russia ha lanciato un massiccio attacco con droni e missili sull’Ucraina. Secondo quanto riferito dalle forze armate ucraine, la Russia ha utilizzato più di 650 droni e 51 missili durante la notte, con i droni che hanno preso di mira località in tutto il Paese, comprese le regioni occidentali a centinaia di chilometri dal fronte. Le sirene di allarme sono suonate anche in alcune zone della Polonia orientale, vicino al confine ucraino. Almeno tre persone sono rimaste ferite negli attacchi nella regione di Kiev, mentre l’operatore energetico nazionale, Ukrenergo, ha affermato che gran parte dell’attacco notturno ha preso di mira centrali elettriche e altre infrastrutture energetiche. Nelle ultime settimane la Russia ha attaccato senza sosta le infrastrutture energetiche dell’Ucraina, nella speranza di interrompere la fornitura di riscaldamento, luce e acqua mentre il Paese si prepara al quarto inverno di conflitto su vasta scala.

C’è l’anticiclone ma porta (anche) nebbia e foschia

Roma, 7 dic. (askanews) – Bel tempo, ma non per tutti: durante i mesi autunnali ed invernali l’alta pressione non porta sole ovunque e sempre, ci sono delle particolarità anche in Italia. Lorenzo Tedici, meteorologo de iLMeteo.it, conferma una fase di alta pressione in compagnia dell’Anticiclone Africano fino almeno a Santa Lucia. Ciò non significherà avere sole e temperature sopra la media del periodo ovunque.

Nei mesi autunnali ed invernali, quando un campo di alta pressione si impossessa di tutta l’Italia, abbiamo tanto sole e temperature sopra la media in montagna e lungo le coste; nelle zone interne, nei fondovalle e in Pianura Padana, l’alta pressione invece schiaccia l’umidità nei bassi strati e favorisce nebbie o nubi basse.

Queste nubi basse, qualora presenti in Estate e in Primavera, si dissolvono con i primi raggi solari; durante l’inverno e l’autunno, questo fenomeno è meno frequente a causa della maggiore durata della notte e delle temperature più fredde.

In pratica, non si hanno i moti di rimescolamento dell’aria tipici della Primavera e dell’Estate, legati all’irraggiamento solare e alla tipica instabilità responsabile anche dei temporali di calore.

In sintesi, l’alta pressione in primavera ed estate significa quasi sempre sole e temperature miti o calde, in inverno e autunno invece porta spesso nubi basse e foschie in pianura, sole in montagna e zone costiere (anche qui salvo eccezioni).

Le previsioni sono dunque all’insegna dell’Anticiclone Africano fino a Santa Lucia: avremo nubi e locali foschie in Val Padana, nubi marittime tra Liguria (qui definite Macaia o Maccaja) e Toscana, altrove dominerà il sole.

Dove avremo sole e cieli tersi sono previste temperature eccezionali per il periodo: i valori si porteranno anche 10°C oltre la media climatologica di dicembre: soprattutto in montagna avremo una fase calda che purtroppo fonderà la neve accumulata nelle ultime settimane.

Nelle prossime ore, il passaggio di una perturbazione atlantica, in moto tra Svizzera e Germania, causerà addensamenti sulle Alpi con qualche fiocco oltre i 2000 metri, locali annuvolamenti si attarderanno sul meridione poi dalla Festa dell’Immacolata avremo un clima monotono in compagnia dell’Anticiclone Africano e sempre più caldo.

Per trovare un cambiamento dovremo aspettare Santa Lucia, il giorno con il tramonto più anticipato: in seguito, con il sole che tramonterà via via sempre più tardi, arriveranno le nubi, anche se questa tendenza è da confermare.

NEL DETTAGLIO Domenica 7. Al Nord: passaggio di velature, neve sulle Alpi di confine. Al Centro: bel tempo prevalente. Al Sud: ulteriore miglioramento con prevalenza di sole; isolati piovaschi tra Sicilia e Calabria.

Lunedì 8. Al Nord: prevalenza di sole; nubi basse in Val Padana, specie nelle ore notturne. Al Centro: bel tempo prevalente. Al Sud: bel tempo con prevalenza di sole.

Martedì 9. Al Nord: prevalenza di sole; nubi basse in Val Padana. Pioviggine in Liguria. Al Centro: bel tempo prevalente; nubi in Toscana. Al Sud: bel tempo con prevalenza di sole. Tendenza: alta pressione con tempo stabile.

La minaccia del Cremlino sugli asset russi congelati

Roma, 7 dic. (askanews) – La responsabilità per il possibile sequestro di beni russi detenuti all’estero sarà condivisa da individui e da interi Paesi. Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, secondo quanto riportano le agenzie di stampa russe. “Avremo sia la responsabilità nazionale che la responsabilità personale per queste azioni”, ha sottolineato Peskov al giornalista russo Pavel Zarubin. Peskov ha poi ricordato che il Fondo Monetario Internazionale si è opposto al sequestro di beni russi e ha esortato alla cautela per evitare ripercussioni negative sul sistema finanziario internazionale.

“Abbiamo sentito che il Fondo Monetario Internazionale ha rilasciato una dichiarazione affrontando la questione con grande cautela e chiedendo che si eviti qualsiasi impatto negativo sul sistema finanziario internazionale. Cioè, anche il Fmi” si oppone all’utilizzo degli asset russi congelati per finanziare l’Ucraina “e cos’è il Fmi? È ciò che hanno creato” i Paesi occidentali, “è il fondamento della politica monetaria. Quindi sembra che questo fondamento ora si stia rivoltando contro i suoi creatori, dicendo ‘Tornate in voi'”, ha sostenuto Peskov.

Il caso Musk non è folklore. Gozi: “È un attacco alla democrazia europea”

Far West digitale

Elon Musk non si limita a produrre razzi e automobili. Cerca di plasmare l’opinione pubblica e le regole del gioco. Il suo nuovo pallino – “abolire l’Unione Europea” – non è una battuta da social. È un progetto politico, brutale nella sua semplicità: eliminare chi pone limiti al potere dei padroni del digitale. Sandro Gozi lo ha detto con chiarezza: qui non è in gioco l’infinita libertà dei visionari, ma il principio democratico per cui la legge vale per tutti. Anche per chi ha più soldi di tutti. E quando Musk attacca l’UE perché non può “aggirare le regole”, rivela l’idea antica e pericolosa che il denaro basti per dettare legge.

 

Chi stabilisce le regole?

L’Europa, con il Digital Services Act e il Digital Markets Act, ha messo per la prima volta dei paletti all’onnipotenza delle piattaforme. Trasparenza sugli algoritmi, tutela dei minori, responsabilità sui contenuti tossici.

Regole che Musk vorrebbe cancellare, perché sono un intralcio al suo sogno di un mercato senza limiti, dove ciò che è tecnologicamente possibile diventa automaticamente lecito. Ma la democrazia non funziona così: prima vengono i diritti, poi il profitto.

 

Il narcisismo come ideologia

C’è un potere nuovo, planetario, che non risponde a Parlamenti né a Costituzioni. È il potere dei “milionari annoiati”, come scrive Gozi: uomini convinti che la politica sia solo un gioco troppo lento, un fastidio burocratico.

Musk si presenta come liberatore, ma si comporta come un feudatario: decide chi può parlare, cosa è “libero”, quali verità possono circolare. Se la politica si ritira, se l’Europa si autodistrugge, restano solo i suoi capricci.

Difendere lUnione significa difendere i cittadini

Abolire l’UE non significa liberare i popoli: significa consegnarli a chi può comprarli. Chi grida contro Bruxelles non difende i più deboli: difende i più forti.

L’Europa, con tutte le sue lentezze, è ancora l’unico spazio democratico globale dove il pubblico può imporre qualcosa al privato. Per questo dà fastidio a Musk.

Chi vuole tornare al Far West, lo fa perché al Far West comandano i pistoleri. Noi, invece, preferiamo restare nel mondo in cui comandano le leggi.

Dal pluralismo al girotondo del voto

Identità molteplici, fiducia ridotta

Il risultato della partecipazione al voto nelle ultime elezioni regionali non avrebbe dovuto sorprenderci. L’assenza dalle urne è un trend avviato da molti anni. Non ha stupito gli studiosi che indagano da tempo i motivi dell’astensionismo e che, tra le diverse cause, indicano la moltiplicazione delle identità in campo e la novità di partiti sempre più numerosi e personalistici. Un’offerta polverizzata che finisce per frastornare e sconcertare l’elettore.

Per chiarire con una metafora culinaria: molti chef, inseguendo i gusti emergenti, cercano nuovi piaceri mescolando ingredienti di ieri e di oggi. Credono che da un piatto antico “rivisitato”, o da uno nuovo adagiato su basi tradizionali, possa nascere un sapore migliore, gradito non solo ai buongustai. Sarà!

Così anche la storia politica cammina, trasformando gusti, opinioni e conoscenze, con la speranza di conservare alcuni sapori di fondo: valori, etica, responsabilità. Don Luigi Sturzo, con il suo realismo sociologico, ci ha avvertiti: il passato non torna più. Dobbiamo imparare a leggere la “società concreta” che abbiamo davanti, per viverla al meglio.

Una falsa idea di pluralismo

Esportando questa allegoria in politica, i molti “piatti” dell’odierno mercato partitico — nati dal rimescolamento di vecchie identità — sono tutti quei partiti e partitini personali, mediatizzati, che confondono gusti e idee. Frantumano l’offerta e ne svuotano il senso, ridicolizzando l’autentico significato del pluralismo: da ricchezza culturale e politica a somma di facce, nomi e autoproclamati leader.

Forse i motivi dell’assenza dalle urne stanno anche qui: in una presa in giro del pluralismo, che ingarbuglia e scoraggia l’elettore.

Disaffezione e volatilità del voto

Ho letto solo una presentazione. Comprerò il libro perché è interessante. Ma il recente lavoro di due noti sociologi, Renato Mannheimer e Gianfranco Pasquino — Gli italiani e il voto. Come e perché sono cambiate le scelte elettorali nel nostro Paese — aiuta a capire che, al di là del “girotondo” del voto, la disaffezione nasce anche dalla frammentazione dell’offerta.

I tanti partiti personali presenti non fanno altro che creare sfiducia e disorientare. Gli autori ricordano che i nuovi partiti nati dopo Tangentopoli hanno fatto tramontare le ideologie, ma nello stesso tempo hanno provocato la volatilità del voto: idee che non si aggregano più in appartenenze solide, ma fluttuano secondo l’opinione del momento, pilotata dai media, vecchi e nuovi.

Alla fine, tutto ciò alimenta l’astensionismo che registriamo:

uno starsene a casa che delega, rinuncia, si auto-esclude.

Una democrazia che scricchiola

Questo “restare a casa” mette in crisi la democrazia rappresentativa partecipata che abbiamo conosciuto per un lungo periodo, grazie ai partiti seri del dopoguerra — tra cui la Democrazia cristiana.

Ed è un restare a casa che apre la porta a ciò che chiamiamo, non senza inquietudine, post-democrazia:

un sistema fondato più sui mercati globali che sulla cittadinanza;

più sul leader “risolutore” che sulla comunità dei partecipanti.

Meloni e il dialogo con gli elettori. Quando i gesti parlano più delle parole

Non è più la piazza, è lo studio televisivo

La premier Meloni ha una facilità di parola nel colloquio con la gente e con gli elettori che è il risultato di una conquista maturata in lungo tempo, trascorso nei comizi politici, quando si deve conquistare l’elettorato e consolidare quello che già si ha dalla propria parte. Questa arte della retorica fa parte del cursus honorum di ogni politico di razza, e la premier l’ha percorso tutto da quando è scesa nell’agone politico.

Tuttavia la vita politica ora si è spostata nell’agone virtuale del regno dei media, di cui la televisione è uno degli strumenti sempre presenti, pur cambiando pelle: dalle tribune statiche allo stile più amichevole adottato negli ultimi anni.

Meloni si presenta al TG della sera di La7 con un completo rosa pallido che non fa onore al suo incarnato tendente all’olivastro, pur essendo una bionda naturale. Sebbene ci abbiano insegnato che il rosa — quello più acceso — sia il colore prediletto delle bionde, in questo caso sarebbe stato più adatto un blu o un verde, che trasmettono serenità e invitano alla benevolenza, come il rosa, ma con più equilibrio.

Gli orecchini discreti; la camicia con il primo bottone slacciato, ma senza un filo di collana, suggeriscono la versione “mi sono vestita all’ultimo in camerino, scusate”, che non è da premier. I capelli lunghi, non raccolti in una bella acconciatura — e non la solita coda — anticipano quel che accadrà dopo: li toccherà ogni volta che

l’imbarazzo sale. Inoltre i capelli lisci tendono ad accentuare i tratti del viso, che appaiono stanchi, vuoi per i ritmi serrati dell’attività di governo, vuoi per un leggero dimagrimento, vuoi per la stagione invernale che non aiuta.

In questa mise rosa confetto lo spettatore fatica a concentrarsi sulla figura e, di riflesso, sulle parole. Gli occhi vengono prima delle orecchie: e solo dopo, se ci interessa, segue l’ascolto.

La posa, complice lo sgabello senza schienale, è rigida e proiettata in avanti, come se fosse un interrogatorio e non un colloquio cordiale, seppur semi-istituzionale. Il conduttore la chiama per cognome e lei risponde con il titolo professionale: lo stilema dell’interrogatorio è completo.

La retorica gioca in difesa

Quando partono le domande — tutte e sette — la posa è occhi socchiusi, sguardo filtrato e tagliente, braccia incrociate in attesa del colpo. Poiché le domande erano già note, l’atteggiamento tradisce che non si trova a suo agio: ci può stare, perché è uno studio televisivo e non il “salotto di casa”. Ma lo spettatore nota che la premier è sulle spine.

Nelle prime due domande il copione scivola tra postura rigida, sguardo traverso, muscoli del viso un po’ tirati, deboli sorrisi e voce impostata: deve dimostrare — prima di tutto a se stessa — di conoscere la materia talmente bene da spiegarla a chi le sta di fronte.

Dalla terza domanda — quella su Gaza — cambia la postura: per la prima volta si tocca i capelli, che non le erano scivolati sul volto. È il gesto di chi prende fiato, organizza la risposta e distrae quel tanto che basta per rendere l’intervento più “sicuro”. Le mani entrano nell’inquadratura: spiegano, come fanno tutti gli italiani, ma con il tono della maestra che tiene lezione.

Anche la voce cambia: più profonda e a tratti stridula. Mostra, involontariamente, ciò che vorrebbe occultare: la difficoltà di affrontare l’intervista, il dovere e non il piacere che la guida, e quel sentirsi superiore a tutti — sia chi domanda, sia chi ascolta. La timidezza, fondo caratteriale della leader, non sfugge a chi sa osservare.

Le domande dalla quinta alla settima sono una replica della terza: il copione si incrina ma non crolla. Domande non improvvisate, risposte recitate con impegno e sorriso amicale. Gli occhi, di un bel blu, si sgranano quando è sorpresa in leggero contropiede; i capelli ora vengono accarezzati. Tutto racconta una Meloni che vuole restare dove sta — al Governo — ma teme che forse i suoi stiano remando contro. Impossibile scalzarla, ma indebolirla… perché non provarci?

Sull’ultima domanda la scivolata: un riferimento a un altro giornalista, di un altro programma, protagonista di vecchi commenti poco simpatici. Citare “l’invitato non presente a tavola” non porta fortuna, oltre a regalargli visibilità. Mostra che il rancore è un sentimento coltivato: e anche se nessuno ricorderà più il casus belli, tutti si chiederanno perché la premier non gradisca le critiche, neppure a distanza.

La leadership in bilico tra sicurezza e timidezza

Per i dieci minuti dell’intervista, Meloni ha lasciato trapelare un tratto umano che la piazza nasconde e la telecamera rivela: la fragilità del leader che deve mostrarsi sempre più forte di quanto si senta davvero.

Ha rassicurato chi la sostiene e scoraggiato chi la vorrebbe rimandare a casa. Ma soprattutto ha cercato di rassicurare se stessa: che può continuare così, senza mostrare ripensamenti.

Non una sovrana del piccolo schermo: una timida al Governo, obbligata alla scena.

Spes contra spem. La speranza che non si arrende mai

La speranza nonostante il nulla

Proprio Marco Pannella, non credente (o diversamente credente), cultore, tra l’altro, di Romolo Murri, ancora in tempi di vacche grasse, (ri)proponeva una frase profondamente religiosa: Spes contra spem. La speranza contro la speranza; la speranza quando sembrerebbe che non ci sia motivo di sperare. La speranza nonostante tutto, o nonostante il nulla.

Tante sono le sfumature e le possibili letture di tale espressione; tutte, però, volte a sottolineare come vi sia una speranza più tenace della (apparente) realtà, dei fatti, che spingerebbero a mollare.

Si tratta di uno dei messaggi di fondo che percorrono l’Antico e il Nuovo Testamento, la Bibbia ebraica e quella dei cristiani. È la “speranza fallita” del profeta Geremia, è la speranza di Gesù crocifisso. È la speranza degli sconfitti, degli ultimi, dei “minimi”.

Il miglior augurio, oggi

Non, beninteso, una forma larvata di rassegnazione o, magari, di ostinazione; piuttosto un impegno concreto e quotidiano per migliorarsi e migliorare il mondo, i nostri mondi personali e il mondo da tutte/tutti condiviso.

È, forse, il miglior augurio, se non l’unico, che si possa rivolgere a chi patisce sofferenza e guerra, ai ragazzi della Cisgiordania e di Gaza e di tutte “le altre Gaza” sparse sul globo. È l’augurio da porgere alle vittime, ai carcerati, a chi subisce le più diverse forme di schiavitù.

È l’augurio di Natale più vero per le donne e gli uomini del nostro tempo, per ciascuno/a di noi. I vagiti di quel bimbo nato nella mangiatoia paiono proprio esortarci in tal senso: Spes contra spem.

Mattarella: volontari veri patrioti, è palestra democrazia

Roma, 6 dic. (askanews) – Nella sua Palermo, in un Teatro Massimo che l’accoglie con un applauso familiare, Sergio Mattarella non solo parla del valore del volontariato, “patrimonio impressionante” e “vera palestra di democrazia”, ma lo declina secondo i valori costituzionali che riflette, allargando così la riflessione oltre i confini dell’occasione, il passaggio di testimone di capitale del volontariato tra Palermo nel 2025 e Modena che lo sarà nel 2026.

I volontari, sottolinea il Capo dello Stato, scegliendo un’espressione non certo casuale, “sono veri e propri patrioti” che accrescono il “valore morale del nostro Paese” perchè il volontariato “non è solo una sorta di pronto soccorso nelle grandi emergenze”, ma “accompagna e offre significato alla quotidianità delle persone” ed è “protagonista nell’attuazione di principi della nostra Costituzione”.

La Carta, sembra dire il presidente, non immagina un cittadino ripiegato su se stesso ed autoreferenziale, ma aperto alla costruzione, con un proprio contributo, del bene comune. Per questo cita Sergio Paronetto, politico e protagonista dell’Azione cattolica tra le due guerre, nonchè promotore del Codice di Camaldoli, che ha preceduto la redazione della Costituzione, e ne ricorda le parole: “Vogliamo essere annoverati tra quelli che saranno giudicati perchè faranno”.

Concetto ancora più importante oggi, in un tempo avvelenato dalla paura. Quello che viviamo “è un tempo contrassegnato anche da paure suscitate da tossine messe in circolo ingannevolmente – osserva – da indifferenze che non condannano la sopraffazione, la violenza, l’illegalità, da un allontanamento dalle ragioni della convivenza civile”. “Le tossine oscurano il futuro e il volontariato è un antidoto prodigioso”, aggiunge. Dietro a queste parole, al rischio di una visione della vita che privilegia “l’entropia dell’individualismo”, ci sono tanti temi di attualità, dall’Ucraina alle questioni italiane.

Davanti a una giovane volontaria palermitana, che osserva come occupandosi degli altri “si dona uno e si riceve mille”, Mattarella chiosa che “è il disinteresse nei confronti delle altre persone, nei confronti della società a provocare diseconomie determinando inoltre fratture sociali, esclusione, deserto”. Insomma, “la giustizia, premessa della pace, si realizza iniziando dal basso, da quel che è vicino”, dall’essere comunità e dal coltivare la coesione.

Parla agli “scettici”, infine, il presidente, a chi pensa che “la gratuità sia un termine caduto in disuso” oppure “una ingenua illusione per anime belle ma fuori della realtà”: si sbagliano, queste azioni gratuite sono “volano concreto di costruzione del bene comune”.

Formula1, Verstappen: "Vincere e poi pensare alla classifica"

Roma, 6 dic. (askanews) – “In Q3 la pista è migliorata, sono felice di essere in pole, non possiamo far altro che il massimo, poi non dipende solo da noi. Io cercherò di vincere ma in un angolo della mia testa ci sarà anche la classifica”. Così MAx Verstappen a caldo dopo la pole conquistata ad Abu Dhabi, ultimo Gp della stagione

Lando Norris, che partirà in prima fila, aggiunge: “E’ dura, Max ha fatto un bel lavoro, noi abbiamo fatto il possibile, sono contento, mi dispiace non essere in pole, cerchiamo di rifarci domani. Obiettivo podio? Non so, ci penseremo, per ora sono deluso di aver mancato la pole, proverò a vincere, quello è l’obiettivo”.

Chiude Piastri: “Penso di essere andato bene, ho fatto un bel giro in Q1, anche in Q3 ma non ero abbastanza veloce. Sarà una giornata emozionante domani. Vedremo, Max è stato veloce anche in simulazione gara, vedremo che passo avremo”.

Venerdì 12 sciopero generale Cgil contro la manovra, Landini a Firenze

Roma, 6 dic. (askanews) – Contro una manovra di bilancio ritenuta “ingiusta”, la Cgil ha proclamato per venerdì 12 dicembre uno sciopero generale. L’astensione dal lavoro interesserà tutti i settori, pubblici e privati, per l’intera giornata. Sono inoltre previste manifestazioni in tutte le città, dal Nord al Sud Italia. Il segretario generale, Maurizio Landini, parteciperà al corteo di Firenze il cui concentramento è previsto alle 9 in piazza Santa Maria Novella, per poi giungere in piazza del Carmine, dove prenderà la parola per il comizio conclusivo.

Con la mobilitazione di venerdì prossimo, la Cgil chiede di aumentare salari e pensioni, fermare l’innalzamento dell’età pensionabile, contrastare la precarietà, introdurre una riforma fiscale equa e progressiva, dire no al riarmo e investire in sanità e istruzione, oltre che attuare vere politiche industriali e del terziario.

Tra le manifestazioni in programma, la segreteria confederale della Cgil sarà impegnata in varie città. Giuseppe Gesmundo sarà a Genova: concentramento presso la Stazione Marittima alle 9, a seguire corteo cittadino e comizio conclusivo davanti alla prefettura, in Largo Lanfranco. Lara Ghiglione sarà a Ferrara: appuntamento in piazzale Medaglie d’Oro (Prospettiva) alle 9.30. Luigi Giove sarà a Napoli: concentramento in piazza del Gesù alle 9 e comizio conclusivo in piazza Municipio.

Dopo la maxi-multa Elon Musk ha detto che la Ue si deve sciogliere

Roma, 6 dic. (askanews) – L’imprenditore statunitense Elon Musk ha chiesto lo scioglimento dell’Unione Europea e la restituzione della sovranità a ciascun Paese membro. “L’Ue dovrebbe essere smantellata e la sovranità restituita a ogni Paese affinché i governi possano rappresentare meglio i propri cittadini”, ha scritto Musk sul suo profilo X, il social che lui controlla. Ha inoltre messo in discussione da cosa esattamente gli Stati Uniti starebbero proteggendo l’Europa. Musk ha aggiunto in seguito, in un altro post su X, che la burocrazia dell’Ue sta “soffocando lentamente l’Europa”. In precedenza, un rappresentante della Commissione Europea aveva annunciato a Bruxelles che l’Ue aveva imposto alla piattaforma X una multa da 120 milioni di euro per violazione della Legge europea sui servizi digitali.

Formula1, Russell il più veloce ad Abu Dhabi

Roma, 6 dic. (askanews) – GP Abu Dhabi 2025, FP3: tensione altissima nel sabato decisivo delle qualifiche. Lewis Hamilton finisce a muro in curva 9, causando bandiera rossa e danni alla sua Ferrari. Dopo la ripresa, George Russell sorprende tutti con il miglior tempo in 1’23″334, davanti a Lando Norris e Max Verstappen. Quarto Fernando Alonso, quinto Oscar Piastri. Episodi di tensione in pista tra Norris e Tsunoda e in pit-lane tra Antonelli e Tsunoda, con possibili penalità. Buona prova per la Haas: Ocon sesto e Bearman settimo. Ferrari in difficoltà: Leclerc ottavo. Tutto pronto ora per le qualifiche decisive del Mondiale.

Crosetto sui rapporti tra Europa e Usa: la Ue non serve a Trump

Roma, 6 dic. (askanews) – Gli Stati Uniti “hanno in corso una competizione sempre più difficile, complessa e dura con la Cina e ogni loro atto, decisione, comportamento, deve essere letto in questo scenario”. Lo ha sottolineato, in un lungo post su X, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, rimarcando il rapporto mutato dell’amministrazione americana con l’Unione europea.

“Da 3 anni, in privato, incontri, riunioni dei ministri, interviste, dico ciò che ieri è stato codificato nella Strategia di Sicurezza Nazionale Usa e cioè che il rapporto con l’Ue sarebbe mutato e che le garanzie di difesa regalate dopo il ’45 sarebbero finite velocemente. Era chiaro, evidente”, ha scritto Crosetto.

“Con una tempistica più accelerata di quella che temevo (pensavo concedessero 2/3 anni in più) è accaduto ciò che era previsto”, ha aggiunto, “La traiettoria della politica americana era evidente già prima dell’avvento di Trump che ha soltanto accelerato un percorso irreversibile. Gli Usa hanno in corso una competizione sempre più difficile, complessa e dura con la Cina e ogni loro atto, decisione, comportamento, deve essere letto in questo scenario”.

Secondo Crosetto, “Trump ha semplicemente esplicitato che l’Ue gli serve poco o nulla in questa competizione. Perché non ha risorse naturali particolarmente rilevanti o utili. Perché sta perdendo la competizione sull’innovazione e la tecnologia. Perché non ha potere militare. Perché, rispetto ai nuovi attori del Mondo, è piccola, lenta e “vecchia”.

“I motivi per cui lo abbia fatto anche con un po’ di asprezza non sono nemmeno loro una sorpresa perché i suoi giudizi (e quelli di molti esponenti repubblicani o maga) su alcune posizioni e scelte politiche dell’Unione sono note da anni. Ma il tema principale non è l’Ue”, ha aggiunto il titolare della Difesa, “Come si nota dal poco spazio dedicato al vecchio continente, nella strategia resa nota ieri. Ogni decisione, ogni atto futuro sarà affrontato con un solo obiettivo: il rafforzamento degli Usa nella competizione con la Cina. Un approccio pragmatico, senza sentimenti o legami, utilitaristico ed esclusivamente orientato alla supremazia economica e tecnologica nei prossimi anni perché significa supremazia in questo secolo”.

“Nulla di nuovo, per chi lo avesse seguito negli anni, nulla di strano rispetto alla visione americana consolidata”, ha proseguito, “È questo scenario (come dicevo ampiamente previsto) quello nel quale devono essere definite le scelte, le decisioni, le strategie delle nazioni più piccole (come noi). Perché anche noi abbiamo bisogno di risorse. Perché anche noi abbiamo bisogno di tecnologie. Perché anche noi abbiamo bisogno di far crescere la nostra economia e difendere il nostro spazio di ricchezza. Non per esercitare una supremazia su qualcuno ma per garantirci futuro”.

“Nel frattempo però la pessima notizia è che dovremmo (per me dovremo) pensare a ciò che finora ci avevano fornito “gratuitamente”, i nostri alleati statunitensi: la sicurezza, la difesa e la deterrenza. Non parlo solo di quelle militari”, ha indicato Crosetto, “Per scelta politica in questi anni abbiamo costruito e consolidato una grande quantità di rapporti bilaterali con nazioni che ci possono aiutare nel percorso futuro (in Africa, Golfo, Asia, Sud America, Australia) per garantire e rafforzare la sicurezza economica, energetica e di approvvigionamenti strategici. Per scelta abbiamo contribuito a dare un piccolo impulso positivo ad un’Europa che aveva perso il contatto con le traiettorie del Mondo pensando di poterlo plasmare a sua immagine e somiglianza. Piccolo, perché le resistenze ideologiche e burocratiche che rifiutano un approccio veloce e pragmatico alle evoluzioni della realtà sono fortissime e sedimentate”.

L’Europa, ha concluso il ministro, “è anche però un luogo naturale dove poter trovare partners per fare ciò che da soli siamo troppo piccoli per realizzare. Ad esempio è chiaro che la “soglia di ingresso” finanziaria per recuperare il tempo perso su tecnologie fondamentali richiede una quantità di investimenti pubblici e privati tali che anche per 27 nazioni sono pesanti. Ma vanno fatti, per sopravvivere. Stesso discorso per la Difesa: più siamo, più è forte, meno costa. Siamo nel pieno centro di cambiamenti epocali. Occorre vederli, capirli ed orientare la nave, come in mare durante una tempesta. Perché, come accade in mare, nessuno, nemmeno i più grandi sono in grado di controllare i flussi dei tempi nei quali viviamo, ma ognuno é costretto ad affrontarli navigando al meglio”.

Appello di Grossi (Aiea) alla moderazione in Ucraina "per evitare un incidente nucleare"

Roma, 6 dic. (askanews) – La centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia ha temporaneamente perso tutta l’alimentazione elettrica esterna durante la notte tra venerdì e sabato. Lo ha dichiarato l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) su X, citando il suo direttore generale, Mariano Grossi. Secondo l’organo delle Nazioni Unite sulla sicurezza nucleare, si tratta dell’undicesimo episodio di questo tipo dall’inizio del conflitto. La centrale nucleare è stata riconnessa a una linea elettrica da 330 kilovolt (kV) dopo un’interruzione di trenta minuti, ma una linea da 750 kV resta ancora scollegata, ha aggiunto l’Aiea.

Questa interruzione di corrente è stata provocata da attività militari durante la notte, che hanno colpito la rete elettrica ucraina e costretto le centrali nucleari in attività a ridurre la loro potenza, ha chiarito l’Aiea. Mariano Grossi ha ribadito il suo appello alla moderazione militare “per evitare un incidente nucleare”, ha proseguito l’agenzia.

L’Aiea aveva inoltre confermato, venerdì, che l’arco che protegge il reattore danneggiato della centrale nucleare di Chernobyl, anch’esso situato in Ucraina, non era più in grado di garantire la sua funzione di protezione a causa dei danni causati da un drone.

Michael Bubl canta in Vaticano: “La musica porta messaggio di pace”

Roma, 6 dic. (askanews) – Racconta il suo incontro con il Papa, l’emozione di cantare al Concerto per i Poveri in Aula Paolo VI, in Vaticano, davanti a Leone, il suo rapporto con la fede, il messaggio che pu arrivare dalla musica – la pace e l’unit – e i suoi progetti futuri. Michael Bubl parla ad askanews nel giorno in cui si esibisce in Vaticano, interpretando – fra gli altri brani – l’Ave Maria, come voluto dal Pontefice.

“Sono ancora sopraffatto dall’incontro – dice – , uno dei momenti pi belli della mia vita finora. difficile spiegare o esprimere quanto abbia significato per me, per la mia famiglia e per mia moglie. Onestamente, ero cos nervoso e sopraffatto che gli ho detto semplicemente che gli ero cos grato. stato molto dolce con me”.

Il Papa? “Un uomo umile, molto caloroso e davvero gentile – racconta Bubl – e questo mi ha reso ancora pi emozionato di essere qui”.

Cantare l’Ave Maria in Vaticano? “Oh, emozionato, confuso, confuso e terrorizzato. Tutte queste cose insieme. Voglio solo rendere orgogliosa la mia famiglia”.

La musica pu portare un messaggio di pace e unit? ” proprio questo il suo compito. Penso che la musica sia questo ponte perch credo che ci che fa ricordarci che abbiamo molte pi cose in comune di quelle che ci separano. Quindi adoro poter essere una piccola voce nel creare speranza”.

Infine i progetti per il futuro. “Ce ne sono tanti. Il primo essere un buon padre, essere davvero presente e godermi la crescita dei miei splendidi figli. Il secondo continuare a fare musica che amo per le persone che amo, cio voi. E il terzo continuare a crescere, semplicemente crescere, divertirmi, non prenderla mai troppo sul serio, e poi mettere tutto nelle mani di Dio, fare bene il proprio lavoro, essere integri, fare quello che fai con leggerezza e gentilezza e poi sapere che la tua famiglia e la tua fede sono al tuo fianco e che, qualunque cosa accada, in realt non poi cos seria, solo musica”.

Che fine ha fatto il cessate-il-fuoco a Gaza?

Roma, 6 dic. (askanews) – Tre persone sono state uccise e diverse altre sono rimaste ferite dalle Idf (Forze di Difesa israeliane) a Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza. Lo ha riferito la tv satellitare araba al Jazeera, che ha citato una fonte dell’ospedale Shifa di Gaza City.

Secondo Wafa, l’agenzia di stampa ufficiale dell’Autorità nazionale palestinese, due persone sono state uccise da un attacco con droni nel quartiere nord-occidentale di Atatra, a Beit Lahiya, attraverso il quale passa la linea del cessate-il-fuoco di Gaza. Non è chiaro a quale lato della linea si riferisca l’agenzia.

L’agenzia di protezione civile di Hamas ha identificato il suo tenente, Suhail Dahman, come un’altra delle persone uccise oggi a Beit Lahiya, aggiungendo che suo figlio ha riportato gravi ferite. Secondo Wafa, sono stati bombardati da Israele vicino alla moschea Ribat, sul lato controllato da Hamas della cosiddetta Linea Gialla.

Nel frattempo, un palestinese ha riportato gravi ferite in un attacco di artiglieria israeliana nel quartiere orientale di Shejaiya, a Gaza City, secondo una fonte dell’ospedale Al-Ahli Baptist della città, citata sempre da al Jazeera. La Linea Gialla attraversa Shejaiya.

Altre due persone sono rimaste ferite a causa di un bombardamento delle Idf nel quartiere Nasser di Gaza City, ha riferito al Jazeera citando i soccorritori. Il quartiere si trova dal lato della Linea Gialla controllato da Hamas. L’emittente ha infine riportato anche bombardamenti delle Idf su Rafah e Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza.

Volontariato, Mattarella: paure messe in circolo da tossine indifferenza

Roma, 6 dic. (askanews) – Questo “è un tempo contrassegnato anche da paure suscitate da tossine messe in circolo ingannevolmente da indifferenze che non condannano la sopraffazione, la violenza, l’illegalità, da un allontanamento dalle ragioni della convivenza civile”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parlando al Teatro Massimo di Palermo alla cerimonia conclusiva di Palermo capitale del volontariato 2025.

“Le tossine oscurano il futuro e il volontariato è un antidoto prodigioso” ha aggiunto il Capo dello Stato.

Mimit, mercoledì 10 secondo Forum ministeriale italo-tedesco

Roma, 6 dic. (askanews) – Mercoledì 10 dicembre, alle ore 15, si terrà al ministero delle imprese e del Made in Italy il II Forum Ministeriale italo-tedesco presieduto dal ministro Adolfo Urso, e dal ministro federale dell’Economia e dell’Energia della Germania, Katherina Reiche.

Al centro del bilaterale, riporta un comunicato, previsto dal Piano d’Azione italo-tedesco firmato dai due Paesi nel novembre 2023, i temi di cooperazione industriale, i principali dossier europei e le sfide della transizione digitale e green delle imprese. Previsto un girotavolo per gli operatori e una conferenza stampa con i due ministri al termine dell’incontro. (fonte immagine: Mimit)

Papa: "Non fare le cose buone brontolando ma con il sorriso"

Roma, 6 dic. (askanews) – “Il mondo diventa migliore, se noi perdiamo un po’ di sicurezza e di tranquillità per scegliere il bene. Questo è partecipare. Chiediamoci – incoraggia quindi -: sto partecipando a qualche iniziativa buona, che impegna i miei talenti? Ho l’orizzonte e il respiro del Regno di Dio, quando faccio qualche servizio? Oppure lo faccio brontolando, lamentandomi che tutto va male?”. Così Papa Leone XIV nell’udienza giubilare a piazza San Pietro.

“Oggi – ha detto il Santo Padre – vorrei ricordare Alberto Marvelli, giovane italiano vissuto nella prima metà del secolo scorso. Educato in famiglia secondo il Vangelo, formatosi nell’Azione Cattolica. A Rimini e dintorni con tutte le forze a soccorrere i feriti, i malati, gli sfollati. Tanti lo ammirano per questa sua dedizione disinteressata e, dopo la guerra, viene eletto assessore e incaricato della commissione per gli alloggi e per la ricostruzione. Entra nella vita politica attiva, ma proprio mentre si reca in bicicletta a un comizio viene investito da un camion militare. Aveva 28 anni. Alberto ci mostra che sperare è partecipare, che servire il Regno di Dio dà gioia anche in mezzo a grandi rischi. Il mondo diventa migliore, se noi perdiamo un po’ di sicurezza e di tranquillità per scegliere il bene. Questo è partecipare. Chiediamoci – incoraggia quindi -: sto partecipando a qualche iniziativa buona, che impegna i miei talenti? Ho l’orizzonte e il respiro del Regno di Dio, quando faccio qualche servizio? Oppure lo faccio brontolando, lamentandomi che tutto va male?”.

Secondo il Pontefice “il sorriso sulle labbra è il segno della grazia in noi. Sperare è partecipare. Nessuno salva il mondo da solo. E neanche Dio vuole salvarlo da solo: Lui potrebbe, ma non vuole, perché insieme è meglio. Partecipare ci fa esprimere e rende più nostro ciò che alla fine contempleremo per sempre. Dio non è fuori dal mondo fuori da questa vita. Occorre cercarlo fra le realtà della vita con intelligenza, cuore e maniche rimboccate! E il Concilio ha detto che questa missione è in modo particolare dei fedeli laici, uomini e donne, perché il Dio che si è incarnato ci viene incontro nelle situazioni di ogni giorno. Nei problemi e nelle bellezze del mondo, Gesù ci aspetta e ci coinvolge. Il motto del Giubileo ‘Pellegrini di speranza’ – conclude non è uno slogan che tra un mese passerà! È un programma di vita” ha concluso.

Le forze di Putin hanno bersagliato le infrastrutture dell’Ucraina, ferrovie e centrali

Roma, 6 dic. (askanews) – Missili e droni russi hanno colpito un nodo ferroviario vicino a Kiev, danneggiandone le infrastrutture. Lo ha annunciato la compagnia ferroviaria ucraina Ukrzaliznytsia, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters. Non si registrano vittime nell’attacco, avvenuto durante la notte nella città di Fastiv, secondo Ukrzaliznytsia. La compagnia ferroviaria ha annunciato la cancellazione di diversi treni regionali vicino a Kiev e alla città di Chernihiv.

Gli attacchi russi hanno inoltre colpito infrastrutture energetiche negli oblast di Chernihiv, Zaporizhzhia, Leopoli e Dnipropetrovsk, secondo il ministero per lo Sviluppo delle comunità e dei territori ucraino.

Il ministero dell’Energia ucraino ha inoltre riferito che otto oblast’ sono stati colpiti dagli attacchi (Kiev, Chernihiv, Leopoli, Odessa, Zaporizhzhia, Dnipropetrovsk e Mykolaiv), che hanno provocato anche interruzioni di corrente.

“I lavori di riparazione d’emergenza sono già in corso laddove le condizioni di sicurezza lo permettono. Le compagnie energetiche stanno facendo tutto il possibile per ripristinare l’elettricità per tutti i clienti il più rapidamente possibile”, ha dichiarato il ministero su Telegram.