Cattolici al bivio: fuori o dentro il Pd? Con Schlein è cambiato tutto.

Siamo arrivati ad un bivio: ovvero, o si consolida la logica e la deriva della esperienza dei “cattolici indipendenti di sinistra”, oppure si decide di intraprendere un’altra strada politica ed organizzativa.

È quasi divertente leggere e rileggere le riflessioni di Delrio sul ruolo degli ex cattolici popolari all’interno del Pd a trazione Schlein. Divertente purché si assiste ad una serie di piroette dettate da un tatticismo e da un pragmatismo che rischiano, francamente, di scivolare sempre di più nel ridicolo. Certo, tutti sappiamo che chi ricopre ruoli di potere nel partito o ruoli istituzionali o di sottogoverno e arriva dalla tradizione del cattolicesimo politico è quasi costretto a restare all’interno di quel partito, anche quando confligge apertamente con la sua cultura di riferimento. E questo per il semplice ed antico principio del realismo politico…

Ma, per fermarsi al Pd a guida Elly Schlein, è evidente a tutti – tranne a Delrio e alla sua corrente – che i cattolici popolari, sociali e democratici in un partito con un profilo politico radicale, libertario, massimalista ed estremista possono giocare solo un ruolo di semplici spettatori. O meglio, politicamente marginale e culturalmente del tutto ininfluente. Come, del resto, sta puntualmente capitando. Il che, detto fra di noi, è del tutto comprensibile e anche giustificato perché una leadership politica che è uscita vincente dai gazebo delle primarie ha non solo il diritto ma anche il dovere di declinare il suo progetto in autonomia e con la necessaria tranquillità e in coerenza con l’impegno che si è assunta di fronte ai cittadini/elettori.

Detto questo, forse è giunto il momento per dire che, al di là dei tatticismi e delle piroette simpatiche di Delrio, la cultura, la tradizione e la storia del cattolicesimo popolare e sociale non debbano più ridursi a mendicare un tozzo di pane – cioè una manciata di candidature – pur di restare in un partito che, oggettivamente, persegue legittimamente un’altra prospettiva politica perché altrettanto semplicemente risponde ad altri valori, ad altri principi e ad altri riferimenti etici e culturali. Perché diventa francamente imbarazzante svendere una identità sacrificandola sull’altare delle mera convenienza politica e personale. E questo perché nel momento in cui sta ritornando, seppur lentamente, la politica e con la politica i suoi strumenti costitutivi – cioè i partiti e le culture politiche di riferimento – occorre anche avere il coraggio di “ribaltare il tavolo”, come si suol dire. E quindi mettere in campo quel coraggio civico e quella cultura della responsabilità che sono richiesti in fasi storiche di profondo cambiamento e rinnovamento. 

E dopo la squallida e decadente stagione del populismo anti politico, qualunquista e demagogico del grillismo, è persin naturale che le culture politiche ritornino protagoniste. A cominciare, appunto, dalla gloriosa, antica ma straordinariamente attuale e moderna tradizione cattolico popolare, sociale e democratica. Certo, per cercare, seppur con umiltà e pazienza, di centrare questo obiettivo non possono più avere cittadinanza i tatticismi esasperati e le rendite di posizione.

Ecco perché siamo arrivati ad un bivio: ovvero, o si consolida la logica e la deriva della esperienza dei “cattolici indipendenti di sinistra” – logica cara ai Delrio – oppure si decide di intraprendere un’altra strada politica ed organizzativa. Fatta di coerenza, di impegno, di coraggio, di elaborazione culturale e di progettualità politica. Senza alcuna polemica, senza alcuna arroganza e senza presunzione, ma con la sola consapevolezza di continuare a lavorare per costruire e perseguire il “bene comune” della società in cui siamo concretamente inseriti e con cui dobbiamo fare quotidianamente i conti.