In un editoriale su Repubblica il monaco laico Enzo Bianchi avanza una riflessione degna di nota. In sostanza, dice Bianchi, i cattolici nella vita pubblica italiana non ci sono più, al di là di ciò che capita concretamente nel centro destra e nella sinistra. Perché, anche se abbiamo una coalizione di governo che sbandiera continuamente il richiamo ai valori cristiani e cattolici e una sinistra che, purtroppo, registra l’assenza della cultura cattolico democratica, popolare e sociale, semplicemente – dice il Nostro – è venuta a mancare la presenza di quei cattolici che sono ancorati al messaggio conciliare e al magistero di Papa Francesco. Il tutto, conclude Bianchi, frutto anche della prassi inaugurata dal cardinal Ruini all’inizio degli anni ‘90 quando i Vescovi, di fatto, hanno sostituito nel rapporto con la politica e il potere il ruolo tradizionale svolto per molti
decenni dal laicato cattolico.
Quello che, per dirla in breve, ha fatto per quasi 50 anni la Democrazia cristiana attraverso la sua autorevole e qualificata classe dirigente. Ora, è abbastanza evidente che Bianchi coglie nel segno. Soprattutto quando lamenta l’assenza politica e culturale di una componente specifica del laicato cattolico. Ovvero, quello che comunemente viene definito come cattolicesimo popolare e sociale. Perché è inutile negare che quella cultura, quel pensiero e quella tradizione si sono progressivamente affievoliti se non del tutto scomparsi nella cittadella politica italiana.
Nella sinistra perché il nuovo corso della Schlein ha inaugurato una fase dove la cifra radicale, massimalista e libertaria ha soppiantato, di fatto, quella feconda pluralità culturale che aveva caratterizzato la vita di quel partito per alcuni anni. Nella destra perchè da quelle parti la tradizione del cattolicesimo politico è storicamente un corpo estraneo a vantaggio di un approccio grossolanamente integralista e confessionale. Non citiamo i 5 stelle perchè si tratta di un partito populista antropologicamente alternativo alla cultura del cattolicesimo politico italiano.
Per quanto riguarda il costituendo Centro è abbastanza evidente che quello spazio politico resta il luogo politico privilegiato e più coerente per declinare, laicamente, la cultura e la tradizione del cattolicesimo popolare e sociale. A due condizioni, però. E cioè, che sia un luogo politico culturalmente plurale e che, soprattutto, sia caratterizzato da una leadership diffusa. Insomma, l’esatto contrario dei ‘partiti personali’ e dei ‘partiti del capo’.
Ecco perchè l’invito di Enzo Bianchi, lo ripeto, non può e non deve essere sottovalutato. E l’assenza dei cattolici nella politica contemporanea, per riprendere le sue parole, merita adesso una puntuale ed attenta riflessione. Al di là della propaganda spicciola, della convegnistica autoreferenziale e della presunzione intellettuale di rappresentare l’intero mondo cattolico in politica in virtù della propria saccenza culturale e moralistica.