Dopo il voto del 4 marzo e, soprattutto, dopo l’avvio della nuova maggioranza di governo, sono emerse alcune costanti politiche destinate a durare nel tempo. Almeno sino alle prossime consultazioni elettorali. E non solo quelle europee.
Innanzitutto e’ tramontato definitivamente l’esperienza dei cosiddetti “partiti plurali”. E, nello specifico, l’esperienza originaria del Partito democratico e di Forza Italia. Due storie politiche profondamente diverse tra di loro ma accomunate dal medesimo destino: e cioè, in quei contenitori politici non possono più coesistere storie, culture, filoni ideali diversi se non alternativi e sintetizzate solo dalla voce del “capo”. Gli elettori, dopo molti anni, e per motivi diversi, hanno emesso il responso. Quei due partiti continuano ad esistere e ad avere un ruolo importante nella politica italiana, com’è ovvio e scontato, ma con un consenso massicciamente inferiore rispetto alle loro stagioni migliori. Non a caso, i vecchi e tradizionali centro destra e centro sinistra sono ormai ricordi del passato perché anche in quei due ed opposti campi politici l’equilibrio e’ cambiato profondamente. Nell’ex centro sinistra il Pd ha smarrito definitivamente la tanto sbandierata “vocazione maggioritaria” e Forza Italia è diventata, di fatto, un elemento del tutto residuale nel campo conservatore alternativo alla sinistra.
In secondo luogo, dopo il 4 marzo molti esponenti politici, intellettuali e uomini di cultura invocano una sacra alleanza di tutti i cosiddetti democratici e riformisti contro i “sovranisti” e i nuovi “populisti”. Non solo con le piroette del simpatico Calenda, ma addirittura il leader storico dell’Ulivo, Romano Prodi, dopo aver appoggiato con risultati alquanto deludenti e devastanti la lista “Insieme” alle elezioni del 4 marzo, e’ arrivato alla conclusione che in vista delle prossima consultazione europea occorre creare un “raggruppamento che veda insieme, non nello stesso partito, ma alleati i socialisti, i Verdi, i liberali e i macronisti”. Peccato che proprio il capo dlel’Ulivo abbia dimenticato i cattolici democratici, cioè una delle culture politiche fondanti della nostra democrazia e della nostra attualissima carta costituzionale. Una proposta, non affatto originale, ma curiosa quando arriva da un esponente antico e autorevole come Romano Prodi che si è sempre caratterizzato come un politico cattolico democratico e che ha sempre respinto le ammucchiate politiche ed elettorali come soluzione e risposta ai nodi politici. Per fermarci all’oggi, come risposta politica all’ondata leghista, sovranista e populista.
Ora, e’ del tutto evidente che il profondo cambiamento politico innescato con il voto del 4 marzo ha messo in discussione i vecchi parametri, le vecchie alleanze e e i vecchi riti dell’azione politica. Ma, accanto alla “rivoluzione” politica intervenuta, e’ altrettanto indubbio che la risposta non può essere la riproposizione dei vecchi strumenti politici bocciati clamorosamente e ripetutamente dagli elettori, cioè Partito democratico e Forza Italia ne’, forse, riproponendo quelle ammucchiate che oltre a radicalizzare il confronto politico rischiano solo di avvantaggiare chi gode oggi di uno straordinario e massiccio consenso elettorale. E cioè la Lega di Salvini e il movimento di Grillo e Casaleggio.
Ecco perche’, respinte queste due ipotesi politiche, l’una perché impraticabile e l’altra perche’ pasticciata e confusa, non si può che ritornare ad una politica che esalti l’identità culturale e programmatica da un lato e che costruisca una alleanza politica e solida dall’altro. Questa è l’unica strada realisticamente percorribile, al di là delle fumisterie politologiche e delle dissertazioni da salotto ed elitarie per creare – forse – una alternativa al populismo sovranista. In questa cornice anche i cattolici democratici, popolari e sociali laicamente devono ritornare in campo con una proposta politica ed organizzativa. Cioè con un progetto politico ed organizzativo, senza ulteriori rinvii e senza inutili attese di qualche “messia” all’orizzonte. Altroché dimenticare la cultura e la storia dei cattolici democratici… Ed ecco perche’ in questa concreta fase politica e’ quantomai necessario rimettere in gioco quelle culture politiche e quei partiti che possono e devono, altrettanto concretamente e senza evocare scenari virtuali, innescare un processo politico capace, un domani, di invertire la rotta. Sarà un processo lungo, difficile e articolato ma adesso è arrivato il momento di ripartire. Senza demagogia, senza propaganda ma con realismo e coraggio.