Cattolici, uscire dall’anonimato: ce lo ricorda Camaldoli.

La vera sfida resta quella di uscire da una cronica ed oggettiva subalternità politica e culturale e di intraprendere, al contempo, un cammino di autonomia progettuale e di elaborazione politica.

Se c’è una lezione che i nostri grandi leader e maestri del passato ci hanno trasmesso è che i cattolici – democratici, popolari e sociali – non possono mai ridursi in politica a giocare un ruolo da comprimari o da semplici spettatori. Ma ve li immaginate, per fare un solo esempio, uomini come Carlo Donat-Cattin o Guido Bodrato o Ciriaco De Mita o Luigi Granelli e donne come Tina Anselmi e Maria Eletta Martini applaudire il capo di turno o ritagliarsi un ruolo politico del tutto marginale ed insignificante allinterno del partito di appartenenza? Certo, la risposta può anche essere semplice e diretta: ma erano altri tempi…. No, anche quei tempierano difficili e carichi di contraddizioni e di difficoltà e dove, soprattutto, la lotta politica era ancora più cruenta rispetto alla stagione contemporanea. E allora la risposta più calzante e coerente è una sola: ma quelli erano semplicemente leader politici e non avrebbero mai accettato ruoli testimoniali, laterali o, peggio ancora, del tutto succubi ed accondiscendenti rispetto ad altre culture e filoni ideali. Soprattutto quando hanno lindole e lobiettivo di ridicolizzare o di emarginare la cultura e la tradizione del cattolicesimo politico e popolare del nostro paese.

Ora, abbiamo ascoltato in questi giorni le importanti ed autorevoli sollecitazioni, e riflessioni, attorno al ricordo del Codice di Camaldoli. Al di là della ricostruzione storica, politica e culturale di quel documento decisivo per il futuro stesso della nostra democrazia e del nostro sistema politico, è indubbio che i gruppi dirigenti dei cattolici di quel tempo furono semplicemente determinanti nel saper orientare e condizionare la guida politica, economica e civile del paese. Un ruolo che nessuno può svilire o ridurre ad un banale contributo programmatico o valoriale. E le riflessioni ad alta voce di questi giorni pronunciate dal cardinal Zuppi, dal Presidente Sergio Mattarella, dai vari studiosi di quel Codice e da alcuni esponenti politici, lo hanno giustamente e coerentemente ricordato e sottolineato. Ma, ed è la lezione che dobbiamo recuperare da questa rilettura storica e culturale, oggi non possiamo assistere passivamente a questo ricordo senza porsi il problema che un rinnovato protagonismo politico, culturale e programmatico dei cattolici italiani – e senza alcuna arroganza o presunzione – è semplicemente e nuovamente necessario ed indispensabile per la qualità della democrazia italiana, per la credibilità delle nostre istituzioni democratiche e per la stessa efficacia dellazione di governo. Un ruolo che, ieri come oggi, non può limitarsi a guardare la partita dagli spalti.

E se questo è vero, com’è vero, vanno assecondati adesso tutti gli sforzi politici ed organizzativi tesi e finalizzati a ridare spazio e cittadinanza attiva alla cultura e ai valori del cattolicesimo popolare e sociale nella cittadella politica contemporanea. Un ruolo che coincide, oggi più che mai, con un protagonismo politico, culturale, programmatico e forse anche organizzativo dellarea popolare e cattolico democratica. Certo, il tutto non passa attraverso la riscoperta, aggiornata e rivista, della tradizione catto comunistadei Prodi e dei Delrio di turno o, peggio ancora, con la riproposizione dellennesima e vecchia corrente allinterno del Pd a guida Schlein. Quelle, come ovvio a quasi tutti, sono semplici operazioni di potere che rispondono ad organigrammi di potere allinterno di un partito e che sono del tutto estranee ed esterne ad un rinnovato protagonismo dellarea popolare e cattolico sociale nel nostro paese. Come, del resto, le operazioni tese a fare dei Fratelli dItalia la nuova casa di matrice e di radice democristiana. La vera sfida, semmai e al contrario, resta quella di uscire da questa cronica ed oggettiva subalternità politica e culturale e di intraprendere, al contempo, un cammino di autonomia progettuale e di elaborazione politica.

E dove i valori cristiani e democratici non erano meri ornamenti da salotto ma la leva decisiva e qualificante per declinare un vero e proprio progetto di società”. Ieri, come oggi, si tratta semplicemente di recuperare quella coerenza, quel coraggio e quella intelligenza politica, culturale e progettuale. E forse anche organizzativa.