Spagna, le elezioni frustrano i sogni della destra nazionalista

Le urne hanno decretato la vittoria dei Popolari, la tenuta dei socialisti e il crollo di Vox. Se popolari e socialisti troveranno un modus vivendi, un riflesso positivo si avrà anche fuori dalla Penisola iberica.

Un cambio di maggioranza ed equilibri diversi in Europa sono a portata di mano dopo il voto della Spagna. La dichiarazione a scrutinio in corso di Fulvio Martusciello, capogruppo di Forza Italia a Bruxelles, è una brutta scivolata che nasce dalla fretta di dire qualcosa di destra. Se avesse atteso lesito finale del voto, leurodeputato azzurro si sarebbe risparmiata la brutta figura. In realtà, la vittoria del Partito popolare di Spagna non porta alla formazione del paventato o auspicato accordo con i nazionalisti di Vox. I numeri non ci sono, ammesso che ci fosse la volontà del leader popolare Alberto Núñez Feijóo di tradurre lipotetica risorsa aritmetica in una effettiva soluzione politica.

I dati sono chiari. Le urne hanno decretato la vittoria dei Popolari, la tenuta dei socialisti e, sostanzialmente, il crollo di Vox. La partecipazione elettorale è aumentata di quattro punti rispetto alle elezioni del 2019, segno che neppure londata di calore ha frenato linteresse degli spagnoli a dire la loro in queste tesissime elezioni anticipate. Adesso non sarà facile formare il governo, a meno che Pedro Sánchez, il Premier socialista uscente, non si acconci a rimettere in piedi unalleanza a sinistra con lappoggio determinante dei partiti indipendentisti (a riguardo, però, il catalano Carles Puigdemont ha fatto presente che leventuale appoggio non sarà in cambio di nulla”). Sta di fatto che lincarico per formare il governo andrà, almeno in prima battuta, al partito di maggioranza relativa.

Feijóo lascia già intendere che chiederà ai socialisti di consentire il varo di un esecutivo di minoranza. Una soluzione che due grandi scrittori della Catalogna, Javier Cercas e Ildefonso Falcones, hanno suggerito alla vigilia del voto per dare una svolta in chiave anti populista alla politica spagnola. Io penso che il Pp – aveva detto ieri Falcones  al Corriere della Sera – non dovrebbe essere obbligato a stringere alcuna alleanza con Vox. Stiamo vivendo in un Paese che torna alla guerra civile, a dividersi. Lesercizio della politica è viscerale, si tirano linee rosseinvalicabili, a volte assurde. Lopzione più logica, che poi è quella proposta da Feijóo, è che i due grandi partiti si mettano daccordo per governare questo Paese senza la necessità di rivolgersi a Vox o ai separatisti catalani. E Cercas su Repubblica, il 20 luglio, si era espresso in maniera analoga: “…se il Pp dovesse riportare una vittoria netta, chiederei a Sánchez di stringere con Feijóo un accordo di legislatura che, poste le dovute condizioni, possa permettere al Pp di rappresentare la minoranza al governo, senza Vox. Sicché a tifare per le soluzioni luminescenti e improbabili, sempre appese alla liturgia del nemico da battere, rimangono in giro per il mondo i devoti della democrazia escludente, per la quale non esiste né mediazione né tregua, ma solo il vincitore di turno.

Le teste più riflessive invitano dunque a concentrarsi sui mali del populismo e del radicalismo. In un certo senso, la Spagna può farsi laboratorio di questo mutamento di sensibilità. Se popolari e socialisti troveranno un modus vivendi, per stabilire in via pratica che il bene della nazione viene prima delle pretese di fazione, un riflesso positivo si avrà anche fuori dalla Penisola iberica. Chi sogna in Europa di costruire un blocco di destra non ha da gioire per quello che si staglia allorizzonte della politica spagnola. Comunque la si giri, Vox rimane fuori dal governo e il Pp è obbligato a ragionare con i socialisti (se questi avranno cura di nonsragionare). È una buona notizia per molti, non certo però per Giorgia Meloni che resta, nel quadro europeo, la principale alleata di Vox. Per chi suona la campana?