Centro vuol dire soprattutto capacità e volontà di integrazione

Questo sforzo inclusivo è messo alla prova, tanto da esigere un vero salto di qualità. Comunque la si metta, il Centro continua ad essere determinante per le prospettive democratiche del Paese.

Sarebbe un’operazione del tutto inutile, nonchè estranea alla storia politica italiana, ricostruire un luogo politico di Centro escludente e respingente. Detto in altre parole, il Centro oggi o è politicamente inclusivo e squisitamente plurale oppure è destinato a sbattere contro gli scogli ancor prima di iniziare la sua navigazione in mare aperto. E questo per la semplice ragione che, tramontata la sostanziale e storica identificazione tra la cultura cattolica e il cattolicesimo politico con una esperienza politica centrista, è di tutta evidenza che quest’area può continuare a competere con la destra, la sinistra e i populisti solo se riesce a trarre un progetto politico generale dal pluralismo delle culture che si riconoscono nella cosiddetta “politica di centro”.

Ma questo sforzo inclusivo adesso è messo alla prova. Ovvero, o si riesce a fare un credibile e visibile salto di qualità oppure chi si candida, giustamente e legittimamente, ad interpretare e a farsi carico di quella domanda politica rischia di diventare in breve tempo il responsabile se non addirittura il commissario liquidatore di una categoria che, comunque la si metta, continua ad essere decisiva e determinante per la stessa prospettiva democratica del nostro paese. Un luogo politico, però, che deve essere interpretato da quelle culture che storicamente sono più affini a declinare una politica di centro. Altrimenti viene cavalcato e gestito, come emerge dalla concreta esperienza politica italiana, da forze e da partiti che sono strutturalmente esterni ed estranei a quella cultura e, soprattutto, a quel metodo.

In effetti il Centro – vale la pena ribadirlo ancora una volta, – non è soltanto merito e sostanza politica ma anche, e soprattutto nella concreta dialettica italiana, metodo e stile. Ovvero, chi non condivide la profonda e nefasta radicalizzazione della lotta politica nel nostro paese da un lato e il consolidamento di un violento e maldestro bipolarismo selvaggio dall’altro, non può che individuare in una credibile ed innovativa politica di centro la strada concreta per dare maggior qualità alla nostra democrazia e un miglior funzionamento allo stesso sistema politico italiano.

Per questi motivi il Centro dev’essere fortemente inclusivo e molto plurale. Plurale nella sua accezione originaria, ovvero culture politiche riformiste riconducibili ad una politica di centro e, soprattutto, plurale anche nella gestione democratica e concreta di quell’area politica. Ed è proprio su questo versante che sarà misurata la reale capacità di emergere di questo storico spazio politico nel nostro paese. Perchè dopo la stagione populista e dissacrante del pensiero grillino, seguita dal ritorno delle tradizionali categorie politiche della destra e della sinistra, il Centro può ritornare ad essere credibile solo se riesce a coniugare il profilo politico con quello democratico interno. E le prossime elezioni europee confermeranno, o meno, questa duplice necessità. Politica e metodologica. Solo così potrà tornare un Centro politico credibile, necessario, equilibrato e realmente democratico e riformista nel nostro paese.