Una riflessione sulle “Interviste” di Walter Veltroni ai socialisti Formica e a Martelli che hanno riproposto la loro versione della tentata “trattativa” con le Brigate Rosse per liberare Aldo Moro.
“Se non scrivete la storia che avete vissuto, quella storia sarà raccontata da chi la scriverà…”.
Con queste parole il direttore della Morcelliana ha convinto Corrado Belci a scrivere un libro su ciò che ricordava degli anni di piombo. E Corrado mi ha convinto ad aiutarlo. Erano passati 25 anni dall’assassinio di Aldo Moro. Quel libro, 1978, Moro, la DC, il terrorismo, è stato pubblicato dalla Casa editrice bresciana nel 2006. Sono passati altri 13 anni…eppure non si è ancora chiusa la polemica sulle responsabilità per la morte dal Presidente della DC, e sulla fine della Prima Repubblica.
L’opinione di Rino Formica su una tragedia che ha pesato sulla fine della Prima Repubblica è riportata in un’ampia intervista di Walter Veltroni per il “Corriere della sera”, circa a metà luglio, ed è sintatizzata con queste affermazioni: “tutti sapevano… Moro poteva essere liberato… non si è fatto nulla”. La posizione dei socialisti a favore della “trattativa con le BR” è nota: erano convinti che potesse salvare la vita di Aldo Moro.
Non intendo discutere le intenzioni umanitarie dei socialisti. Noto che l’intervista di Veltroni costringe a porre una questione diversa: Formica sostiene che durante i 55 giorni della prigionia di Moro era nota l’iniziativa del PSI, alla ricerca di un contatto con le BR… Erano noti gli “incontri con le persone che i socialisti pensavano potessero essere tramite con le BR”, quegli incontri “avvenivano all’aperto”… “Tutti erano informati, Cossiga, il Quirinale…” e seguendo Pace (Morucci e Faranda) “sarebbero arrivati alla prigione…”. Il titolo dell’intervista riassume la convinzione di Formica: “La prigione di Moro? Lo Stato non ha voluto trovarla”.
Tutti erano informati? Nel libro scritto con Belci abbiamo ricordato che Zaccagnini, ritornando da un incontro con Craxi, quando quella tragedia stava per consumarsi, ha soffiato sul palmo della mano per dirci la sua delusione. Questo episodio è ricordato anche da Giovanni Bianconi che nel libro Eseguendo la sentenza (pubblicato da Einaudi nel 2008) fa riferimento a molte vicende che hanno scandito il tempo tra il 12 marzo e il 16 giugno: compresi gli incontri di Craxi con Lamberto Pace, nel tentativo di avviare la trattativa con le BR…
Ho evitato di reagire a Formica, ricordando la sua passione per le provocazioni..
Ma Walter Veltroni ha ripreso la “provocazione” di Formica nel corso di un’intervista a Claudio Martelli. Martelli ha vissuto da protagonista una importante stagione della politica italiana; Veltroni ha una profonda esperienza di politico ed è un giornalista che sa “fare storia”. Una bella intervista, quella sul “Corriere della sera” di metà ottobre. Tuttavia sono stato costretto a dissentire su un punto, per me molto importante: avviandosi alla conclusione, Veltroni riassume così la risposta datagli da Formica sulla tragedia Moro: “Noi vedevamo Pace e Piperno all’aperto, informavamo Viminale e Quirinale, poi Pace e Piperno andavano da Morucci. Perché diavolo i Servizi non li seguivano?”. E chiede a Martelli: “Che idea ti sei fatto di quei giorni?”.
Martelli riparte dalle parole di Formica: “Come mai nessuno si è sognato di seguirli? Sarebbero arrivati alla prigione di Moro…” E riprende riferendosi ad Andreotti e a Cossiga, che non ci sono più e non possono contraddirlo.
Mi sono chiesto: si può chiudere qui? La storia è un’altra, non può essere manipolata
Aldo Moro è stato assassinato il 10 maggio del 1978. Morucci e Faranda sono stati arrestati nel ’79, un anno dopo. Negli stessi giorni del ’79 è esplosa la questione della rivista “Metropoli” e si avvia un processo che coinvolge Pace e Piperno, permettendo di conoscere “perché” e “come” il tentativo del Psi di avviare una “trattativa” con le BR è fallito. Sempre Bianconi, che ha ricostruito quei giorni anche con giudizi critici sulla DC, racconta quei giorni, e anche il drammatico incontro di Craxi con Lamberto Pace, senza fare riferimenti alla narrazione di Formica.
Perchè la storia è un’ altra. L’editoriale del “numero uno” di Metropoli – giugno del ’79 – dice che la rivista “è redatta da un collettivo di compagni che ha attraversato il ’68, l’autunno caldo delle lotte di fabbrica, poi ancora l’esperienza breve e felice di Potere Operaio, l’area dell’autonomia e dintorni; successivamente il movimento del ’77… dieci anni indimenticabili di scontro sociale, politico, culturale”. Tra i redattori sono elencati Pace, Piperno, Scalzone, Bifo. Nel corso del “Processo Metropoli” (oggi facilmente digitabile su Google) i componenti di questo collettivo sono considerati “fiancheggiatori delle BR”. Sul numero uno di Metropoli, è pubblicato un “fumetto” che coinvolge – per le sue sembianze – Claudio Signorile. Sarà il processo a raccontare cosa è avvenuto nei 55 giorni, da via Fani all’uccisione di Aldo Moro, e come è fallito il tentativo dei socialisti di avviare una trattativa con le BR
Nel libro che ho scritto con Belci sono ricordati, di quei giorni, i sospetti su Piperno e l’arresto di Morucci e Faranda. Non potevamo riferirci a Pace e al tentativo del PSI, perché questo era un mistero… Tuttavia quando ho partecipato ad un convegno organizzato da Gennaro Acquaviva e da Luigi Covatta sul tema “Fermezza e trattativa trent’anni dopo”, a conclusione del mio intervento, interrogandomi sui “misteri” che hanno caratterizzato quella tragedia, ho chiesto “agli amici socialisti: c’è qualcuno (Signorile) che in modo diretto o indiretto (Pace, Piperno) ha avuto un rapporto con le BR (Morucci, Faranda) e lo ha tenuto per se, per il proprio partito, facendo ricadere sugli altri (la DC) la responsabilità di iniziative che non ci sono state, che non si sapeva quali potessero essere se non comportavano, in modo esplicito un riconoscimento delle BR? Questo è un problema grave per chi vorrebbe fare il processo morale alle intenzioni della Dc…”.
Mi ero riferito a Signorile perché qualcosa ormai si sapeva del processo Metropoli…
In quella circostanza ho ricordato, non a caso, traendola da Lettere dalla prigionia di Michel Gotor, una valutazione di “Le Monde”sulla tragedia Moro: “Benché la vita di Moro dipendesse dai suoi rapitori, i brigatisti erano riusciti a provocare un sorprendente rovesciamento delle responsabilità, rovesciando la responsabilità della morte del prigioniero sul suo partito”.
Dopo di me in quel convegno hanno parlato, oltre agli organizzatori, Marco Boato, Emanuele Macaluso, Gianni Baget Bozzo, Giuliano Vassalli, Piero Craveri e Giorgio Galli. Nessuno ha ripreso quella mia provocazione: non contestavo la “trattativa”, le intenzioni del PSI, ma il fatto che per non riconoscerne il fallimento si finiva per attribuirlo alla “fermezza” della DC.
Gli atti di quel convegno sono stati pubblicati da Marsilio nel 2009.
Sono passati altri dieci anni. I più importanti testimoni di quella terribile stagione ci hanno lasciato.
Digitando oggi “Processo Metropoli” tutti possono capire perché il tentativo di “trattare” con le BR è fallito, perché è priva di senso la narrazione che si cerca di accreditare. In realtà solo i socialisti erano informati su quel tentativo e sulle ragioni del suo fallimento.
Il “Corriere della Sera” ha pubblicato l’11 novembre la lettera che ho scritto a proposito delle interviste di Walter Veltroni, con il titolo: “Interventi e repliche”, senza commenti. Tutto chiaro?
Il 18 novembre sempre il “Corriere” ha pubblicato una lettera di Claudio Signorile che si chiede “perché (Bodrato) ne parli ancora, di quell’episodio… sul quale non ci sarebbe nulla da aggiungere a quanto ha detto la magistratura… come se ne fosse tormentato… come se un’ombra sfiori le certezze”.
Cosa rispondo? Non sono stato io a parlare “di quell’episodio”. Ho replicato con una lettera al quotidiano delle interviste per contestare la narrazione sconcertante, per evitare – per quanto posso – che tra qualche anno, scomparsi i testimoni degli anni di piombo, dei “giorni del tormento” e dell’assassinio di Moro, la storia possa essere gravemente manipolata, semplicemente non rispettando l’ordine degli avvenimenti.
Fonte (Associazione Popolari)