Con Paronetto nasce l’Italia a guida democratico cristiana

Il giovane vicedirettore generale dell’IRI fu amico nonché “allievo e maestro” di Alcide De Gasperi, capace con la sua intelligenza e competenza di dare forma alla nuova economia pubblica italiana.

Il 20 marzo 1945 moriva a soli 34 anni un grande italiano, Sergio Paronetto. Vicedirettore generale dell’IRI, collaboratore strettissimo del direttore generale Donato Menichella, allievo e amico di Giovanni Battista Montini – per lui sempre “don Battista” -, colonna dell’associazionismo cristiano e cofondatore del Movimento Laureati Cattolici, caporedattore della rivista Studium. Il valtellinese Sergio Paronetto sarà il principale ispiratore di Alcide De Gasperi – nella profetica convinzione che il leader trentino fosse l’uomo destinato a tirare l’Italia fuori dalle distruzioni e dal sottosviluppo – provvedendo a trasferire al politico di trent’anni più anziano gli elementi di formazione, di competenza e di valutazione per porsi alla guida del processo di rinascita economica e civile del Paese distrutto. 

Il 20 marzo 2024 si sono ritrovati sulla tomba di Sergio Paronetto a Roma alcuni studiosi della sua figura, i quali hanno attorniato monsignor Vincenzo Paglia chiamato a celebrare una messa in suffragio per l’anima del funzionario spirato 79 anni fa. La prima lettura della messa del giorno, tratta dal libro del profeta Daniele, appare straordinariamente pertinente alla vicenda umana del giovane valtellinese. In essa si narra di un capo di Stato e di governo molto sicuro di sé e del proprio smisurato potere, che minaccia tre sudditi ebrei (vengono identificati chiamandoli con il loro nome) i quali si rifiutano di obbedire all’ordine di adorare un dio inventato dal tiranno, proposto e imposto a tutti. Al rifiuto, il tiranno al colmo dell’ira descrive il supplizio da lui pensato per i tre. Viene presentata una macchina che è una fornace regolabile, dove si può comandare l’intensità della fiamma e anche l’altezza cui possono giungere le lingue di fuoco (49 cubiti). 

Ostinati nel loro rifiuto, i tre vengono chiusi nella fornace ed esposti alle fiamme. Miracolosamente, il fuoco e le alte temperature non li aggrediscono. Invano viene comandato di alzare al massimo la potenza distruttiva dell’ordigno. Il tiranno vede che a restare integri nella fornace, oltre ai tre c’è anche un misterioso quarto uomo: ne rimane stupefatto ed essendo un politico e intendendo il significato dell’evento e la sconfitta del proprio potere, cambia rapidamente partito. Il quarto uomo è un angelo, inviato dal Dio dei tre. Il Dio dei tre ha prevalso. Tanto vale mettersi dalla sua parte. Per suo ordine i tre vengono liberati. Il passo di Daniele si conclude proprio con le parole del tiranno

“Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio».

L’omelia di mons. Paglia ha proposto che la fornace sia la guerra, il periodo 1944-1945, i tre ebrei fedeli siano il popolo italiano, l’angelo-quarto uomo sia Sergio Paronetto, la dittatura sia quella del non pensare al “dopo” con le competenze necessarie, la desertificazione del pensiero umano, quasi la sua fuga invigliacchita davanti alle situazioni difficili che uccidono la speranza. Il messaggio del profeta Daniele è la conversione rispetto a ciò che ci tiranneggia. 

Qual è la competenza che Paronetto riesce a mettere in campo, convincendo De Gasperi, Montini e Pacelli? Lo studio serio dell’agire umano: l’agire sociale, l’agire economico, l’agire politico, ciascuno con le sue categorie; da qui la prospettiva – e l’urgenza – di fornire, in momenti storici particolari, i principi per i rispettivi ordinamenti di cui la società civile, quando è reduce da una catastrofe, ha assoluta necessità: l’ordinamento sociale, l’ordinamento economico, l’ordinamento politico. L’azzeramento prodotto dalla fornace della guerra esige che siano enunciati con coraggio i nuovi principi. I cardini irriducibili sono la libertà politica, la libertà economica, la democrazia politica, la democrazia economica. Nessuna delle quattro può sussistere senza le altre tre. 

Ma c’è un presupposto vitale per tutte, irrinunciabile: la pace. E la pace vuol dire scelta di collocazione internazionale e capacità di affrontare il vincolo esterno. Questo è quello che formerà la religione civile di De Gasperi nel porsi il problema della ricostruzione del Paese. Paronetto quasi impone al leader trentino di porsi un’unica pregiudiziale per la propria azione, la “pregiudiziale ricostruttiva”. La morte precoce, giovanissimo (34 anni), lo coglie alla fine del processo di trasferimento a De Gasperi e a Montini della sua opera di pensiero: sul suo letto di morte giacciono le bozze dei due scritti che sintetizzano le passioni della sua vita: quelle, liberate, del Codice di Camaldoli (vero titolo: Principi dell’ordinamento sociale) e quelle dello statuto riformato dell’IRI per la nuova Italia democratica. Per la quale Paronetto inventa il disegno della nuova economia pubblica. I suoi fraterni amici Giorgio La Pira, Ezio Vanoni, Meuccio Ruini svolgeranno in Assemblea Costituente l’azione che porterà agli articoli 11, 41, 47 e 99: articoli “paronettiani” della cosiddetta costituzione economica.

De Gasperi ripeterà più volte a Pietro Scoppola: “Io devo moltissimo, se non tutto, a Sergio Paronetto”. E l’amico nonché concittadino Ezio Vanoni, in un articolo per i dieci anni dalla scomparsa, ripeterà un concetto analogo e lo definirà “amico e maestro”.