Di fatto si è aperta una mezza CRISI DI GOVERNO che agli occhi della pubblica opinione non doveva aprirsi. Sono troppe le emergenze che segnano l’orizzonte politico nazionale e internazionale. Mattarella, in ogni caso, non fa intravedere il minimo assenso a una prospettiva di elezioni anticipata. Conte ha sbagliato? In effetti, potrebbe essere lui a pagare il prezzo di una squinternata opera di destabilizzazione.
A guardare da vicino l’azione destabilizzante di Conte, fino all’innesco di una potenziale sfiducia al governo, si ha la sensazione che il gran ballo sul Titanic sia cominciato. Troppe tensioni accumulate hanno minato la solidità di una maggioranza priva di collante politico. Anche l’inceneritore di Roma diventa argomento di scontro in ambito parlamentare, dimenticando che i poteri locali esistono nella Repubblica delle autonomie, così come egregiamente disegnata dalla nostra Costituzione, per trattenere a sé l’oggetto di simili decisioni amministrative. Invece, una questione che dovrebbe animare il confronto nell’Aula Giulio Cesare del Campidoglio, una volta trasferita al Parlamento diventa il casus belli che obbliga il Presidente del Consiglio a una difficile presa d’atto.
Berlusconi ha chiesto subito la verifica, una parola scomparsa da tempo dal vocabolario della politica perché ritenuta intrinseca al vecchio ritualismo della Prima Rebubblica. Ieri è tornata dunque di moda. Letta è stato preso in contropiede, Salvini ha dato mostra di entusiasmo, non si sa quanto sincero, Renzi ha evocato le elezioni anticipate (come se non bastasse che a farlo, dall’opposizione, fosse la Meloni). I veterani del grillismo, artefici di tanto subbuglio, un po’ esultano e un po’ trattengono il fiato: la musica suona ma il Titanic imbarca acqua. E ora, come finisce questa prova di forza? E quale forza reale incarna oggi il Movimento?
Può anche finire con i 5 Stelle alle porte o con un nulla di fatto, senza crisi di governo. In ogni caso, dall’incontro serale al Quirinale tra Mattarella e Draghi non è emerso alcun indizio che possa adombrare l’ipotesi di ultimatum a riguardo dello scioglimento anticipato delle Camere. Nervi saldi? Senza dubbio. S’intravede infatti la volontà del Presidente della Repubblica di tenere sotto controllo la situazione, lasciando intendere che al Draghi 1 potrebbe subentrare il Draghi 2, forse con un impianto ancora più tecnico o comunque, ove tutto rimanesse fermo, con un patto che impegni i partiti a mitigare le loro richieste in vista della campagna elettorale del prossimo anno. Andiamo incontro a un autunno difficile e non possiamo permetterci di abbassare la guardia: guerra in Ucraina, emergenza energetica e inflazione, non dimenticando affatto la minaccia del Covid, sono alcuni fattori critici che rendono ancora necessario lo sforzo di unità nazionale.
Conte rischia di pagare un prezzo salato per questa impennata di orgoglio e pregiudizio – dove l’orgoglio riguarda se stesso e il pregiudizio investe il suo successore a Palazzo Chigi – perché agli occhi della pubblica opinione costituisce un’espressione di egocentrismo non proprio adeguata alle necessità del momento. Indebolito dalla scissione di Di Maio, guardato a vista dal “garante” Beppe Grillo, poco apprezzato persino dagli interlocutori più aperti e dialoganti, egli potrebbe rappresentare il classico capro espiatorio di questa crisi dagli esiti imprevedibili. In effetti, non riesce a interpretare un ruolo costruttivo, malgrado la postura di eleganza e cortesia che dovrebbe sostenerne l’agognata immagine rassicurante di leader politico. Nei prossimi giorni si vedrà quanto possa reggere il suo esercizio pressoché abituale di provocazioni e accomodamenti, con poca chiarezza strategica.