Dallo scudo crociato allo scudo in croce

Pur coinvolto nell’esperienza politica di Totò Cuffaro, l’autore pone in questo dialogo virtuale con l’amica Amarilli dubbi penosi, conditi di ironia, sull’adesione della “Nuova Dc” al patto elettorale Renzi-Bonino.

Ci si perdoni la metafora! Certi accadimenti talvolta sono talmente crudeli che ci costringono a qualche libertà che, in questa coincidenza con il calendario liturgico, può suonare blasfema. La notizia che in queste ore sta passando da una redazione all’altra è di quelle che ti fanno impallidire per lo shock traumatico che ha con sé. Viene dato per certo l’accordo tra M.atteo Renzi ed Emma Bonino. Già questa non ci pare una notizia così da poco, stante le non poche differenze di visione che qualifica il leader di Iv e i Radicali.

Quello che appare ancora più sconvolgente è il fatto che in questo cartello elettorale ci si sia infilato anche Cuffaro (così sembra), portando in dote il partito che egli oggi rappresenta, ossia la Dc. L’intesa sembra trovare qualche veto, proprio sullo scudo crociato (paradossalmente è di un 5 stelle, o ex tale, mentre sarebbe dovuto essere il contrario) ma alla fine l’istinto di sopravvivenza di ciascuno di essi farà ragionare tutti i capi cordata.

Inizialmente la mia reazione è stata di mettermi in guardia, tentando di convincermi che sono solo prove di illusionismo elettorale, alla maniera del famoso prestigiatore, David Copperfield. A pensarci meglio, non so ancora se ringraziare o biasimare Totò Cuffaro per l’opera magistrale (?), da moderno de Talleyrand, che sta cercando di portare in porto. Chissà! Forse ci sono le premesse per costruire un centro, con una nuova classe dirigente – anche se al momento non si vede traccia che dei soliti noti – che ci liberi, tra le altre, dal familismo meloniano?

Ciò attenua il dubbio, convincendomi, che la colpa dell’incapacità di saper cogliere il nuovo non è, in questo caso, che mia. Non tutti abbiamo l’avvedutezza di saper intravedere nel politico di turno, tutta la generosità intrinseca di chi agisce sempre, così ce la raccontano, soprattutto nei regimi totalitari, a beneficio del Popolo: come avvenuto, dagli anni venti del secolo scorso, a destra, come a sinistra, ma anche in tutti gli ambiti dove c’è o c’è stata una comunità organizzata.

Così l’autocritica può portarci sulle sponde del pensiero unico, soprattutto quando fa diventare il dissenso una zavorra, anche per te stesso, perché ti fa sentire solo. Un’insidia, non solo semantica, che le democrazie hanno sempre più dietro l’angolo.  Quello che, allora, più proficuamente conviene fare non è altro che mettersi, come al solito, in silenzio, e lasciare fare a chi comanda. È un monito che si ripete sempre più spesso, anche in talune nostre istituzioni. Quando si guida, non si disturba mai il conductor. Oh! Scusate, il conducente!

 

Avendo scarse notizie dal quartier generale del partito, l’ho raccontata, stamane, in un mix di tristezza e stupore, ad una mia cara amica, Amarilli. Lei, con la dolcezza e la saggezza di sempre, ha colto subito la quintessenza di questa strana apparente ibridazione. Appassionata delle teorie di Karl Popper, non poco le sono valsi, per discernere, gli strumenti di indagine gnoseologica che portarono Immanuel Kant a cogliere il dualismo tra fenomeno e noumeno.

“Caro Luigi”, mi ha detto, “ ti assicuro che portare dalle secche di una palude, da tempo desertizzata, alle fulgide e vitali acque di una fonte rigeneratrice, quale è questa innovativa idea di centro, non più sclerotizzato in una visione statica e datata della politica, ma movimentista, pluri identitario, e prevedibilmente balcanizzato, per l’immaginabile dialettica forte che di incrocerà tra i blasonati comprimari (che certamente non farebbe gioire N. Bobbio e la sua idea di dissenso come sale delle democrazie), non è impresa da poco.

Lanciarsi in un’ammucchiata, senza le potenzialità sceniche dell’armata Brancaleone, che tuttavia non mancherà di galvanizzare un elettorato sempre più attratto dai colpi di scena, è opera che può manipolare solo una mente machiavellica.

Ma questa è, vuoi o non vuoi, la nuova frontiera della politica! Mentre programmi e progetti di lungo periodo divengono inezie. Quale altra migliore occasione per poter finalmente ridare – senza necessità di ricorrere ad alcuna trasfigurazione plastica – linfa e vitalità ad un partito, orgoglioso, a questo punto, di essere espressione di una visione nuova (non a caso i media hanno ribattezzato il partito come Nuova DC).

Una visione improntata alla libertà, come laissez faire, al liberismo sfrenato, ad una idea di laicismo, non tenero con principi non negoziabili, come la tutela della vita sin dal suo concepimento e della famiglia, alla più sconfinata estensione dei diritti civili, anche a costo di un individualismo senza confini, compresa la liberalizzazione delle droghe e dell’eutanasia, a tutto danno di una visione solidaristica? Non ti pare un’impresa da guinness? Cosa vuoi di più? Ci vuole coraggio e visione pirandelliana! E poi oggi tutto è in transizione! Vuoi mettere che anche la DC non lo sia? Suvvia, non essere ingenuo!”.

La risposta non mi ha fatto trattenere dal chiedere, sempre con la medesima ingenuità: “Ma come possono andare a braccetto, la dottrina sociale della Chiesa, i canoni dell’Umanesimo solidale e la tutela della vita, della famiglia, un pacifismo operoso, un Europeismo solidale ed accogliente, insomma un bagaglio culturale che affonda le radici nel patrimonio e nell’esperienza politica della Democrazia cristiana con la visione ed il progetto politico non solo di Renzi che non si è mai fatto scrupoli nel caratterizzare il suo percorso politico intriso di giravolte e funambolismi tra un versante e l’altro dell’arco politico parlamentare, oltre ad industriarsi in consulenze formative tese, a suo dire, a promuovere un “Rinascimento culturale” nel regno saudita, dove i canoni che caratterizzano le democrazie e i diritti umani, si possono leggere solo di nascosto – ma ancor più con la visione ultra liberista e paladina dell’individualismo sfrenato, comprese le campagne di liberalizzazione delle droghe e dell’eutanasia dei radicali?”.

E Amarilli, a suo modo, olimpicamente mi ha risposto: “È entusiasmante questo avvicendarsi frenetico delle notizie, tanto imprevedibili quanto provvidenziali, perché accreditano un partito – che farà ricredere quanti osano sostenere che non c’è – mentre come vedi è vivo e vegeto in tutta la sua identità, dall’esito del XX Congresso, quando si decretò, nel solco di quella visione gattopardesca (che ebbe la sua massima ribalta proprio nei rutilanti luccichii dell’aristocrazia siciliana) – ma qui alla rovescia – di affidarsi al disegno ingannevole della continuità, ossia non cambiare natura ed identità, per cambiare tutto, linfa e anima.

Così non si può dire che non ci sia in questa Dc qualcuno che, nella sua mirabile visione movimentista, non si preoccupi realmente del concreto futuro di tutti noi, affinché non si resti preda dell’agnosticismo, così che anche la crescente mestizia sociale ci appaia meno contagiosa.

Visto che in questo mondo, oramai, non succede più niente di davvero interessante, e nessuno sembra accorgersi, tranne gli angosciosi appelli, quotidiani, di Papa Francesco, degli spezzoni di guerra di un nuovo minaccioso conflitto mondiale che, in un crescendo di crudeltà, su un teatro sempre più ampio, sta impazzando tra il fianco est dell’Europa ed il Medio oriente”.

Mentre mi chiedevo a quale futuro alludesse la mia amica, se delle comunità territoriali o di lobby sempre più influenti, Amarilli aggiungeva inopinatamente: “Quello che finora abbiamo visto, nel processo di tessitura negoziale con i leader suddetti, non ha mai prodotto grandi risultati (Terzo polo, Renzi, Calenda, Popolari) restando solo funzionali a propaganda e lotta politica, così da accentuarne la radicalizzazione nel nostro paese (qualcuno si industria a chiamarlo Nazione: il concetto è lo stesso, non così le sfumature semantiche, anche per qualche residuo nostalgico del secolo breve)”.

Sbigottito nel mio tormento le rispondo con tutta franchezza: “Cara Amarilli, non è che forse c’è un po’ di invidia in queste nostre critiche?”. E lei lapidariamente: “Dante colloca gli invidiosi nel secondo girone dell’Inferno, obbligati nell’eterna cucitura delle palpebre a muoversi a tentoni, tanto in vita si stava a guardare sempre cose e vicende degli altri”.

Non è una bella prospettiva!

Non so se in questo momento così frenetico Totò Cuffaro trovi un ritaglio di tempo per recapitarci, anche un piccolo brandello di risposta, giusto per spiegarci qual è l’idea comune di Europa che dovrà innervare il velleitario progetto, allo stato delle cose, degli Stati Uniti d’Europa e rassicurarci che noi lo facciamo soprattutto per carità cristiana. Così non si dica che solo Tabacci sa essere accogliente e prodigo di generosità in tempi di elezioni! Diciamo apertamente, allora, che vogliamo aiutare Renzi e la Bonino a raggiungere il quorum del 4%, e non fargli le scarpe?

E se il risultato, come tra le righe prevede Amarilli, dovesse risultare oltre le attese fino a soverchiare i loro candidati? Ce ne faremo, ciascuno per la propria parte, una ragione. E metteremo pure nel conto un prevedibile rimbrotto con cui potrebbero rinfacciare al segretario il fatto di non aver detto di avere una portaerei travestita da barchetta.

Sarà vera la previsione di Amarilli? Aspettiamo per conferma un cenno, anche laconico da parte del segretario. Persino Giulio Cesare trovò il tempo, durante una delle tante campagne militari, per annunciare, nel 47 a.C. con il suo:”Veni, vidi, vici” la vittoria su Farnace, re del Ponto. Ci aiuterebbe anche, in attesa di notizie più radiose, a ricusare, senza remore, il tortuoso opinamento ed accogliere con più rilassatezza le sagge considerazioni della sapiente e lungimirante Amarilli.

Mentre restiamo in attesa degli ultimi, più aggiornati, report, notiamo sul finire di questo conciliabolo un anziano signore scrutare, palmo a palmo, con una lanterna in mano, alla maniera di Diogene, l’ambiente circostante. Ci viene naturale chiedergli cosa stesse cercando. “Cerco la DC, ma quella vera! Sapete dove posso trovarla?”. Restiamo di stucco, ma ci imponiamo di mantenerci vaghi: “Noi non l’abbiamo più vista!”.