Quale presidente del Consiglio reco l’omaggio del governo alla manifestazione celebrativa della liberazione d’Italia di cui la liberazione di Roma ha costituito un atto storico così significativo. L’omaggio è reso soprattutto ai caduti, ai combattenti, alle vittime dell’oppressione e della persecuzione che furono senza numero e, come antico membro del Comitato di liberazione nazionale, la mia riconoscente memoria va a tutte le forze armate della resistenza che contribuirono alla cacciata del nemico e alla ricostruzione della patria. Nei lunghi mesi dell’attesa, nelle peripezie della vita clandestina, passando da rifugio a rifugio ci siamo abituati alle privazioni, abituati alla vita rischiosa, educati alla solidarietà democratica e nazionale.
Questa celebrazione non deve essere semplicemente consacrata alla memoria del passato; essa dev’essere anche un atto di fiducia nell’avvenire. La guerra è passata ma le ferite che essa ha inferto nel cuore della patria non sono ancora cicatrizzate. È necessario ancora che ci sottoponiamo a privazioni, e a una disciplina nei consumi e nel nostro tenore di vita come pur avviene in altre nazioni più agiate di noi. Le virtù della resistenza devono essere anche le virtù di oggi: spirito di abnegazione, fermezza di propositi, solidarietà di intenti. Vi è oggi un dovere di resistenza civile che non è meno necessario di quello della resistenza contro l’oppressione. Bisogna resistere contro la demagogia della vita facile e frasaiola, come contro le tentazioni delle speculazioni, dello sperpero e dell’egoismo brutale. Inspirandosi alla resistenza che unì due anni fa tutte le classi e tutti i partiti bisogna oggi resistere contro la sfiducia e lo scoramento, bisogna battersi solidarmente contro le difficoltà economiche, di oggi e di domani, bisogna ripetere al popolo italiano una parola di fede ma anche un richiamo severo, se pur confidente.
Le Nazioni Unite che hanno compiuto con grandi perdite di uomini e immenso dispendio di beni la liberazione dell’Italia, sappiano che, come allora abbiamo cooperato alla vittoria, così oggi il popolo italiano intende consolidare la democrazia in solidarietà e libertà non solo in casa propria, ma è anche pronto a dare il suo contributo alla pacifica ricostruzione del mondo. Oggi, celebrando i nostri morti, esaltando l’opera nostra, pensiamo anche ai caduti loro e alle loro vittorie; così rinnoviamo insieme l’impegno di solidarietà per la resistenza anche in pace contro ogni oppressione sociale, per la liberazione dallo sfruttamento, dallo spirito fazioso, eterno malanno d’Italia, e dal bisogno.