Finalmente, dopo quasi quattro mesi di profondo travaglio, a tratti anche farsesco, nel Partito Democratico, si sta avvicinando il momento in cui si potrà disporre dei primi punti fermi (per quanto possano essere fermi i punti in politica) per provare a ipotizzare la nuova geografia dell’intera area di opposizione.
Anche noi, cattolici democratici e popolari, possiamo e dobbiamo reagire all’urgenza e iniziare a sciogliere i nodi su come vorremo porci concretamente, e con quali azioni, davanti a questo stravolgimento di scenario. La probabile, ad oggi, vittoria di Stefano Bonaccini lascia immaginare una conseguente caratterizzazione del Partito Democratico come soggetto sì collocato nel centro-sinistra ma, al di là dei proclami che potranno essere fatti dal nuovo segretario, con una vocazione alla prosecuzione del presidio delle stesse fasce e istanze economico-sociali a cui si è progressivamente dedicato, in via quasi esclusiva, negli ultimi anni. Per la collocazione che, si presume, potrebbe quindi assumere il Pd bonacciniano, si può prevedere facilmente una competizione diretta con il Terzo Polo, il cui esito potrebbe finalmente fare emergere in maniera plastica la completa estraneità dei fondamentali politici di quest’ultimo soggetto, leaderistico e liberista, rispetto alla natura politica tipica di un centro-sinistra progressista e solidarista. Una competizione il cui esito positivo dipenderà anche da quanto gli esponenti, storici e non, del cattolicesimo democratico e popolare all’interno del Pd saranno risoluti a portare avanti autentiche battaglie politiche interne, non accontentandosi di sventolare una bandierina dietro elargizione di qualche strapuntino personale in segreteria o in direzione.
Anche il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, a sua volta nel pieno di una profonda evoluzione di contenuti e metodi, sarà inevitabilmente impattato. Una evoluzione, quella avviata dal leader pentastellato, il cui andamento in questi mesi sembra evidenziare e confermare come il presidio di alcune reali e diffuse istanze sociali delle fasce più bisognose della popolazione, la rivendicazione del valore sociale di misure solidaristiche concrete e una posizione europeista rivolta a sviluppo e pace, abbia pagato e stia ancora pagando. Un’evoluzione che però a questo punto necessita obbligatoriamente di colmare la principale lacuna che a tutt’oggi caratterizza il Movimento e che lo costringe ancora a limitarsi a proposte sulle “contingenze”: il completamento di una vera cultura politica, da porre a basamento di un pensiero politico più strutturato e indispensabile per la definizione di una propria visione organica del futuro della società.
Un Movimento che sembra quindi incamminato a diventare qualcosa di radicalmente differente dal populismo grillino del primo “Vaffa” e che pertanto sarebbe da parte nostra miope, oltre che sbagliato, continuare a giudicare frettolosamente come un soggetto con cui non si può collaborare o addirittura permeare con la nostra presenza e cultura politica. Il contributo di Roberto Di Giovan Paolo del 5 dicembre scorso sulle pagine de Il Domani d’Italia (https://ildomaniditalia.eu/un-ppi-radicale-proviamo-a-portare-scompiglio-con-le-nostre-idee-rilanciando-il-popolarismo/) ha, a mio avviso, centrato pienamente metodo e modalità con cui noi popolari dobbiamo tornare ad essere protagonisti: “non mi porrei il problema di andare alle elezioni. Anzi. Proprio per garantire di far cambiare l’agenda politica dobbiamo evitarlo. E dobbiamo portare “scompiglio” politico ed ideale, in tutte le parti politiche, permettendo la “doppia tessera”.”
D’altra parte, come ha correttamente sottolineato anche Giorgio Merlo nel suo recente contributo del 14 gennaio (https://ildomaniditalia.eu/popolari-e-lessere-contemporanei-da-bodrato-una-lezione-di-politica/), riprendendo una tesi del saggio Guido Bodrato, “un progetto politico è credibile, e soprattutto è realistico e percorribile, solo quanto è in grado di collocarsi concretamente nel tempo in cui deve operare”. Senza farsi condizionare da eventuali retaggi e pregiudizi derivanti propria personale esperienza vissuta, oso, molto indegnamente, aggiungere io.
Le due forze, Pd e “nuovo” Movimento 5 Stelle, chiaramente costituirebbero l’alleanza per il centro-sinistra alle prossime politiche. Alleanza di cui popolari e cattolici democratici, presenti e attivi in entrambe, svolgerebbero un fondamentale ruolo di collante e sintesi. Ma occorre attivarsi immediatamente: le prossime politiche potrebbero non essere il primo tra i prossimi banchi di prova a cui potremmo essere chiamati. Non è infatti implausibile che possa essere necessaria una mobilitazione massiccia sulla paventata riforma presidenzialista che la destra, grazie alla collaborazione “rivelatrice” del Terzo Polo, sta preparando in modo sempre più evidente.
Nulla come una battaglia politica combattuta “fianco a fianco” su una aspetto così importante, come il rigetto del tentativo di riforma presidenzialista, potrebbe realizzare in concreto proprio quella saldatura virtuosa tra le culture politiche, popolare e sinistra sociale, che il fallimento del progetto originario del PD ha ritardato per troppo tempo, aprendo per di più la strada nel nostro Paese all’egemonia dei promotori della “terza via” blairiana. Un’egemonia che ha provocato danni economici e politici che stiamo ancora pagando.
Diamoci da fare.