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venerdì, 25 Luglio, 2025
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Dibattito | Cattolici, nessuno ne ha l’esclusiva politica

Riaffermare il pluralismo e la laicità dell’impegno pubblico: contro ogni pretesa di rappresentanza esclusiva dei cattolici nella politica italiana.

E ci risiamo. Mino Martinazzoli li chiamava, negli anni ’90, i “cattolici professionisti”. Anni prima, negli ’80, Carlo Donat-Cattin, ancora più sarcasticamente, li bollava come “sepolcri imbiancati”. In entrambi i casi parliamo di esponenti che, periodicamente, si sentono i depositari esclusivi della presenza dei cattolici nella vita democratica del nostro Paese.

Si tratta di personaggi che, in virtù di una presunta coerenza e di una ineffabile capacità politica, si sentono gli interpreti più accreditati e quasi esclusivi nel farsi carico di tutto ciò che attiene alla cultura, alla tradizione, ai valori, alle domande e alle istanze che provengono dal vasto, articolato e composito mondo cattolico italiano. Una sorta, cioè, di “cattolici doc”. Ovvero cattolici di denominazione di origine controllata e forse anche garantita, come avviene per i migliori prodotti della natura.

Ora, credo sia giunto il momento di ribadire con forza e convinzione la necessità e l’importanza di riavere una presenza politica autorevole e qualificata nella vita pubblica italiana. Come, d’altro canto, si rende sempre più necessario riscoprire una cultura politica che in questi ultimi tempi si è pericolosamente inabissata. Ma il tutto, però, non può non tenere conto di due elementi di fondo a cui non si può rinunciare se si vuole essere credibili e anche coerenti con la storia del cattolicesimo politico italiano nella sua declinazione democratica, popolare e sociale.

In primo luogo, va riconosciuto sino in fondo, e senza alcun equivoco o tentennamento, il pluralismo politico ed elettorale dei cattolici italiani. Non esiste un tribunale della coerenza dei cattolici in politica. Questa vecchia ed atavica tentazione “catto-comunista” di sentirsi i migliori e, di conseguenza, gli interpreti più coerenti e più credibili nel tradurre la cultura dei cattolici nella cittadella politica italiana va archiviata definitivamente ed irreversibilmente.

E questo non solo perché si tratta di una minoranza settaria, faziosa e culturalmente altezzosa e arrogante che non rappresenta affatto la stragrande maggioranza dei cattolici italiani, ma per la semplice ragione che proprio questa deriva è all’origine della crisi della presenza di questa cultura nella vita politica contemporanea.

In secondo luogo, nessun leader – o statista – democratico cristiano, o popolare, o cattolico sociale del passato ha mai pensato di rappresentare le istanze esclusive dei cattolici in politica. E questo non solo perché la laicità dell’azione politica è un caposaldo essenziale di una democrazia matura e adulta, ma per la semplice ragione che è persino ridicolo intestarsi questa qualifica.

Lo era già ai tempi della cosiddetta unità politica dei cattolici nella Democrazia Cristiana. Anche se, come tutti sappiamo, l’unità politica dei cattolici non è mai esistita perché non è mai stata un dogma, ma sempre e solo una scelta politica concreta e coerente con la stagione storica in cui si viveva.

Ecco perché è ridicola, per non dire grottesca, la tentazione dei soliti noti che periodicamente fanno capolino nella politica italiana a nome e per conto dei cattolici italiani. Più che ascoltati, vanno semplicemente compatiti.