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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Dibattito. Contro ogni forma d’integralismo vale la laicità di De Gasperi.

Occorre tenere insieme gli eredi della scuola sociale cristiana e dell'umanesimo laico e progressista, essendo questa la dialettica che tanto ha segnato la prima fase della storia repubblicana. Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Caro Direttore, ho letto e apprezzato il tuo pezzo (Il convegno di Castagnetti non scioglie il nodo dell’autonomia dei Popolari) del 5 dicembre scorso. Ma non ti sembra che sia proprio il “dossettismo” alla base di una certa subalternità nei confronti della sinistra? A differenza del  sindacalismo cristiano (Miglioli, Pastore, Grandi, Donat-Cattin), Cronache Sociali ha rappresentato un’alternativa “uguale e contraria” alla destra cattolica di Gedda. 

Stato cattolico versus societas christiana, versioni entrambe integraliste, sostanzialmente antiborghesi e antioccidentali, finivano per spingere i cattolici da un lato verso la destra clericale e reazionaria oppure verso una sinistra subalterna a un socialismo collettivista inteso come interpretazione attualizzata del personalismo comunitario di Mounier e del “Cristo primo socialista”. In più terzomondista e più mediterraneo che europeo. 

La scuola sociale cristiana (prima di Camaldoli c’e, come sappiamo, Malines) ha elaborato un suo progetto sociale e politico che si ritrova in Maritain, in De Gasperi e ancor più in Sturzo, ma non in Dossetti. Il comunismo italiano succube dell’URSS, stalinista all’epoca dossettiana, ha portato Dossetti ad accettare la Dc, pur distinto e distante da De Gasperi e, soprattutto, dalla raffinata ispirazione sturziana, vera interprete di una visione solidarista che fa proprio il meglio della tradizione liberale e democratica (v. quanto scritto da Agostino Giovagnoli su questo punto). 

Insomma, a mio avviso, il dossettismo è sicuramente stato più pragmatico della sinistra cristiana di Passerin d’Entrèves o dei comunisti cattolici di Franco Rodano: certamente ha dato un grande contributo alla “mediazione costituzionale”, ma non ha mai “digerito” la scelta degasperiana di un rapporto privilegiato con i partiti di tradizione laica e risorgimentale. 

Questo “brodo di cultura”, comunque ricco di dignità e  coerenza, è rimasto in molti tra noi. Io resto un convinto sturziano e degasperiano e resto altresì convinto che o si costruiva un Pd davvero plurale e riformista o l’Ulivo, in Italia, contro la peggior destra dei grandi Paesi europei, necessitava (e necessita) di una forza che sappia tenere insieme gli eredi della scuola sociale cristiana e dell’umanesimo laico e progressista, essendo questa la dialettica che tanto ha segnato la prima fase della storia repubblicana. 

Un caro saluto. Gianluca