Dibattito | La nuova frontiera del meridionalismo autonomista

Chi può meglio del Sud garantire una svolta europeista, pacifista, egualitaria e autenticamente ambientalista al Paese? L’autore, con questo contributo pubblicato su Fb, dà sostegno alla controversa iniziativa di Cateno De Luca.

La fine della seconda guerra mondiale ci consegnò un mondo diviso in due blocchi militari  ed un Paese diviso in due realtà economiche/sociali.

In questo contesto i grandi leader europei immaginarono di contribuire alla pace e allo sviluppo economico promuovendo un processo di costruzione di una nuova entità, che superasse la dimensione nazionale: l’Europa.

In Italia tale  strategia fu accompagnata dalla comune convinzione di tutti i grandi partiti di massa che l’unità del Paese esigesse l’unificazione economica attraverso una politica di stampo keynesiano. In particolare per la Sicilia fu adottato uno statuto che  riconosceva alla regione non solo la titolarità delle entrate fiscali ma anche un vero e proprio rilevante “indennizzo” annuale attraverso l’articolo 38 dello statuto.

Il lungo periodo di pace ed il miracolo economico degli anni 70, in uno con un benessere diffuso anche al Sud, sono i portati più significativi di tali lungimiranti strategie.

 

Senonché proprio tali successi determinavano la crisi del blocco antagonista che culminava nella caduta del muro di Berlino ( 1989) per effetto del quale, da un lato, l”Europa ampliava i suoi confini geopolitici e, dall’altro, il sentimento unitario di alcune nazioni, in particolare l’Italia si indeboliva e sfociava nella nascita di un grande partito nordista (La Lega Nord) al quale il meridionalismo autonomistico cercava di rispondere rifugiandosi nei grandi partiti di massa in una ottica ascara, fatta eccezione per l’esperienza di “noi siciliani” che nel 1996 eleggeva per la prima volta un autonomista all’assemblea Regionale.

L’inizio del nuovo millennio ha visto così la velocizzazione del processo di unificazione europea progressivamente sempre più influenzato dalle lobby globali che hanno contribuito ad indebolire le politiche sociali e territoriali dei paesi europei nonostante la crescita e la nascita di movimenti significati come il partito catalano e l’MPA siciliano.

Il risultato di questo lungo processo è sotto gli occhi di tutti: ci siamo mangiati la natura, abbiamo distrutto lo stato sociale innescando processi di concentrazione della ricchezza mai registrati in passato, abbiamo desertificato intere regioni facendo esplodere l’emigrazione interna all’Europa, con il risultato ultimo di indurre un processo di invecchiamento della popolazione che appare letale perché irreversibile..

Non solo.

Come classe politica nel suo complesso abbiamo commesso un madornale errore di visione geopolitica, laddove abbiamo immaginato di lasciare alle armi americane la salvaguardia della pace mentre “noi” passavamo il tempo a fare affari con la Russia e la Cina, tanto da sottoscrivere accordi strategici come la “via della seta”.

Le guerre in atto, ci riportano alla realtà della storia che ci dice che non possono esistere potenze economiche che non siano anche potenze militari. Di fronte a questa dura evidenza, mentre i grandi  paesi europei “balbettano” consapevoli delle drammatiche decisioni che bisognerebbe assumere, l’Italia dell’attuale Primo Ministro si erge a vassallo fedele senza se e senza ma degli Stati Uniti ed ad un tempo immagina di imprimere al Paese una svolta autoritaria che faccia del Premier il centro della politica, seppellendo il meridionalismo sotto la scure dell’autonomia differenziata, potendo contare sul blocco nordista e dei grandi interessi.

Chi dunque può fermare questo suicidio a partire dalla visione di una Europa dei popoli, militarmente autonoma ma per sua intima costituzione pacifica, democratica ed egualitaria, capace di fermare veramente la distruzione della natura, ricostruire lo stato sociale, promuovere l’economia di mercato contro gli interessi oligopolistici?

Ecco la nuova inedita frontiera del meridionalismo autonomista: tuffarsi nel mare della storia attuale per creare le premesse per un nuovo soggetto politico che superando l’attuale mostro dell’Europa degli oligopoli costruisca quella dei popoli.

Infatti chi può meglio del Sud garantire una svolta europeista, pacifista, egualitaria e autenticamente ambientalista al Paese?

Con questa consapevolezza non può non guardarsi con grande interesse all’iniziativa di “Sud chiama Nord” di Cateno De Luca che da sindaco di ben quattro comuni e della Città metropolitana di Messina ha ottenuto il secondo posto per la presidenza della Regione Siciliana ed è riuscito a piazzare 2 parlamentari nazionali.

Democristiano di origine, culturalmente sturziano impegnato nella organizzazione di un partito democratico a vocazione popolare  ed, ad un tempo,  a portare nel Parlamento Europeo  una rappresentanza del Sud libero e popolare.