Dunque, si ritorna al passato. Almeno sotto il profilo della terminologia. Perché quando si evoca, e si teorizza – per il nostro paese e non per le vicende francesi – il progetto di un nuovo e rinnovato “Fronte Popolare” inevitabilmente il pensiero corre al 1948. E non perché, come ovvio e scontato, si ripropone quella situazione storica e politica ma, semmai, per ricordare che a volte si ripetono le medesime modalità e le stesse logiche nell’affrontare i problemi che sono oggi sul tappeto.
Ora, la cultura “frontista” si manifesta concretamente in due condizioni storiche e politiche particolari e specifiche. E cioè, o quando ci si allea a prescindere per combattere una emergenza che rischia di mettere definitivamente ed irreversibilmente in crisi un paese e uno Stato – di fronte ad una imminente dittatura o ad un regime illiberale, dispotico e tirannico – oppure quando c’è un nemico politico implacabile che occorre combattere senza tentennamenti ed inutili distinguo prima che faccia troppi guai. Ed è all’interno di questo quadro storico e politico che si colloca la proposta del cartello delle sinistre italiane culminato con il recente incontro a Bologna delle varie sigle e partiti e patrocinato dal Presidente dell’Anpi nazionale, nonché esponente di Rifondazione Comunista, Gianfranco Pagliarulo.
Un progetto che, come ovvio, è frutto e conseguenza della massiccia radicalizzazione del conflitto politico nel nostro paese che non può che portare alla costruzione di cartelli elettorali dominati da un odio implacabile nei confronti dell’avversario/nemico. Un nemico che, di conseguenza, non può che essere annientato a livello politico e demolito a livello culturale e anche personale. Ed è appena sufficiente ascoltare le dichiarazioni quotidiane dei leader delle varie sinistre raccolte sotto l’ombrello del nuovo “Fronte popolare” per rendersi conto che la regola che ispira una vera, sana e trasparente democrazia dell’alternanza – propria di un sistema democratico e costituzionale – è destinata ad essere sacrificata sull’altare di abbattere un nemico della democrazia, del progresso, della civiltà e delle libertà. Appunto, come avvenne nel lontano 1948 da parte del “Fronte popolare” originario guidato dai comunisti di Togliatti e dai socialisti di Nenni contro il pericolo reazionario e antidemocratico (sic!) rappresentato dalla Dc di De Gasperi, dai suoi alleati partiti laici, dalla Chiesa e dai valori dell’Occidente. Mutatis mutandis, ci troviamo – secondo i protagonisti del nuovo “Fronte Popolare” – nuovamente di fronte ad un nemico che può mettere definitivamente in crisi le fondamenta democratiche, liberali e costituzionali del nostro ordinamento politico.
Ecco perché, e nel pieno rispetto di questo progetto avanzato dalla sinistra radicale del Pd della
Schlein, dalla sinistra estremista e fondamentalista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e dalla sinistra populista e anti politica dei 5 Stelle, si tratta di capire d’ora in poi quale sarà il comportamento politico concreto delle forze e delle culture democratiche centriste, riformiste e squisitamente costituzionali. Cioè di quei soggetti politici che storicamente, politicamente e culturalmente sono allergici tanto alla radicalizzazione della lotta politica quanto alla demolizione del nemico politico in virtù di una narrazione ideologica e, il più delle volte, disancorata dalla realtà. E questo perché, com’è noto, la logica e la deriva del “Fronte Popolare” è semplicemente alternativa rispetto a tutto ciò che è riconducibile al Centro, alla politica di centro, alla cultura di centro e, in ultimo ma non per ordine di importanza, al “metodo” di centro. Ed è per questi motivi che la logica del “Fronte Popolare”, seppur ammantato di nobili motivazioni e sani principi, cozza contro le regole basilari di una democrazia matura, adulta e robusta.