Dal tempo dell’Opera dei Congressi (1874-1904) alla nascita del PPI (18 Gennaio 1919) i cattolici decisero di scendere in campo nella politica italiana, con l’obiettivo di inverare nella città dell’uomo gli orientamenti pastorali della dottrina sociale della Chiesa. Dalla “Rerum Novarum” di Papa Leone XIII alle encicliche giovannee “Mater et Magistra” e “Pacem in terris”, sino a quella paolina “Populorum progressio”, furono sempre i principi ispiratori della Dottrina sociale della Chiesa (DSC) a guidare la loro azione politica, dai Popolari di Sturzo alla DC di De Gasperi, Fanfani, Moro e degli ultimi democristiani della nostra quarta generazione.
Nella lunga stagione della diaspora (1993-2023), dopo la fine del partito, la Dc, che aveva per oltre quarant’anni raccolto in larghissima parte il voto cattolico, si è accentuata sempre più fortemente la divisione tra cattolici della morale e cattolici del sociale, e si sono approfondite le fratture tra le tre componenti storiche da sempre presenti tra i cattolici italiani. Se “i cattolici democratici” hanno in larga parte concorso alla nascita del Pd, dopo l’esperienza della “Margherita”, “i cattolici liberali” hanno finito col sostenere il partito di Berlusconi prima, e, nel 2022, almeno in parte, lo stesso partito di estrema destra di Giorgia Meloni. Molti di noi, che siamo legati alla tradizione dei “cristiano sociali”, da Miglioli, Grandi, Gronchi, Pastore, Donat Cattin, Labor, Vittorino Colombo, Bodrato, Marini, Sandro Fontana, abbiamo scelto il ruolo di “democristiani non pentiti”, ponendoci l’obiettivo assai arduo della ricomposizione politica dell’area cattolica, considerato che la suicida separazione del trentennio della diaspora, ha prodotto una sostanziale irrilevanza delle nostre voci.
Credo che adesso, com’è stato per tutto il tempo dell’esperienza politica dei cattolici italiani, anche alla luce dei recenti insegnamenti e sollecitazioni provenienti dagli ultimi pontefici, nostro obiettivo politico strategico debba rimanere quello dell’impegno a tradurre nelle istituzioni i principi della Dottrina sociale della Chiesa, accanto al dovere di difendere e attuare integralmente i dettami della Carta costituzionale. Le encicliche sociali di papa Francesco (“Laudato Si’”, “Fratelli tutti”, insieme all’ultima esortazione apostolica “Laudate Deum”) sono le stelle polari che indicano le priorità per noi cattolici nel tempo che ci è dato di vivere. Credo che sarebbe, dunque, necessario assumere decisioni sul piano politico organizzativo coerenti con tali insegnamenti.
Sappiamo che la condizione necessaria, anche se non sufficiente, per facilitare il progetto della nostra ricomposizione politica, sta nel superamento delle leggi maggioritarie che, dal referendum Segni in poi, hanno ridotto il sistema politico italiano a un bipartitismo forzato, che non esprime la realtà del Paese, stante una renitenza al voto sempre più elevata.
Ci eravamo illusi che col voto europeo, che si svolgerà con legge elettorale proporzionale, prevalesse il buon senso, favorendo l’avvicinamento delle diverse frazioni in cui tuttora si scompone la complessa e articolata realtà culturale e politica dell’area cattolica. Invece, ancora una volta, sembrano prevalere nostalgie di vecchie formule già sperimentate all’interno del partito della sinistra, il Pd, presentate come una seconda fase della vecchia Margherita, probabilmente con il compito di ricontrattare dall’esterno, in condizioni diverse, ciò che non si era potuto raggiungere prima, nella condizione subalterna vissuta in quel partito.
A me sembra un calcolo sbagliato, specie se per svolgerlo, si propone l’adesione al partito di Macron, “En marche”, nella sua versione di “Renew Europe”. Che un movimento/partito, come “Tempi Nuovi”, di Popolari già facenti parte del Pd, si propongano di partecipare alle prossime elezioni europee insieme a Calenda e/o Renzi, credo sia una strana capriola dalla Margherita in versione aperta alla sinistra, con Rutelli verso Veltroni, a una Margherita aperta a destra, verso i rappresentanti più autorevoli, come Macron, dei poteri finanziari dominanti.
Come si possano conciliare i principi e i valori della dottrina sociale cristiana con un partito che propone l’inserimento costituzionale del diritto all’aborto, credo sia molto difficile da spiegare all’elettorato di area cattolica. D’altronde l’area liberal democratica che già si trova inserita in quel polo, tra l’originale primigenio (Renzi-Calenda) e il surrogato di risulta, temo che finirà per scegliere il primo.
Come ho scritto più volte, ritengo che l’unità della lista per le europee della nostra area culturale si possa raggiungere, dopo un’attenta lettura dei programmi che per l’Europa propongono i due schieramenti del centro: quello del Partito Democratico Europeo (Renew Europe) e quello della Cdu, partito principale del Ppe. Quest’ultimo è ispirato dai principi del solidarismo cristiano e della sussidiarietà, coerenti con quelli della dottrina sociale cristiana, cattolica e protestante, che confermano il permanere dei legami profondi con i principi dei padri fondatori dell’Unione europea: Adenauer, De Gasperi e Schuman.
Un’alleanza, dunque, con i partiti che fanno riferimento al Ppe, considerato che la Cdu ha chiuso nettamente alla destra estremista e intende continuare la politica avviata dalla Merkel e da Ursula Von der Leyen a Bruxelles.
Un amico autorevole mi invita a chiarire come superare l’ostacolo di Forza Italia, il partito italiano più importante, almeno sin qui, inserito nel Ppe. Fu grazie al convincimento svolto su Berlusconi dai compianti Sandro Fontana e don Gianni Baget Bozzo, che il partito del Cavaliere scelse l’adesione al Ppe e, oggi, può utilizzare il suo diritto di veto. Una lista che in Italia raccogliesse l’unità di tutte o della maggior parte delle componenti di area Dc e Popolare, ritengo, tuttavia, che non avrebbe difficoltà a farsi riconoscere quale componente attiva del Ppe, del partito, cioè, di cui la Dc storicamente è stata cofondatrice. Tanto più se permanesse in Italia l’alleanza di Forza Italia con due partiti, Fratelli d’Italia e la Lega, distinti e distanti nettamente dagli obiettivi politici del Ppe.
Penso, infine, che, presentandoci uniti alle europee con candidati nei collegi credibili, il nostro elettorato saprebbe ritrovare le ragioni di una partecipazione ampia al voto, e il risultato sarebbe la premessa della nascita di quel centro politico nuovo, ampio e plurale, basato sull’umanesimo cristiano, aperto alla collaborazione con le altre culture ispirate dall’umanesimo laico, liberale e riformista socialista. Servirà tanto impegno e molta generosità, a partire dalle periferie, nelle quali chiamare a raccolta tutti i movimenti, associazioni e gruppi che si richiamano alla nostra migliore tradizione culturale e politica.