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È compito dei cattolici democratici organizzare una nuova rappresentanza politica

Oggi gli elettori cercano l’ancoraggio a qualcosa di solido e rassicurante. La destra nazional-popolare e la sinistra social-radicale non occupano l’intero campo della lotta politica. Alle europee può avvenire la riaggregazione dell’area intermedia dell’elettorato?

Discuto da tempo con gli amici e con tutti siamo d’accordo su un punto: il tempo dei partiti a “identità plurale” è finito. Anche quando si pretende di risolvere il problema con l’identificazione di un posizionamento – la scelta del “centro” corrisponde a questa esigenza – ci si accorge che le composizioni troppo variegate sono destinate a non durare. Mettere insieme sensibilità diverse è ciò che serve a una coalizione, non a un soggetto politico che rivendichi le sue buone ragioni e si batta per affermarle democraticamente. Forza Italia, salvo il carisma di Berlusconi, non conserva nulla di attrattivo. Eppure ha rappresentato con successo, nel tumultuoso passaggio degli anni ‘92-‘94, la novità per eccellenza: un partito moderno in grazia della sua poliedricità e del suo impasto leaderistico. 

Non è più così. Oggi gli elettori cercano l’ancoraggio a qualcosa di solido e rassicurante. Cercano, in pratica, un luogo di appartenenza. L’avanzata di Fratelli d’Italia, con una progressione elettorale a dir poco inaspettata in un arco temporale relativamente stretto, è la dimostrazione di questa domanda di stabilità. Quanto più aumenta la percezione della complessità, tento più s’impone un codice di semplificazione. Il partito, dunque, torna ad essere la “casa” in cui ci si ritrova e ci si riconosce, il luogo dove poter comporre interessi e bisogni secondo un principio di solidarietà, lo strumento per essere se stessi nel  confronto democratico.

Si comprende, allora, come a destra e a sinistra emergano visioni che potremmo definire più compatte, dal momento che dopo la Meloni anche la Schlein agita la bandiera dell’identità. È una dialettica che nell’interpretazione corrente porta a celebrare la nascita di un nuovo bipolarismo. Si tratta di un errore. Non ci avvede, infatti, che tutto questo rimette in moto la logica di un autentico pluralismo. La destra nazional-popolare e la sinistra social-radicale non occupano l’intero campo della lotta politica. Grande è lo spazio di una Terza Forza che, a ben vedere, nell’esperienza del secondo Novecento si è incarnata in quella maggioranza robusta e duratura, di cui la Dc è stata ampiamente l’architrave. 

È possibile che alle europee, da qui a un anno, prenda forma una proposta politica in grado di corrispondere a questa latente ricerca di riaggregazione dell’area intermedia dell’elettorato? Molto dipende dalla costanza delle nostre azioni. E molto anche dalla generosità con la quale sapremo accompagnare la ripresa di un pensiero, forte nelle sue radici storiche, attorno a quella che Aldo Moro amava definire una “politica umana”.    

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