L’invasione dell’Ucraina ha portato a Putin più guai che vantaggi. Ora, il tramonto del sogno di ricostituire uno “spazio russo” in Asia, a tutto vantaggio della Cina, che in questi ultimi giorni prende le distanze dal leader russo, non è qualcosa di fantasioso.
Spesso da queste pagine abbiamo seguito il dramma ucraino dovuto all’invasione russa. Abbiamo segretamente sentito un piccolo sentimento di felicità per la liberazione di alcune città e siamo rimasti a guardare come il Cremlino stesse lapidando le sue sicurezze di super potenza agli occhi degli occidentali.
Ma da osservatori lontani non abbiamo rivolto spesso il nostro sguardo ai popoli dell’Asia Centrale che per primo hanno registrato le debolezze russe. Abbiamo assistito increduli all’Azerbaigian, che scatena le proprie artiglierie contro l’Armenia. E abbiamo visto come la Russia capofila dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto) abbia lasciato sola l’Armenia che ospita sul proprio territorio due basi militari delle Forze armate russe.
Un chiaro segnale di un’esilità mentale del Cremlino che ha portato il 15 e 16 settembre i presidenti di Kazakhstan, Kirghizistan e Tagikistan a mantenere, durante il vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco), un atteggiamento molto freddo nei confronti di Putin. Secondo gli esperti, non solo i funzionari dell’Asia centrale sono preoccupati per il precedente stabilito dall’attacco di Mosca a un paese ex sovietico, ma stanno anche usando l’influenza in declino della Russia per riorientare le loro economie.
Uno dei casi più eclatanti è quello del presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev che ha respinto gli appelli russi a riconoscere i separatisti filo-mosca dell’Ucraina orientale a giugno e che in seguito durante i finti referendum, ha dichiarato: L’integrità territoriale degli stati deve essere incrollabile. Questo è un principio chiave”, Sempre Tokayev, in queste ore di difficoltà con l’arruolamento, ha detto che: “Il Kazakistan garantirà la cura e la sicurezza dei russi in fuga da una situazione senza speranza”. “Recentemente vi sono state molte persone russe che sono venute qui, la maggior parte di loro è costretta ad andarsene a causa della situazione disperata. Dobbiamo prenderci cura di loro e garantire la loro sicurezza”.
Secondo il ministero dell’Interno del Kazakistan, circa 98.000 russi sono entrati nel Paese da quando è stata annunciata la mobilitazione il 21 settembre, mentre poco più di 64.000 se ne sono andati, secondo l’agenzia di stampa RIA Novosti. Comunque molti. Inoltre le banche kazake, kirghise e uzbeke questa settimana hanno sospeso il sistema di pagamento russo Mir, che Mosca propone come alternativa a Visa e Mastercard. Debacle russa che viene confermata anche dai dati commerciali.
Secondo Bloomberg , la più grande economia dell’UE, la Germania, ha incrementato il commercio con il Kazakistan dell’80% nella prima metà del 2022 e del 111% con l’Uzbekistan. “Il Kazakistan sta gradualmente iniziando ad allontanarsi dalla Russia”, ha affermato Venediktov. L’Uzbekistan, la seconda economia dell’Asia centrale, ha firmato alla SCO accordi commerciali e di investimento per un valore di 15 miliardi di dollari con la Cina. Allo stesso tempo, la regione ha ampiamente rispettato le sanzioni occidentali imposte alla Russia per il suo attacco all’Ucraina.
Quindi è logico affermare che l’invasione ha portato a Putin più guai che vantaggi e non solo con l’occidente. Infatti il possibile tramonto del sogno di ricostituire uno “spazio russo” in Asia, a tutto vantaggio della Cina, che in questi ultimi giorni prende le distanze dal leader russo, non è qualcosa di fantasioso. Tant’è vero che a settembre è iniziata la costruzione della grande linea ferroviaria Pechino-Biškek-Taškent, per una spesa di oltre 8 miliardi di dollari e una lunghezza di 4.380 chilometri.