Adesso lo possiamo dire tranquillamente e senza tema di essere smentiti: finalmente è ritornato il Pci. Certo, sotto altre sembianze e in un contesto storico, politico e culturale molto diverso rispetto a quel passato. Ma è indubbio che le modalità politiche ed organizzative sono le stesse e anche la scenografia si ripete. Mutatis mutandis, chi ha osservato con sufficiente distacco e senza alcun pregiudizio politico la manifestazione della Cgil di sabato scorso a Roma e, presumibilmente, tutte quelle che seguiranno, non può che arrivare ad una persin banale conclusione. E cioè, siamo ritornati ad una gloriosa pagina del passato. Accompagnata da un rituale facile da descrivere perchè risponde sempre allo stesso copione. Tasselli di un mosaico che si possono riassumere rapidamente e con estrema facilità.
Il continuo e sistematico ritorno della ‘Piazza’ come arma decisiva e qualificante della stessa azione politica della sinistra. Una sorta di carta di identità esclusiva.
Il sindacato, nel caso specifico la Cgil di Landini, come vera ed autentica ‘cinghia di trasmissione’ con il partito di riferimento. Con la differenza che, rispetto al passato, oggi non si sa bene chi detta l’agenda. Ovvero se sia il sindacato che indica le priorità al partito o se sia il partito che vincola il sindacato alla sua agenda. Nell’un come nell’altro caso non cambia, comunque sia, la sostanza della questione.
In terzo luogo il partito, e non poteva che essere così, assume un profilo politico sempre più radicale, massimalista, estremista e anche culturalmente libertario, secondo la miglior tradizione del passato. Certo, sull’approccio libertario c’è una maggior caratterizzazione rispetto alla tradizionale esperienza del principale partito della sinistra italiana perchè riconducibile, esclusivamente, alla estrazione e alla cultura dell’attuale segretaria del Pd.
Inoltre, l’attacco senza quartiere a chi momentaneamente è al governo. Che sia la Dc o il centro destra a trazione berlusconiana o la destra guidata dalla Meloni, non cambia affatto la posta in gioco. Si tratta sempre di un ‘nemico’ politico da abbattere al più presto per il bene della democrazia, per ‘salvare’ la Costituzione, per difendere i ceti più deboli e per salvaguardare le nostre istituzioni democratiche. Perchè ieri come oggi la minaccia fascista, la deriva autoritaria e la compressione di tutte le libertà democratiche sono sempre dietro l’angolo. E, di conseguenza, è necessaria ed indispensabile la mobilitazione costante e permanente della ‘piazza’ per sventare il pericolo sovversivo di chi vuol archiviare definitivamente la democrazia e sfregiare la Costituzione a vantaggio di un regime ancora alquanto nebuloso da tratteggiare. Ma il pericolo, comunque sia, è sempre alle porte.
E in ultimo, ma non ordine di importanza, la solita compagnia di giro che affianca e sostiene la mobilitazione del sindacato di riferimento e l’iniziativa del partito che racchiude le istanze di tutto l’universo valoriale della sinistra post ed ex comunista. Da alcuni e noti organi di informazione agli storici intellettuali e ‘guru’ del pensiero della sinistra; dai movimenti fiancheggiatrici alla sempreverde società civile di riferimento; dagli artisti e conduttori milionari a perenne difesa degli interessi dei più deboli e delle istanze e dei bisogni degli ultimi alla vasta rete del circo mediatico cha da decenni attende l’arrivo messianico e salvifico della sinistra e che auspica, al contempo, un centro democratico e riformista o una destra democratica e di governo – cioè i nemici irriducibili ed implacabili – “normali” e, di conseguenza, del tutto irrilevanti a livello politico ed inconsistenti sotto il versante elettorale. Insomma, per capirci, una destra come quella di Fini o un Centro come quello di Tabacci.
Ora, senza dilungarci in una analisi persin troppo semplice da descrivere e da inquadrare, non resta che una conclusione. E cioè, chi punta a ricostruire una vera cultura di governo, ad un progetto autenticamente riformista e democratico, ad un approccio meno ideologico e non fazioso e settario, non può che guardare altrove. Con il rispetto dovuto, come ovvio, per questo ritorno al passato della sinistra italiana ma con la convinzione che un Centro democratico, riformista, dinamico e di governo non può avere come bussola di riferimento il ritorno di un Pci, seppur con una veste aggiornata e rivista, alleato con la ‘sinistra per caso’ di marca populista, anti politica e demagogica dei 5 stelle. Appunto, i riformisti guardano altrove.